08/11/08

valigie di cartone: immigrazione in Italia

In questo blog potete trovare approfondimenti, articoli e dossier in materia di immigrazione, disponibili in 20 lingue.


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Chi sono:
da 10 anni lavoro nel campo del diritto degli stranieri, tra progetti governativi, professione legale e  attività di ricerca universitaria 
Mi occupo prevalentemente di migrazioni economiche, disciplina degli ingressi e progetti di integrazione.
Attualmente, oltre all'attività professionale, sono dottorando in diritto comparato con un progetto di ricerca sul ius migrandi.

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04/11/08

emmanuel negro

Il frutto avvelenato della tolleranza zero
Curzio Maltese
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/01/il-frutto-avvelenato-della-tolleranza-zero.html

A Parma, nella civile Parma, la polizia municipale ha massacrato di botte un giovane ghanese, Emmanuel Bonsu Foster, e ha scritto sulla sua pratica la spiegazione: "negro".


Davano la caccia agli spacciatori e hanno trovato Emmanuel, che non è uno spacciatore, è uno studente. Anzi è uno studente che gli spacciatori li combatte. Stava cominciando a lavorare come volontario in un centro di recupero dei tossici. Ma è bastato che avesse la pelle nera per scatenare il sadismo dei vigili, calci, pugni, sputi al "negro". Parma è la stessa città dove qualche settimana fa era stata maltrattata, rinchiusa e fotografata come un animale una prostituta africana.

L' ultimo caso di inedito razzismo all' italiana pone due questioni, una limitata e urgente, l' altra più generale. La prima è che non si possono dare troppi poteri ai sindaci. Il decreto Maroni è stato in questo senso una vera sciagura. La classe politica nazionale italiana è mediocre, ma spesso il ceto politico locale è, se possibile, ancora peggio. Delegare ai sindaci una parte di poteri, ha significato in questi mesi assistere a un delirio di norme incivili, al grido di "tolleranza zero". In provincia come nelle metropoli, nella Treviso o nella Verona degli sceriffi leghisti, come nella Roma di Alemanno e nella Milano della Moratti. A Parma il sindaco Pietro Vignali, una vittima della cattiva televisione, ha firmato ordinanze contro chiunque, prostitute e clienti, accattoni e fumatori (all' aperto!), ragazzi colpevoli di festeggiare per strada. Si è insomma segnalato, nel suo piccolo, nel grande sport nazionale: la caccia al povero cristo.

Sarà il caso di ricordare a questi sceriffi che nella classifica dei problemi delle città italiane la sicurezza legata all' immigrazione non figura neppure nei primi dieci posti. I problemi delle metropoli italiane, confrontate al resto d' Europa, sono l' inquinamento, gli abusi edilizi, le buche nelle strade, la pessima qualità dei servizi, il conseguente e drammatico crollo di presenze turistiche eccetera eccetera. Oltre naturalmente alla penetrazione dell' economia mafiosa, da Palermo ad Aosta, passando per l' Emilia. I sindaci incompetenti non sanno offrire risposte e quindi si concentrano sui "negri". Nella speranza, purtroppo fondata, di raccogliere con meno fatica più consensi. Di questo passo, creeranno loro stessi l' emergenza che fingono di voler risolvere.

Provocazioni e violenze continue non possono che evocare una reazione altrettanto intollerante da parte delle comunità di migranti. Al funerale di Abdoul, il ragazzo ucciso a Cernusco sul Naviglio non c' erano italiani per testimoniare solidarietà. A parte un grande artista di teatro, Pippo Del Bono, che ha filmato la rabbia plumbea di amici e parenti. La guerra agli immigrati è una delle tante guerre tragiche e idiote che non avremmo voluto. Ma una volta dichiarata, bisogna aspettarsi una reazione del "nemico".

L' altra questione è più generale, è il clima culturale in cui sta scivolando il Paese, senza quasi accorgersene. Nel momento stesso in cui si riscrive la storia delle leggi razziali, nell' urgenza di rivalutare il fascismo, si testimonia quanto il razzismo sia una malapianta nostrana. L' Italia è l' unica nazione civile in cui nei titoli di giornali si usa ancora specificare la provenienza soltanto per i delinquenti stranieri: rapinatore slavo, spacciatore marocchino, violentatore rumeno. Poiché oltre il novanta per cento degli stupri, per fare un esempio, sono compiuti da italiani, diventa difficile credere a una forzatura dovuta all' emergenza. L' altra sera, da Vespa, tutti gli ospiti italiani cercavano di convincere il testimone del delitto di Perugia che "nessuno ce l' aveva con lui perché era negro". Negro? Si può ascoltare questo termine per tutta la sera da una tv pubblica occidentale?

Non lo eravamo e stiamo diventando un paese razzista. Così almeno gli italiani vengono ormai percepiti all' estero. Forse non è vero. Forse la caccia allo straniero è soltanto un effetto collaterale dell' immensa paura che gli italiani povano da vent' anni davanti al fenomeno della globalizzazione. La paura e, perché no?, la vergogna si sentirsi inadeguati di fronte ai grandi cambiamenti, che si traduce nel più facile e abietto dei sentimenti, l' odio per il diverso. La nostalgia ridicola di un passato dove eravamo tutti italiani e potevamo quindi odiarci fra di noi. In questo clima culturale miserabile perfino un sindaco di provincia o un vigile di periferia si sentono depositari di un potere di vita o di morte su un "negro".

30/10/08

dossier immigrazione 2008

oggi presentato il Dossier statistico immigrazione:4 milioni di stranieri regolari, 1 milione i rumeni, il 6,7% della popolazione, complessivamente gli stranieri contribuiscono al 9% del Pil italiano.
http://s2ew.caritasitaliana.it/materiali/Pubblicazioni/libri_2008/Dossier_immigrazione2008/Materiale/scheda_sintesi.pdf
copio incollo una mail di commento e una di riepilogo sulla situazione legislativa

per gli interessati, buona (?) lettura.
e.

oggi presentazione dossier
2 righe giusto sull'intervento del Ministro Sacconi, che si è preso una carrettata di fischi. Nn si capisce, mentre parlava a braccio, se sia venuto a provocare o sia scivolato su esempi infelicissimi:"vedo l'intollerenza montare nella mia città, ad es quando entrano in una stanza d'ospedale troppi familiari stranieri di un malato.."
Pittau abbastanza concreto, Mons Merisi ha levato alta la voce di indignazione della chiesa contro le modifiche legislative in corso: un coniglio avrebbe ruggito molto meglio.



Vi sottolineo la gravità di vari provvedimenti in corso di approvazione nel ns Parlamento in materia di immigrazione.

E' in corso di discussione ed emendamento il DDL sicurezza (as 733) ed il legislatore sta dando libero sfogo a disposizioni estreme:

- obbligo di segnalazione alle autorità del clandestino che benefici di prestazioni sanitarie.
- anche le cure sanitarie essenziali sono a carico dello staniero (anche irregolare e indigente)
- con il matrimonio si acquista cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza in Italia o 10 all'estero (attualmente: 6 mesi di convivenza)- "permesso a punti": per il rilascio del p.s. lo straniero sottoscrive un "accordo di integrazione" in cui si impegna, ai fini del rinnovo del ps, a superare un corso per verificare il livello di integrazione sociale e culturale: conoscenza lingua italiana, ed. civica, assenza di illeciti anche amministrativi, "partecipazione alla vita economica e sociale della comunità" etc.

- è prevista la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per chi faccia ingresso illegale in Italia.

- la detenzione nei centri per gli espellendi puo' durare (in casi estremi) fino a 18 mesi, con convalide dell'autorita' giudiziaria ogni 60 gg.

Preciso che le disposizioni precedenti non sono ancora entrate in vigore: sarebbe tuttavia auspicabile che si levasse una voce forte sia dalla società civile che dagli organi ecclesiastici (forse gli unici che attualmente hanno un certo ascendente sulla maggioranza)

Altrettanto se non più famigerata è l'idea dell'istruzione separata per gli stranieri (l'idea delle classi- ponte, secondo una recente mozione leghista).

Il 5 novembre entrerà in vigore il dec lsg 160/2008 sul ricongiungimento familiare (reso un po' più complicato).

Altre disposizioni, invece, sono già entrate in vigore recentemente:
- condanna fino ai 3 anni e confisca dell'immobile, in caso di cessione a titolo oneroso di un bene immobile ad uno straniero irregolare
- la clandestinità diventa un'aggravante in sede di determinazione della pena
- norme più severe in termini di espulsione degli stranieri e allontanamento dei comunitari

Per chi voglia approfondire tali temi, vi lascio i seguenti link:

www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/ottobre/sommario-riforma-22-10.html

23/09/08

La mattanza di S.Gennaro

Una storia da incastonare nella memoria e in ogni discorso ogni volta che si parli di immigrazione, di minacce vere alla sicurezza, di negri, di italiani -tutti-brava gente.

il valore di quelle vite
C'è, tra i Casalesi, una banda di latitanti. Non più di sei o sette. In armi e cocainomani persi. C' è un boss (Francesco Bidognetti) che, in galera, potrebbe presto saltare il fosso e "cantare". «Pentito». Le sue incertezze gli fanno cadere la corona dal capo. Il territorio appare libero da ogni influenza (il boss l' ha perduta con i suoi tentennamenti) e i latitanti vogliono prenderselo per loro fin negli angoli, spremerlo fino all' ultimo euro. Dalla primavera, gli assassini vanno in giro sparando e ammazzando e distruggendo per far sapere chi comanda, ora. In quattro mesi, hanno ucciso il padre di un «pentito»; ammazzato un imprenditore che si era rifiutato di pagare il pizzo (Domenico Noviello) e un altro che si preparava a testimoniare (Michele Orsi); hanno devastato con il fuoco la fabbrica di un terzo restio a piegarsi; hanno mancato per un pelo la nipote della compagna del «pentito» (Anna Carrino). Nelle ultime due settimane, non c' è stato in quell' angolo di Italia, lungo la via Domiziana, tra le province di Napoli e Caserta, una fabbrica, un' impresa, una bottega di qualche pregio che non abbia ricevuto la sua dose di raffiche di mitraglietta 7.62.

Ora, nella notte di San Gennaro, la strage degli africani dinanzi alla sartoria «Ob Ob exotic fashions» di Castelvolturno. Dicono, per punire uno o due spacciatori che non pagavano o che non era stati autorizzati a spacciare. Per gli assassini un nero vale un altro. E per fare un morto, sparando alla cieca 84 bossoli di 9×21 e 7.62, ne hanno lasciato a terra sei, venuti in Italia dal Ghana, dal Togo, dalla Liberia.

Le vittime innocenti si raccoglievano davanti a quella piccola fabbrica-sartoria, alla fine della giornata di digiuno per il Ramadan, per consumare insieme l' unico pasto. è stata questa la sola colpa. Erano al posto sbagliato con un amico sbagliato. Erano uomini che lavoravano duramente per pochi euro all' ora, pregavano e rispettavano il loro dio, se ne stavano tra di loro. Sono stati condannati dal colore della loro pelle e dalla convinzione della Camorra che i neri sono non-uomini, buoni per essere "cavalli" del traffico di stupefacenti, raccoglitori di pomodori per qualche euro l' ora, operai edili nei cantieri del Nord riforniti dal calcestruzzo dei Casalesi, il loro grande affare alla luce del sole.




Non è stato sempre così, da quelle parti. Come racconta Roberto Saviano, c' è stato un tempo che la gente della costa domizia «non era crudele con gli africani, non li guardava con nausea. Anzi». C' è stato un tempo che bianchi e neri lavoravano insieme, festeggiavano insieme, in qualche caso si sposavano anche e le ragazze nere erano ben accolte in casa come babysitter. «Col tempo però - ricorda Saviano - i potenti, i veri potenti, hanno diffuso un senso di paura, una diffidenza, una separazione imposta. Se proprio devono esserci contatti che siano minimi, che siano superficiali, che siano momentanei. Poi ognuno per sé ed il danaro solo per loro, i potenti». Il comando dei Casalesi ha precipitato i neri in un mondo a parte di baracche, di stenti, di esclusione, sopraffazione, sfruttamento. E ora anche di morte.


Una morte così ingiusta e insensata da essere intollerabile anche per chi, emigrato dall' Africa, ha perso ogni speranza di poter essere trattato con la dignità che si deve a un essere umano.


E' questa intollerabilità che ha provocato le violenze di ieri, quelle ore di devastazioni e rabbia pazza scatenata da un paio di centinaia di uomini, sordi al grido "Basta!" dei loro connazionali. Quel che accade lungo la costa domizia è una vendetta della realtà contro le semplificazioni del format di governo che - come scriveva qualche giorno fa Edmondo Berselli - non descrive nulla della società contemporanea. è la rivincita del mondo reale sul posticcio affresco italiano diffuso da ministri, a quanto pare, popolarissimi. è "cronaca" che liquida in poche ore e per intero la logica, i paradigmi, si può dire l' universo mentale che sostiene, nella nuova stagione, le politiche pubbliche della sicurezza e dell' immigrazione. La realtà ci racconta che il nero - l' altro - non è il nemico: è la vittima innocente. La "cronaca" ci dice, con un' evidenza cruda, quale sia il valore, il niente in cui è tenuta in considerazione la vita di un nero (in un disprezzo moltiplicato nella Campania criminale, dopo il pestaggio mortale di Abdul a Milano). Nel mondo reale di Castelvolturno l' aggressore, il criminale, l' assassino non è l' immigrato ma l' italiano. E un tipo di italiano e di italianità diffusa nel Mezzogiorno, organizzata in Mafia, capace di tenere il potere dello Stato in un cantuccio, di governare il territorio, di succhiarne le risorse pubbliche e private, di decidere della vita e della morte degli altri, di ridurre gli altri, se neri, in uno stato di schiavitù, di non-umanità, dopo aver avvilito a sudditi i cittadini italiani. Nell' arco di una mezza giornata vengono alla luce, nella loro essenzialità, l' inconsistenza e i trucchi, il furbo conformismo di una politica che sa soltanto eccitare e inseguire le paure, gli egoismi e furbizie di italiani confusi e smarriti. Gli italiani vogliono prostitute, ma non vederle sotto casa: il governo le punisce e le nasconde senza curarsi di chi controlla la "tratta delle schiave" e ne incassa gli utili.

Gli italiani vogliono cocaina, ma non lo spacciatore nella strada accanto: il governo mostra qualche soldato in armi per strada per fare la faccia feroce senza curarsi delle 600 tonnellate l' anno di cocaina che 'ndrangheta e camorra importano in Italia; senza darsi pensiero della grande operazione di marketing lanciata al Nord dalle mafie che vendono ai teenager una bustina di "bianca" per dieci euro. Gli italiani vogliono lavoro a basso costo e in nero, ma non i clandestini. E il governo crea il reato di immigrazione clandestina e il lavoro diventerà ancora più nero e ancora più a basso costo e diffuso e clandestino. E allora perché meravigliarsi se i Casalesi - una banda di assassini, che controlla gli affari di droga e utilizza nelle sue imprese il lavoro nero - possono pensare di fare una strage di neri solo per ammazzarne uno? Quanto vale un nero? Niente. Davvero qualcuno si scandalizzerà oggi se duecento di quei niente hanno gridato per un pomeriggio la loro rabbia? - Giuseppe D'Avanzo
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/09/20/il-valore-di-quelle-vite.html

12/09/08

nazionalismo e religioni: futuro prossimo

condivido parecchio di quest'articolo. e l'idea effettivamente mi ronza in testa da tempo.

un secondo giro di ruota: già una volta dopo il tempo dei grandi imperi (asburgico, britannico, etc.) i nazionalismi frammentarono, tra rivendicazioni, violenze (e una guerra mondiale) l'assetto del pianeta: la capacità di tenere insieme popoli e razze non reggeva -militarmente- più.

Altri due imperi (sovietico e statunitense) sembravano aver definitivamente mandato in soffitta l'idea di popolo o religione come concetti forti e sufficiementemente identitari. Oltre alla capacità di controllo militare, si erano affermate ormai altre ideologie ben più forti: la concezione di classe o alternativamente quella liberale bastavano a spiegare adeguatamente l'uomo. E quando il muro venne giù -pur da una parte sola- era ormai l'economia e la direzione delle cose ad non concepire altre possibilità: un mondo globalizzato, inevitabilmente lanciato vs l'espansione delle democrazie (what else?), in cui l'orizzonte politco era giusto demandare a organismi sovranazionali sempre più influenti di presiedere al traffico, per far circolare beni e persone. altro non serve, nè è dato immaginare in lontananza.

e invece, in un soffio: l'identarismo religioso, il conflitto di civiltà, i nazionalismi, i secessionismi. soprattutto a riempire i buchi lasciati da ideologie ormai andate. e forse anche richiamati proprio dalla frequenza, dalla facilità degli incontri, dei contatti, delle relazioni tra persone e popoli diversi. (tanto per smentire chi pensa che la storia si possa spiegare giusto con una categoria: solo conflitto di classe, o geopolitico, o religioso, o nazionalistico. ci sono stati, e ci saranno tutti, non ci facciamo mancare niente, anche perchè è piuttosto probabile che l'uomo sia lupo all'altro uomo).

in conclusione. pare che la complessità sia il segno dei tempi: ed infatti moltissimo si sovrappone e coesiste: integralismo e secolarismo, particolarismi e internazionalizzazione, tolleranza e insofferenze, pacificazione e rombo dei bombardieri. ma sono tendenzialmente pessimista per il futuro (se inteso come equilibrio costante), e ritengo che l'integrazione culturale e le migrazioni (per restare sul professionale) siano cosa ben più delicata e insidiosa di quanto possa ora apparire...

Il nazionalismo autoritario di Putin
di Angelo Panebianco


Le due grandi dottrine che più hanno contribuito a forgiare negli ultimi secoli la «mentalità» dell'uomo occidentale, il liberalismo (ma ciò vale soprattutto per la variante europeo-continentale) e il socialismo, hanno sempre condiviso la difficoltà a fare i conti con le grandi forze storiche rappresentate dalla religione e dal nazionalismo. A lungo le hanno erroneamente concepite come manifestazioni di irrazionalità destinate prima o poi a spegnersi in ragione dell'avanzata della secolarizzazione e della trasformazione dei rapporti politici, economici e civili.
L'osservazione della realtà sembrava confermare le indicazioni delle dottrine. Con la fine della guerra fredda e la scomparsa del comunismo le forze storiche della religione e del nazionalismo si sono rianimate. E hanno preso in contropiede il mondo occidentale. Basti ricordare la sorpresa con cui l'Occidente ha accolto il risveglio dell'islam e la sfida dell'integralismo islamico. Mancavano, prima di tutto, le categorie necessarie per «pensare» quanto stava accadendo. Anche il caso del nazionalismo presenta aspetti inediti. Nel XX secolo esso ha per lo più operato in simbiosi con le ideologie secolari, camuffandosi, nascondendosi dietro di esse: come nel caso dei Paesi comunisti o dei movimenti di liberazione del Terzo Mondo. Con la fine del secolo dominato dal conflitto fra ideologie secolari universaliste, il nazionalismo è diventato per molti regimi autoritari l'unica ideologia possibile, il principale cemento simbolico del potere. E anche questo sorprende e disorienta tanti occidentali.
Non soltanto la nazione resta l'unico bene-rifugio possibile per le minoranze che si ritengono oppresse. Soprattutto, il nazionalismo, cadute quelle ideologie che abbagliarono tanti nello scorso secolo, è ora il solo «ismo» (quando non risulti utilizzabile la religione) che possa legittimare i nuovi costruttori di imperi. Insieme alla promessa di un futuro benessere economico per tutti i sudditi il nazionalismo è un'importante base di sostegno dei regimi autoritari o semi-autoritari che reggono le sorti delle risorgenti potenze. Ma ciò crea gravi problemi a tutto il mondo circostante. Soprattutto, li crea alle democrazie liberali occidentali: come comportarsi con le grandi potenze autoritario- nazionaliste? Poiché è evidente che i rapporti fra gli Stati sono condizionati anche (non solo, ma anche) dalla natura dei loro regimi politici interni e delle ideologie che li legittimano. Sicuramente sbaglia chi riduce la politica internazionale a una semplice questione di confronto fra democrazie liberali e autocrazie.
Questo errore impedisce, tra l'altro, di vedere il fatto che le stesse democrazie praticano, quando possono, la politica di potenza, difendono aree di influenza, eccetera. Ma, al tempo stesso, si può constatare come la politica estera degli Stati sia potentemente condizionata da regimi, culture politiche e ideologie. La principale ragione per cui, ad esempio, la bomba atomica israeliana non è mai stata concepita come un'arma di offesa contro i vicini ostili ma solo come uno strumento di estrema difesa nel caso in cui Israele dovesse un giorno trovarsi a rischio di distruzione totale ha molto a che fare con la natura del regime politico israeliano (una democrazia). Analogamente, il mondo avrebbe ottime ragione di temere l'atomica pachistana il giorno in cui prendessero il potere in Pakistan gli estremisti islamici. Fino a qualche anno fa, noi occidentali non avevamo messo in conto la possibilità di un rapido ritorno della Russia alla politica di potenza. E non solo perché la Russia era stata messa in ginocchio dal crollo dell'impero comunista. Anche perché, nonostante l'ascesa al potere di Putin nel 1999 fosse stata fin da subito accompagnata da qualche segnale poco rassicurante, pensavamo comunque che, col tempo e tutti i travagli del caso, la Russia avrebbe continuato ad avanzare sulla strada della democratizzazione.
Il che portava a immaginare un futuro ove una Russia democratica ed economicamente risanata avrebbe occupato stabilmente un posto di rilievo in un sistema di cooperazione integrato russo-europeo-americano. La democratizzazione della Russia sarebbe stata per tutti (anche per i Paesi liberatisi dal giogo sovietico) la decisiva garanzia, il modo per assicurare e perpetuare rapporti di solida fiducia fra tutti gli Stati coinvolti. L'accordo di Pratica di Mare (2002) fra occidentali e russi fu in qualche modo il canto del cigno di questa visione. Ma, complice la guerra cecena, il processo di democratizzazione, a un certo punto, si è interrotto. Putin ha stabilizzato la Russia ma ne ha fatto una democrazia autoritaria. E ai cambiamenti interni sono corrisposti cambiamenti di atteggiamento verso l'esterno. Una democrazia autoritaria (per giunta rancorosa verso il mondo in quanto orfana di un impero) necessita del nazionalismo per legittimarsi e questo schiude la strada ad atteggiamenti vieppiù aggressivi. Ciò apre per tutti noi un terribile dilemma. Perché, da un lato, è indubitabile che senza mantenere canali aperti con la Russia e senza ricercarne la collaborazione su tutti i dossier aperti (a cominciare da quelli mediorientali) non c'è possibilità di governare le crisi ma solo di vederle sempre più aggravate.
Ma, dall'altro lato, è difficile (speriamo, non impossibile) impedire che il logorato filo della collaborazione si spezzi se la Russia, forse sopravalutando le proprie forze, dovesse continuare a comunicarci (come ci comunicano da una settimana a questa parte le truppe tuttora presenti sul territorio georgiano) che a contare è solo la sua volontà e non gli accordi sottoscritti. La cosa peggiore che potrebbe fare l'Occidente nei futuri rapporti con la Russia è dividersi. I nazionalisti russi al potere lo accoglierebbero come un segno di debolezza e acquisterebbero ancora più baldanza. Ci perderemmo noi, ci perderebbero i popoli che si sono liberati dal dominio russo, e anche quei russi, molti o pochi che siano, che sperano, per il loro futuro, in qualcosa di meglio del nazionalismo autoritario.


www.corriere.it/editoriali/08_agosto_24/il_nazionalismo_autoritario_di_putin_b4df2b16-7189-11dd-8174-00144f02aabc.shtml

08/09/08

carrette del mare? ora ci penseranno il deserto e il colonnello


La nota del Governo sul rilevante "Trattato di amicizia e cooperazione Italia - Libia". (Il testo completo non è disponibile).

Di seguito approfondimenti vari sui preoccupanti scenari che è dato prevedere.
www.governo.it/Presidente/AttivitaInternazionale/dettaglio.asp?d=40143&pg=1%2C2015%2C2023&pg_c=1

caro Gino, cari tutti,
ricambio il tuo articolo che centra effetivamente molte questioni, con qualche altro approfondimento sulla questione dei campi di detenzione in Libia e del grave tema della esternalizzazione delle frontiere esterne. per chi fosse interessato.

Fortress Europe
Mappa dei centri di detenzione per migranti in Libia: http://fortresseurope.blogspot.com/
Rapporto monografico sulla Libia 2007 http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/download-libya-2007-report.html








Da Gino:
In rete ho trovato qualche nota biografica del giornalista che ha scritto ieri su Avvenire un commento sul patto Berlusconi-Gheddafi.
"Andrea Gavazza. Giornalista. Si occupa di politica interna e internazionale, collaborando a varie testate. Studioso di filosofia della mente e neuroscienze, ne scrive come divulgatore".
Di solito non leggo l'Avvenire ma cercavo un punto di vista "umano" e attento ai diritti degli immigrati più che agli accordi "economico-petroliferi".
Aiutatemi voi a capire se l'ho trovato, io mi sento un po' smarrito!!!

MIGRANTI E DIRITTI - PASSO SIGNIFICATIVO ORA SI VIGILI SULL'APPLICAZIONE

Sarebbe un errore sottovalutare il Tratta­to di amicizia, partenariato e coopera­zione firmato ieri da Italia e Libia. L'accor­do è rilevante per l'entità economica, la va­lenza politica, il profilo 'ideale', le conse­guenze e i rischi sul fronte dei flussi migra­tori africani. Roma si impegna a versare 5 miliardi di dollari nei prossimi due decen­ni sotto forma di investimenti nel Paese: i 250 milioni l'anno serviranno a costruire un'autostrada costiera e alloggi civili, a fi­nanziare borse di studio e pensioni d'inva­lidità per i mutilati dalle mine sepolte dal nostro esercito nel periodo coloniale.
L'intesa intende infatti «riconoscere i dan­ni inflitti alla Libia», come ha sottolineato il premier Berlusconi, durante l'occupa­zione che si protrasse dal 1911 (guerra gio­littiana contro la Turchia) al 1943 (quando fummo sconfitti dagli inglesi). Si tratta di un'ammissione di responsabilità, accom­pagnata da esplicite scuse, moralmente ri­levante al di là delle dispute storiografiche sull'entità dei crimini commessi (alcuni ac­certati) durante la colonizzazione e dei di­battiti sulla responsabilità che i Paesi man­tengono per gli atti di regimi passati.
Vi sono, ovviamente, anche ragioni prag­matiche che hanno spinto il nostro gover­no a chiudere «40 anni di malintesi» con il regime del colonnello Gheddafi. Il conten­zioso ha avuto tappe dolorose, come l'e­spulsione di oltre 20mila connazionali da Tripoli e l'esproprio dei loro beni (caso non toccato dall'intesa, con le conseguenti, vi­brate proteste degli interessati). Oggi il tema caldo è quello dell'immigrazione verso le nostre coste di migliaia di persone, vittime in gran parte di una tratta senza scrupoli sulla quale si è sempre sospettato, con qual­che fondamento, lo stesso Gheddafi strin­gesse o allentasse la morsa per convincere le nostre autorità a chiudere il contenzioso. Le ultime tragedie nel canale di Sicilia, con decine e decine di annegati, non possono che far salutare positivamente l'avvio del già concordato pattugliamento congiunto delle rotte interessate, per scoraggiare le partenze e, si auspica, evitare altri naufra­gi senza soccorsi. «Combatteremo insieme contro i mercanti di schiavi», ha detto Sil­vio Berlusconi. E c'è da credere che, incas­sato il successo diplomatico e ottenuto il ri­sarcimento, il governo libico si impegnerà nel contrasto degli scafisti criminali. Ciò che desta interrogativi sono le modalità con cui il giro di vite verrà compiuto. Il flusso di coloro che cercano fortuna in Europa è am­pio e destinato a crescere. Dall'Africa sub­sahariana giungono sulle coste meridio­nali del Mediterraneo e di lì tentano l'av­venturosa traversata. Se non potranno sal­pare, quale sarà il loro destino in Libia? Sa­ranno espulsi o rimpatriati in modi rispet­tosi dei minimi standard umanitari? E alle frontiere sud come verranno bloccati o re­spinti? Non vorremmo che le vittime del ma­re si trasformassero, nel silenzio e lontano da ogni sguardo, in vittime del deserto.
Basterebbe, forse, che osservatori italiani avessero accesso a tutte le zone critiche, in attesa che il nuovo corso dissuada gli emi­granti e, inevitabilmente, li porti a cercare nuove vie. Sempre che la piccola economia che s'è creata nei luoghi di transito non si trasformi in un altro ostacolo al rigore dei controlli e degli sbarramenti. Anche per questo la pratica degli accordi bilaterali do­vrebbe essere estesa dalla Ue a tutti gli Sta­ti rivieraschi, con un aumento della coo­perazione allo sviluppo, per dare corpo a u­na politica davvero solidale ed efficace che cerchi di governare il fenomeno degli spo­stamenti di massa dovuti alla povertà.
Va infine ricordato che la stabilizzazione, si spera definitiva, dei rapporti tra Roma e Tri­poli dovrebbe aprire le porte alle nostre im­prese e darci accesso sicuro alle riserve e­nergetiche di cui è ricco il sottosuolo di quello che improvvidamente venne defi­nito «uno scatolone di sabbia». Un ele­mento geopolitico da considerare nel con­testo di un raffreddamento dei rapporti con la Russia, primo fornitore di gas e petrolio della Ue. Resta solo discutibile la conces­sione simbolica di siglare l'intesa nell'an­niversario del golpe militare che 39 anni fa portò al potere un Gheddafi per decenni sponsor del terrorismo e ancor oggi non certo campione di democrazia interna.

28/08/08

i nuovi campi...

in Europa sono tornati di gran moda. e continuano, non a torto, a chiamarli campi..
tanto per fare il punto della situazione in Europa e in Italia.






http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/viaggio-nei-cara.html
http://www.interno.it/



I Centri dell'immigrazione


Le strutture che accolgono e assistono gli immigrati irregolari sono distinguibili in tre tipologie
• Centri di accoglienza (CDA)

• Centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA)
• Centri di identificazione ed espulsione (CIE)





I CENTRI DI ACCOGLIENZA (CDA)
(L.563/95)
Sono strutture destinate a garantire un primo soccorso allo straniero irregolare rintracciato sul territorio nazionale. L'accoglienza nel centro è limitata al tempo strettamente necessario per stabilire l'identità e la legittimità della sua permanenza sul territorio o per disporne l'allontanamento.



I centri attualmente operativi sono:
Agrigento, Lampedusa – 804 posti (Centro di primo soccorso e accoglienza)
Bari Palese, area areoportuale – 744 posti
Brindisi, Restinco– 180 posti
Cagliari, Elmas – 200 posti (Centro di primo soccorso e accoglienza)
Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 360 posti
Crotone, località Sant'Anna – 1202 posti
Foggia, Borgo Mezzanone – 342 posti
Gorizia, Gradisca d'Isonzo – 112 posti
Siracusa, Cassibile – 200 posti
Trapani, Pantelleria – 25 posti (Centro di primo soccorso e accoglienza)






CENTRI ACCOGLIENZA RICHIEDENTI ASILO (CARA)
(
DPR 303/2004 - D.Lgs. 28/1/2008 n°25)


Sono strutture nelle quali viene inviato e ospitato per un periodo variabile di 20 o 35 giorni lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera, per consentire l'identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. I centri attualmente operativi sono:
Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti
Crotone, località Sant'Anna – 256 posti
Foggia, Borgo Mezzanone – 198 posti
Gorizia, Gradisca d'Isonzo – 150 posti
Milano, via Corelli - 20 posti
Trapani, Salina Grande - 260 posti
Con decreto del ministro dell'Interno vengono utilizzati per le finalità dei Centri di accoglienza per richiedenti asilo anche i CDA di Bari e Siracusa.


I Centri di identificazione ed espulsione (CIE)
Così denominati con decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, sono gli ex 'Centri di permanenza temporanea ed assistenza': strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione. Tali centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentono la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell'ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari. Il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri è di 60 giorni complessivi (30 giorni, più ulteriori 30 su richiesta del Questore e conseguente provvedimento di proroga da parte del Magistrato). Attualmente i centri operativi sono 10:
Bari-Palese, area aeroportuale – 196 posti
Bologna, Caserma Chiarini – 95 posti
Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti
Catanzaro, Lamezia Terme – 75 posti
Gorizia, Gradisca d'Isonzo – 136 posti
Milano, Via Corelli – 112 posti
Modena, Località Sant'Anna – 60 posti
Roma, Ponte Galeria – 300 posti
Torino, Corso Brunelleschi – 92 posti
Trapani, Serraino Vulpitta – 57 posti


I CENTRI SONO PIANIFICATI DALLA DIREZIONE CENTRALE DEI SERVIZI CIVILI PER L'IMMIGRAZIONE E L'ASILO
Sono gestiti a cura delle Prefetture-Utg tramite convenzioni con enti, associazioni o cooperative aggiudicatarie di appalti del servizio.

www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/immigrazione/sottotema006.html

31/07/08

stato di emergenza


Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni
«l'estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per il persistente ed eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari, al fine di potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno»

Il patetico muro di lampedusa
Gad Lerner - La Repubblica
Il governo italiano risponde da par suo al cittadino del mondo Barack Obama, simbolo meticcio della contemporaneità. "Dobbiamo abbattere tutti i muri che ancora dividono i popoli e le razze, i ricchi dai poveri", invocava giovedì da Berlino il candidato presidente. E noi? L'indomani facciamo finta di edificare il patetico muro di Lampedusa.Naturalmente è una bugia che il territorio nazionale sia minacciato da un'invasione di "clandestini" tale da richiedere la proclamazione dello stato d'emergenza. Al contrario, una vera emergenza scatterebbe nella malaugurata ipotesi che i lavoratori immigrati privi di permesso di soggiorno abbandonassero le nostre aziende e le nostre famiglie. Ma per il ministro Maroni lo scandalo e la riprovazione internazionale sono boccate d'ossigeno, perseguite cinicamente, come già i commissari etnici, il censimento dei nomadi e la sottolineatura esibita delle impronte digitali obbligatorie per i minori rom.
Di fronte ai funzionari del Viminale e ai prefetti impensieriti da tale crescendo di deroghe alla normale amministrazione dell'ordine pubblico, pare che Maroni si giustifichi sottovoce: lasciate che io lanci i miei proclami urticanti e prometta ai sindaci squattrinati la stella di sceriffo; ci aiuterà quando dovremo far digerire agli enti locali l'inevitabile perpetuazione dei campi nomadi e dei ricoveri provvisori. Logica vorrebbe che il governo della destra autoritaria, come antidoto ai flussi incontrollati, faciliti nuove procedure d'immigrazione regolare. Ma non è questo che vuole. Gli stranieri continueranno ad arrivare con visti turistici per essere assunti in nero. Resteranno estenuanti le pratiche di rinnovo del permesso di soggiorno, e nel frattempo anche i regolari che perdono il posto verranno lasciati precipitare nel gorgo dell'illegalità. Perché nel paese dell'economia sommersa il sopruso e l'ingiustizia convengono a molti.
Chi ha vinto le elezioni imponendo la percezione di una società preda della criminalità straniera, chi alimenta la leggenda degli immigrati furbi, titolari di privilegi a scapito della popolazione locale, ora accoglie come un complimento perfino l'accusa di disumanità. Ne misura gli effetti benefici sui sondaggi d'opinione.Il senso comune reazionario viene infatti coltivato a uno scopo preciso: programmare una guerra tra poveri qualora il calo dei redditi acuisca gravemente il disagio sociale. Seminare oggi il falso allarme per "il persistente ed eccezionale afflusso di extracomunitari"; annunciare il potenziamento delle "attività di contrasto", non rappresenta una deriva fascista ma qualcosa di più subdolo e insidioso: la codificazione della disuguaglianza anche in materia di diritti fondamentali dell'uomo, fra cittadini e non cittadini, fra appartenenti al popolo ed estranei necessari al popolo purchè rassegnati alla condizione di paria. Questa teorizzata disparità di trattamento è alla base delle antimoderne campagne contro la costruzione di moschee a Milano e Genova, città in cui vivono decine di migliaia di musulmani. Ma l'intimidazione degli stranieri irregolari -necessari e quindi tollerati purchè ridotti a paria- già ne condiziona la vita, all'insegna della paura: varie associazioni di medici denunciano un calo drastico dell'utenza di immigrati bisognosi di cura nelle strutture sanitarie. Vogliamo considerarlo un risparmio, o una vergogna?La destra italiana fu rigenerata quindici anni fa dall'inventore della tv commerciale facendo leva sulla figura universale, moderna, tendenzialmente cosmopolita, del consumatore di prodotti. Oggi, al contrario, la stessa destra propugna una visione etnica dell'italianità. E aspira a dominare il tempo delle vacche magre rifornendosi del combustibile particolarista: quasi un nuovo colonialismo applicato al mercato domestico.Nel resto d'Europa destra e sinistra si dividono sull'applicazione di norme rigorose che governino il flusso migratorio, sempre finalizzate all'integrazione e alla cittadinanza. Ultima venuta, l'Italia viceversa s'inebria di retorica del "territorio" da purificare con la macumba di un'immensa ronda provvidenziale. Come se per bucare il video dei talk show i politici di entrambi gli schieramenti fossero chiamati solo a gareggiare su chi sia il più bravo a espellere il maggior numero dei famigerati "clandestini". Eppure non è lontano il tempo in cui le nuove generazioni degli immigrati parteciperanno alla contesa pubblica, chissà, forse esprimendo i loro Obama multicolore. Speriamo solo di non arrivarci per via di una guerra tra poveri, nel segno dell'odio separatista.

15/07/08

Unione per il mediterraneo


L'Unione per il Mediterraneo (in francese Union pour la Méditerranée, in arabo الاتحاد من أجل المتوسط) è un organismo internazionale ispirato al modello dell'Unione Europea, che intende avvicinare i rapporti fra le nazioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, pur non costituendone una prerogativa.
È stata presentata a Parigi il 13 luglio 2008 dal presidente Nicolas Sarkozy, in carica anche come Presidente del Consiglio Europeo. L'Unione è una conseguenza naturale del Processo di Barcellona, che dal 1995 ha intenzione di avvicinare l'Unione Europea alle nazioni mediorientali e africane.

Riprendendo gli scopi istitutitivi del processo di Barcellona, l'obiettivo dichiarato è la promozione della cooperazione tra le due sponde del mare interno; le sue priorità sarebbero la risoluzione delle problematiche relative all'immigrazione dai paesi meridionali verso quelli settentrionali, la lotta al terrorismo, il conflitto israelo-palestinese, la tutela del patrimonio ecologico mediterraneo. In particolare è stata data priorità a sei iniziative concrete: il disinquinamento del Mediterraneo, la costruzione di autostrade marittime e terrestri per migliorare le fluidità del commercio fra le due sponde, il rafforzamento della protezione civile, la creazione di un piano solare comune, lo sviluppo di un'università euromediterranea (già inaugurata a Portoroz, in Slovenia), e un'iniziativa di sostegno alle piccole e medie imprese.

Alcuni analisti hanno interpretato il progetto come un tentativo di risolvere la questione dell'adesione della Turchia all'Unione Europea, molto osteggiata dal presidente francese; lo stesso presidente ha però tranquillizzato il governo turco definendo i due progetti differenti e complementari.

La presidenza è affidata ai primi ministri di due nazioni membre. Per i primi due anni è stata garantita alle nazioni meridionali la possibilità di elezione di un presidente; l'opzione cessa nel 2010, in maniera non rinnovabile.

La bandiera dell'Unione è costituida da due strisce orizzontali: quella superiore è di colore bianco, simbolo del cielo, mentre quella inferiore di colore blu rappresenta il mare.

07/07/08

fortresseurope




L'eccellente blog di Gabriele del Grande. http://fortresseurope.blogspot.com/
Rassegna stampa ventennale delle morti alle frontiere europee.
Materiali aggiornati, scomodi, preziosissimi.
In foto la mappa navigabile, per paese e centro di detenzione. Di seguito l'indice delle sezioni:

immigrazione a roma III


3 post per tracciare un quadro contemporaneo dell'immigrazione a Roma.
I numeri:
- sono oltre 400.000 gli immigrati nell'area di Roma, più della metà donne, più della metù europei
- rappresentano più del 10% del totale degli occupati
- ed oltre il 6 % del totale degli studenti
- oggi all'Esquilino scoperti 12 cinesi che lavorano in condizioni schiavili e sequestrati 68.000 prodotti cinesi contraffatti
- 800 ambulanti, anche molesti, occupano le vie del centro storico.

Sicuramente ci sono problemi da risolvere.
Probabilmente si notano -e infastidiscono- di più gli ambulanti per strada, che le badanti nelle case.
Verosimilmente fa più rumore un albero che cade...

articoli da Messagero del 5 luglio 08:


Cinesi schiavizzati a Roma, sequestrati sei laboratori clandestini: 12 persone fermate
ROMA (5 luglio) - Lavoravano anche 17 ore al giorno chiusi in scantinati con piccole finestre, senza aria né luce, con accanto i figli piccolissimi, costretti a sopportare condizioni disumane. Per questo la polizia municipale di Roma ha sequestrato questa mattina sei laboratori cinesi di sartoria. Dodici persone sono state fermate, mentre i titolari delle attività sono stati denunciati anche per sfruttamento di manodopera clandestina.
I "lavoratori-schiavi" erano una sessantina, donne e uomini cinesi tra i 24 e i 30 anni, provenienti dalla Regione dello Zhejiang. Sono stati trovati dai vigili a lavorare con i figli di 2 e 3 anni accanto, dentro 16 scantinati nei quartieri periferici della Borghesiana, Finocchio, Torre Angela e Colle Prenestino. In tutto gli agenti dell'VIII Gruppo della polizia municipale della capitale hanno controllato 16 laboratori: i sigilli sono scattati per sei. I dipendenti venivano fatti lavorare nei seminterrati dalle 9 del mattino fino alle due-tre di notte, per 4-500 euro al mese. Nelle sartorie quintali di stoffe sui pavimenti, che impedivano l'uscita in caso di incendio. Ed era molto probabilmente proprio negli scantinati che i lavoratori vivevano con la propria famiglia; sono state infatti trovate brande, resti di cibo e oggetti per l'igiene intima.


Sequestrati 68mila prodotti cinesi contraffati nel quartiere Esquilino

ROMA (5 luglio) - Oltre 68 mila prodotti contraffatti provenienti dalla Cina sequestrati e due cittadini cinesi denunciati. È il bilancio dell'operazione di lotta alla contraffazione condotta dal Comando provinciale della guardia di Finanza di Roma nel quartiere Esquilino.
La merce era stata nascosta in un deposito nella periferia della capitale: da qui si fornivano gli extracomunitari, che la rivendevano lungo le via della capitale e in un negozio nel quartiere Esquilino, al cui interno è stato scoperto un vero e in proprio campionario del falso. Sequestrate migliaia di collane, bracciali e orecchini che riportavano i marchi delle griffe più in voga.
L'operazione ha preso il via dopo numerosi fermi di cittadini extracomunitari irregolari e dediti alla vendita di prodotti contraffatti: seguendone gli spostamenti i baschi verdi hanno scoperto i depositi della merce. Le fiamme gialle sono da tempo impegnate non solo nel contrasto della vendita lungo le strade della capitale, ma soprattutto nell'attività di intelligence e investigazione per la ricostruzione della filiera del falso (opifici di produzione, magazzini di deposito), nonché nell'individuazione dei patrimoni accumulati dalle organizzazioni criminali frutto delle attività illecite.



L'assedio di 800 ambulanti

Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, piazza Navona, i Fori Imperiali, via della Conciliazione, Castel Sant'Angelo: l'esercito dei venditori abusivi che giorno e sera assedia in pianta stabile il centro storico della Capitale conta almeno ottocento unità, pronte a spartirsi ogni singolo metro quadrato di strade e marciapiedi. A dividersi clienti, turisti, merci e chincaglierie da vendere: dalle borse falso-griffate ai portafogli in pelle; dalle collanine agli occhiali da sole; dalle rose agli ombrellini parasole. Poi ci sono quelli delle periferie: altre centinaia che occupano i marciapiedi di via Appia, via Tiburtina e via Tuscolana, che mandano su tutte le furie i negozianti regolari che pagano le tasse per l'occupazione del suolo pubblico e l'esposizione dell'insegna e che vorrebbero i marciapiedi liberi per fare passeggiare i loro clienti.
Non c'è quartiere o rione che sia risparmiato. Non hanno paura di nulla, i sequestri di merce sono già messi nel conto, anche se la linea dura del Comune è già in rodaggio con blitz preventivi del nucleo speciale dei vigili che fermano i venditori appena scendono da bus e metro, incursioni delle fiamme gialle nei magazzini di merce "taroccata" alle porte di Roma e il prossimo varo dell'ordinanza anti-borsoni che vieta l'ingresso in centro storico delle maxi borse con cui i venditori si portano dietro la mercanzia.
Neanche la monumentale via Sacra è immune dall'assedio: gli irregolari sono tornati anche lì. E ieri, si vendeva di tutto. Eccola la fotografia della Città Eterna stretta nella morsa degli ambulanti abusivi che negli anni, col permessivismo di ieri, si sono impossessati di vicoli, strade, piazze e marciapiedi. Metro dopo metro, adocchiando di volta in volta le posizioni più appetibili, fino a sfidare apertamente con la loro presenza lo sguardo, troppo spesso rassegnato, di vigili e forze dell'ordine.
Agli asiatici la vendita di braccialetti, orecchini, collanine, argento indiano, fermacapelli e occhiali da sole; ai nordafricani il commercio di pelletteria e oggetti in legno. Fino a l'altra sera, quando a Fontana di Trevi è scoppiata la maxirissa, la suddivisione sembrava funzionare. Poi i bengalesi hanno cominciato a inserirsi nella vendita delle borse, a occupare i posti lasciati dagli africani che nella Capitale arrivano in massa soprattutto nei mesi più turistici, e la scintilla è esplosa.
Una volta c'erano i marocchini, poi rimpiazzati dai senegalesi, arrivati soprattutto alla metà degli anni '90. Roma città aperta fino a oggi ha accolto tutti. E ora si dividono la piazza con cingalesi e bengalesi. Asiatici e africani, indifferentemente, li trovi mattina o pomeriggio che fanno la "spesa" nei negozi dei cinesi e nei bazar e magazzini di merci thailandesi e indiane attorno a piazza Vittorio, il suk di Roma. Riempiono i loro borsoni, i grandi sacchi di plastica che si porteranno dietro fin nei luoghi scelti per fare la giornata, forse per gli ultimi giorni in vista del varo dell'ordinanza anti-borsoni che vieta l'ingresso delle maxi-buste in centro. Salgono sui tram, caricano i portabagagli di vecchie auto, raccontano: «Un giorno possiamo guadagnare qualche spicciolo, altri arrivare a trenta, quaranta euro. In media racimoliamo un migliaio di euro al mese - aggiungono - a cui vanno tolti circa 300 euro, perché calcoliamo un paio di sequestri di merce al mese. C'è l'affitto da pagare: un 150 euro a testa, qualche spesa per campare e tutto il resto va alle famiglie rimaste a casa». Ad avere un colloquio con l'amministrazione comunale ci aveva provato anche l'associazione dei lavoratori senegalesi a Roma. Le trattative col Campidoglio risalgono al '97. «Undici anni in cui ci erano stati promessi aiuti, sostegni, interventi - afferma Kede Kekh, il presidente - Molti dei venditori senegalesi hanno un regolare permesso di soggiorno ma non riescono a trovare lavoro. Avevamo chiesto aiuto per formare delle cooperative di immigrati che potessero lavorare con il Comune, ma per noi non c'è stato posto». Anche l'idea di un mercato multietnico è rimasta al palo. Kede ha inviato una lettera al sindaco Alemanno, un appello, sostiene «per affrontare con onestà e sincerità il problema in un tavolo comune».

05/07/08

immigrazione a roma I


Osservatorio Romano sulle Migrazioni - IV Rapporto
13 marzo 2008

All'inizio del 2007 risultano circa 500mila i cittadini stranieri soggiornanti nella Regione Lazio, dei quali 430mila nella Provincia di Roma: due terzi nella Capitale ed il resto nei rimanenti Comuni.
Quella romana si conferma la Provincia che ospita il maggior numero di immigrati: rispetto all'anno precedente c'è stato un aumento del 21,6%, dovuto per quattro quinti a nuovi ingressi per lavoro dall'estero (in forza del decreto annuale flussi del 2006, che ha in realtà regolarizzato immigrati già presenti), per il 9% a ricongiungimenti familiari e per il 7% a bambini nati in Italia.
Confrontando il dato delle presenze stimate dalla Caritas con quello dei residenti, che sono 278mila, questi ultimi risultano inferiori di un terzo. Un divario – spiegano i ricercatori dell'Osservatorio – attribuibile ai tempi di perfezionamento delle pratiche di iscrizione anagrafica e alle difficoltà per i soggiornanti di trovare alloggi con regolare contratto.
Gli immigrati che vivono nell'area romana sono soprattutto donne (54.3% del totale), mentre i minori sono un quinto del totale (19,4%). Il 51,3% è originario di paesi europei, il 22,7% del continente asiatico, il 13% dell'America e il 12,8% dell'Africa: un insediamento, quindi, in prevalenza euro‐asiatico. Prevale l'area dell'Europa centro‐orientale (36,7%), seguita dai paesi dell'Unione Europea (14,2%) e dall'Asia orientale
(13,4%). Tra le 181 nazionalità presenti spiccano per numero i romeni (22,3% del totale), i filippini (9,1%) e i polacchi (6%).
Il 58% ha un permesso per motivi di lavoro, il 24,2% per ricongiungimento familiare, il 12,3% per motivi religiosi ed il 3% per motivi di studio.
I figli degli immigrati iscritti nelle scuole della Provincia sono 39.758 e incidono sul totale degli alunni per il 6,7%, un punto percentuale in più che in Italia (5,6%). Rispetto all'inserimento scolastico registrato in media
in Italia, nella Provincia di Roma è più consistente la quota degli iscritti alle scuole superiori, nelle quali si registra una più alta presenza di alunne e un più frequente accesso ai licei rispetto agli istituti tecnici e professionali. La Capitale convoglia il 65,1% degli alunni di origine immigrata dell'intera Provincia, con 25.868 iscritti.
Gli immigrati sono protagonisti anche nell'economia della Capitale: 165mila lavoratori nati all'estero risultano inseriti come lavoratori dipendenti con un'incidenza di uno straniero ogni dieci occupati. Una tendenza che, secondo i dati Inail, nel corso del 2006 si è mostrata in aumento: il 24% dei nuovi assunti dell'ultimo anno risulta nato all'estero. Anche se i settori prevalenti continuano ad essere l'assistenza alle famiglie, diversi servizi nel settore alberghi e ristoranti e in altri comparti e l'edilizia, aumentano – nonostante la complessa procedure del riconoscimento delle qualifiche ‐ anche gli impieghi maggiormente qualificati (basti pensare alle numerose infermiere immigrate nella Capitale) oltre che in quello di quello delle libere professioni.
Nell'imprenditoria, poi (dati di Unioncamere, controllati dalla Cna sulla base della cittadinanza), si registra un particolare dinamismo e al 30 giugno 2007 sono risultati iscritti alla Camera di Commercio di Roma 12.739 titolari di impresa e 4.384 soci con un inserimento più elevato rispetto alla media italiana, molto accentuato nel commercio (circa la metà del totale), nell'edilizia (24,6%) e nelle pulizie (8,4%).

immigrazione a roma II

ROMA, 2 luglio 2008 - Istruiti ma pagati poco, meno di mille euro al mese, un decimo è proprietario di casa e paga un mutuo, la maggior parte vive in affitto o è ospite, il 15% vive presso il datore di lavoro.

E' la fotografia degli immigrati che vivono nella capitale che emerge da un'indagine della Caritas di Roma condotta su un campione di oltre 900 immigrati regolari di 69 nazionalità. L'indagine sugli "immigrati romani" disegna un quadro fatto di persone istruite, laboriose, poco inclini al consumo, non ricche ma autosufficienti, aperte alla solidarietà e sempre più attaccate all'Italia.

La metà ha ottenuto il permesso di soggiorno solo dopo un provvedimento di regolarizzazione. Spesso lavorano presso le famiglie ma anche in altri settori, dall'edilizia al turismo. Le mansioni umili sono piu' ricorrenti ma aumentano anche gli inserimenti qualificati, come operai specializzati, impiegati, imprenditori, medici, interpreti.

Dall'indagine risulta che quasi tutti possiedono un telefonino, il televisore (70%) e il computer (40%). L'automobile e' risultato il secondo bene piu' desiderato dopo la casa.

La sintesi al link:
www.stranieriinitalia.it/news/sintesi2lug2008.pdf

04/07/08

borgate.it


favelas, bidonvilles, slums..istruttivi i viaggi nella Lixeira di Luanda e a Niteroi.
Ma è stato ancora più istruttivo scoprire che le borgate romane anni '60 non avevano niente di diverso.
i contesti, la cornice, col tempo, cambiano. le persone sono ovunque le stesse.
da allora raccolgo materiale, da pasolini a don sardelli, da de mauro, a ferrarotti, a don isidoro del lungo.


Al sito dell'Unione borgate, molto materiale d'archivio ed una serie di audiovisivi: http://www.borgate.it/audiovisivi/


  • l'immigrazione a Roma nel secondo dopoguerra

  • la nascita dell'Unione Borgate

  • gli abitanti delle borgate

  • il termine "borgata"

  • le borgate ieri e oggi

01/07/08

prendere le impronte ai bambini.di corleone.


provocatorio, lucido articolo di F.Merlo (repubblica 27 giu), sulla proposta del Ministro degli Interni, ben altra minaccia all'unità nazionale.

Le impronte dei bimbi rom e il silenzio della Chiesa

A Maroni vorremmo suggerire di prendere le impronte delle mani (e dei piedi) ai neonati cinesi di Milano, che sono già, notoriamente, tutti ladri di identità. Inoltre, per coerenza, potrebbe impartire l' ordine di misurare la lunghezza degli arti ai bimbi di Corleone che crescono (si fa per dire) con il 'criminal profiling' di Totò u curtu. Ed è inutile spiegare a un pietoso uomo d' ingegno come il nostro ministro degli Interni che i minori dell' agro nocerino sarnese e della piana del Sele andrebbero - per proteggerli, badate bene! - sottratti alla patria potestà e affidati alla Dia o, in subordine, allo scrittore Roberto Saviano. E contro il bullismo nelle scuole cosa ci sarebbe di meglio che prendere le impronte, al momento dell' iscrizione, anche ai genitori che sono sempre un po' complici?
Ecco, preferiamo mostrarvi il lato grottesco di questa proposta perché sappiamo bene che Roberto Maroni, credendo di essere astuto, lavora per provocare i nostri buoni sentimenti, e dunque non vogliamo cadere nella sua rozza trappola e farci rubare i pensieri. Insomma a noi viene facile assimilare il bambino ai deboli, agli sfruttati, a tutte le altre vittime dell' umanità adulta. Ma contro l' indignazione i leghisti sono bene attrezzati. Dunque rispondono rinfacciandoci la paura della gente, agitano il valore della sicurezza, e ci eccitano perché vorrebbero che in risposta al loro razzismo scomposto noi santificassimo i rom, negassimo qualsiasi rapporto tra campi nomadi e criminalità, tra immigrazione e delitti. E invece non è in difesa dell' accattonaggio, né per esaltare la presunta bellezza esotica e imprendibile della zingara Esmeralda che protegge il povero gobbo di Notre Dame, non è insomma in nome della retorica rovesciata dei miserabili che noi diciamo a Maroni che prendere le impronte digitali a bimbi rom è un segno di inciviltà razzista, che neppure ci sorprende perché non è il primo, non è l' ultimo e purtroppo non sarà neppure il peggiore.
Il punto è che, insieme con l' ossessione di Berlusconi per la Giustizia, in questo governo c' è anche l' ossessione leghista per la sicurezza. Ma una cosa è il problema e un' altra cosa l' ossessione. Ebbene, incapace di risolvere il problema che lo ossessiona, Maroni vorrebbe che, per reazione, noi negassimo il problema. Invece noi gli ricordiamo che già il suo predecessore, il mite Giuliano Amato aveva segnalato che in tutte le comunità criminali sta crescendo, anche in Italia, l' uso orribile dei bambini. Ci sono, per esempio, le baby gang. E il libro Gomorra racconta di ragazzini utilizzati nelle vendette trasversali. E in Calabria sono in aumento gli omicidi compiuti da killer ragazzini pagati solo poche centinaia di euro. Ma che facciamo, ministro Maroni, schediamo tutti i bimbi calabresi?
Ecco perché non merita i nostri buoni sentimenti, il ministro Maroni. Perché non è vero che in Italia c' è un dibattito tra rigoristi cazzuti (loro) e lassisti rammolliti (noi). Maroni non c' entra nulla con il dibattito europeo, difficile e importante, tra il rigore e l' accoglienza. Nei Paesi più civili d' Europa la sicurezza, la serietà e la responsabilità non sono valori di destra. I socialisti francesi e spagnoli, i socialdemocratici tedeschi, i laburisti inglesi e, aggiungiamo, anche i sindaci italiani di centrosinistra hanno maneggiato con durezza l' argomento dell' immigrazione irregolare e della criminalità. Ma senza sparate comiziali, senza colpi di teatro razzisti, senza i paradossi, gli ossimori e le miserie culturali dei leghisti che - come dimenticarlo? - sono quelli che chiamavano gli immigrati di colore bingo bongo, che parlavano di musi di porco e teste scornificate, che invitavano la Marina "a sparare sulle carrette dei clandestini", e denunziavano l' Europa "in mano ai massoni, agli ebrei, ai musulmani e alle mafie degli immigrati". Perché dunque dovremmo stupirci che, arrivati al governo, vogliano prendere le impronte ai bambini rom? Da anni, ad ogni elezione nelle valli padane, i leghisti affiggono manifesti "giù le mani dai nostri bambini" appropriandosi appunto del vecchio pregiudizio razzista sul misterioso popolo dei ladri di neonati, agitando la leggenda della corte dei miracoli.
Si sa che in tutta l' Europa centrale, che registrava il tasso più alto di popolazione zingaresca, per ben tre secoli decreti e leggi furono emanati per "liberare" i bambini degli zingari dai loro genitori naturali, sino alla soluzione finale nazista e dunque all' internamento di adulti e pargoli. Ne furono sterminati più di cinquecentomila. Ebbene, oggi nel rilancio dell' antico pregiudizio con in più la certezza che i bambini rom non siano bambini ma complici, solo criminali in miniatura e dunque più pericolosi e più sfuggenti, c' è la vecchia idea che tutti i bambini del mondo sono allevati per ereditare «la scienza» di papà. E dunque: la criminalità è un destino che il bambino rom ritrova in fondo a se stesso come una roccia.
E va bene che il bambin Gesù non era rom, ma la chiesa che in Italia fonda la sua forza molto più sull' immagine dolce del bambinello che su quella del crocifisso, potrebbe almeno dire che i bambini non si toccano. La Chiesa sì che può (deve) permettersi i buoni sentimenti. Non era Gesù che voleva che lasciassero i bambini venire a lui? La Chiesa, che punisce e scomunica in materia di sesso e di scienza, perché tollera e accetta le volgarità dei leghisti contro i marginali e contro la gente da marciapiedi, contro i disperati dei semafori e dei campi, contro i loro bambini? La Chiesa, che è l' ecclesia dei naufraghi, dei diseredati e dei dannati della Terra, perché non interviene? Forse perché i bimbi rom non fanno beneficenza come il terribile boss della Magliana Renato De Pedis che - lo ha raccontato mercoledì Filippo Ceccarelli - è stato sepolto nel più esclusivo cimitero del Vaticano, "sarcofago di marmo bianco, iscrizioni in oro e zaffiro, l' ovale della foto" e "un attestato di grande benefattore dei poveri..., che ha dato molti contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana". I bambini rom, non avendo avuto la fortuna di essere educati da quel sant' uomo di De Pedis, sono rimasti ladruncoli e tutti infedeli, mentre Maroni, come De Pedis, si dichiara fervente cattolico.
Quando Berlusconi nominò Maroni all' Interno pensammo subito che aveva affidato l' Ordine al Disordine. Il ministero dell' Interno serve a controllare, appunto dall' interno, la tenuta unitaria del Paese contro tutte le cellule disgregative, tanto sociali (delinquenti) quanto politiche (eversori). Ebbene, si sa che la Lega secessionista è una subcultura politica che da più di venti anni attenta, per come può, all' unità del Paese e alla sua legge. Berlusconi, che pensa di essersi liberato del lavoro più sporco affidandolo al suo ministro-mastino, ha in realtà ceduto il controllo dell' eversione all' eversore da controllare. E Maroni, che nella Lega è il più pericoloso perché forse è il meno brutto e il meno ridicolo (ha fatto pure le scuole), sta usando gli aspetti più odiosi del ministero dello Interno - carcere, manette, impronte digitali - per sollevare nuvole di propaganda, per creare effetti placebo alla paura e alle emergenze sociali, in modo da guadagnare ancor più consenso all' eversione.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/06/27/031le.html

portad'europa


inaugurato monumento alla memoria dei morti nella traversata del mediterraneo.
almeno 10.000 in 10 anni secondo http://fortresseurope.blogspot.com/
una tomba d'acqua.
Il primo scoglio che avvistano dai barconi è l'ultimo promontorio dell'isola, una punta di roccia che nasconde un grande bunker della seconda guerra. L'Italia finisce qui, dopo c'è solo il mare. Su questa sporgenza che guarda a sud hanno "piantato" qualcosa per ricordarli per sempre, uno per uno. Neri e bianchi, islamici e cattolici, vecchi e bambini. Tutti i morti delle traversate del Mediterraneo. E' una porta puntata verso l'Africa. La contrada si chiama Cavallo Bianco, è attraversata da un sentiero polveroso che sale dal vecchio porto, scavalca una collina e si getta nel mare turchese. In bilico fra sassi e arbusti ecco la porta di Lampedusa, un monumento alla memoria dei migranti. E' alta quasi cinque metri e larga tre, disegnata e decorata da Mimmo Paladino, costruita con una speciale ceramica refrattaria in un laboratorio di Faenza e poi assemblata a Paduli. E' partita su un camion il 21 giugno, caricata su un traghetto a Porto Empedocle, ieri l'altro è arrivata a Cavallo Bianco e sarà ufficialmente scoperta dopodomani, sabato 28 giugno. Al tramonto. Quando calerà il sole, una processione partirà dalle vie del paese per arrampicarsi sul promontorio e sfilerà in onore dei morti del mare. Così Lampedusa ha deciso di celebrare tutti quelli che non sono mai riusciti a sbarcare su queste coste, annegati a qualche miglia da Malta o a qualche miglia da Tripoli.
Sono quasi tremila le vittime negli ultimi vent'anni ripescate fra le onde del Canale di Sicilia, secondo i numeri dell'Osservatorio Fortress Europe. E altri cinquemila i dispersi. L'ultima strage neanche tre settimane fa, il 7 di giugno. In centoquaranta non ce l'hanno fatta. Tutti partiti con un peschereccio fradicio da Al Zuwarah, al confine fra la Tunisia e la Libia. La porta di Lampedusa è orientata in quella direzione, dove c'è il villaggio di Al Zuwarah.
"Siamo venuti qui la prima volta con la bussola in mano", racconta Gian Marco Elia, fotografo che insieme a Arnoldo Mosca Mondadori e l'associazione
Amani - un'organizzazione non governativa a favore delle popolazioni africane - ha voluto "fare qualcosa" per ricordare i popoli del mare. Il progetto è nato dopo la scoperta del grande naufragio fantasma di Porto Palo, quello del Natale 1996. "Ci siamo accorti che in Sicilia non c'era nemmeno una lapide... così abbiamo pensato a Lampedusa", dice ancora il fotografo. Per Arnoldo Mosca Mondadori non ci sono stati dubbi sul luogo: "E' una cosa che andava fatta a Lampedusa... sono stati gli spiriti dei migranti a volerla". La porta è un dono dal maestro Mimmo Paladino, una società turistica palermitana ha contribuito con 35 mila euro alle spese, il consiglio comunale dell'isola ha votato all'unanimità per portare quel simbolo sulla punta di Cavallo Bianco. Per una volta nessuna incertezza, tutti d'accordo. Il più deciso è stato il sindaco Bernardino De Rubeis: "Noi lampedusani abbiamo sempre cercato di fare la nostra parte e continueremo così, è impossibile vivere in questa isola e dimenticare cosa accade da una parte del mondo che è così vicina alla nostra". Arrivano ogni giorno. A centinaia. Ogni estate di più. Ogni anno ventimila. Gli abitanti di Lampedusa sono 6270 compresi i 480 del piccolo comune di Linosa. E quasi millecinquecento sono i clandestini rinchiusi in un recinto in mezzo alle campagne dell'isola.
Il sindaco sarà alla testa alla processione di sabato. Con lui Lucio Dalla, Luca Carboni, Claudio Baglioni, Arnaldo Pomodoro, il sassofonista Sandro Cerino, l'imam di Agrigento, il cappellano del carcere minorile di Milano don Gino Rigoldi. Tutti con le loro torce a vento tra le mani, una fiaccolata che illuminerà il cielo di Lampedusa. Sull'isola è attesa una troupe di Al Jazeera che "immortalerà" il momento. La porta è rivestita da una ceramica, cotta a mille gradi, che assorbe luce e riflette luce. Di notte, anche quella della luna. Sarà come un faro per la gente in mezzo al mare. La sua anima è in ferro zincato. L'idea di un'opera che diventa monumento non è mai piaciuta a Mimmo Paladino. Però lui dice: "L'artista non dovrebbe celebrare ma raccontare. Ho provato a spiegare qualcosa che avesse a che fare con un esodo forzato, qualcosa di comprensibile a tutti i popoli". E aggiunge: "Per questo ho voluto la porta il più lontano possibile dal centro abitato e il più vicino possibile all'acqua e quindi all'Africa".