08/09/08

carrette del mare? ora ci penseranno il deserto e il colonnello


La nota del Governo sul rilevante "Trattato di amicizia e cooperazione Italia - Libia". (Il testo completo non è disponibile).

Di seguito approfondimenti vari sui preoccupanti scenari che è dato prevedere.
www.governo.it/Presidente/AttivitaInternazionale/dettaglio.asp?d=40143&pg=1%2C2015%2C2023&pg_c=1

caro Gino, cari tutti,
ricambio il tuo articolo che centra effetivamente molte questioni, con qualche altro approfondimento sulla questione dei campi di detenzione in Libia e del grave tema della esternalizzazione delle frontiere esterne. per chi fosse interessato.

Fortress Europe
Mappa dei centri di detenzione per migranti in Libia: http://fortresseurope.blogspot.com/
Rapporto monografico sulla Libia 2007 http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/download-libya-2007-report.html








Da Gino:
In rete ho trovato qualche nota biografica del giornalista che ha scritto ieri su Avvenire un commento sul patto Berlusconi-Gheddafi.
"Andrea Gavazza. Giornalista. Si occupa di politica interna e internazionale, collaborando a varie testate. Studioso di filosofia della mente e neuroscienze, ne scrive come divulgatore".
Di solito non leggo l'Avvenire ma cercavo un punto di vista "umano" e attento ai diritti degli immigrati più che agli accordi "economico-petroliferi".
Aiutatemi voi a capire se l'ho trovato, io mi sento un po' smarrito!!!

MIGRANTI E DIRITTI - PASSO SIGNIFICATIVO ORA SI VIGILI SULL'APPLICAZIONE

Sarebbe un errore sottovalutare il Tratta­to di amicizia, partenariato e coopera­zione firmato ieri da Italia e Libia. L'accor­do è rilevante per l'entità economica, la va­lenza politica, il profilo 'ideale', le conse­guenze e i rischi sul fronte dei flussi migra­tori africani. Roma si impegna a versare 5 miliardi di dollari nei prossimi due decen­ni sotto forma di investimenti nel Paese: i 250 milioni l'anno serviranno a costruire un'autostrada costiera e alloggi civili, a fi­nanziare borse di studio e pensioni d'inva­lidità per i mutilati dalle mine sepolte dal nostro esercito nel periodo coloniale.
L'intesa intende infatti «riconoscere i dan­ni inflitti alla Libia», come ha sottolineato il premier Berlusconi, durante l'occupa­zione che si protrasse dal 1911 (guerra gio­littiana contro la Turchia) al 1943 (quando fummo sconfitti dagli inglesi). Si tratta di un'ammissione di responsabilità, accom­pagnata da esplicite scuse, moralmente ri­levante al di là delle dispute storiografiche sull'entità dei crimini commessi (alcuni ac­certati) durante la colonizzazione e dei di­battiti sulla responsabilità che i Paesi man­tengono per gli atti di regimi passati.
Vi sono, ovviamente, anche ragioni prag­matiche che hanno spinto il nostro gover­no a chiudere «40 anni di malintesi» con il regime del colonnello Gheddafi. Il conten­zioso ha avuto tappe dolorose, come l'e­spulsione di oltre 20mila connazionali da Tripoli e l'esproprio dei loro beni (caso non toccato dall'intesa, con le conseguenti, vi­brate proteste degli interessati). Oggi il tema caldo è quello dell'immigrazione verso le nostre coste di migliaia di persone, vittime in gran parte di una tratta senza scrupoli sulla quale si è sempre sospettato, con qual­che fondamento, lo stesso Gheddafi strin­gesse o allentasse la morsa per convincere le nostre autorità a chiudere il contenzioso. Le ultime tragedie nel canale di Sicilia, con decine e decine di annegati, non possono che far salutare positivamente l'avvio del già concordato pattugliamento congiunto delle rotte interessate, per scoraggiare le partenze e, si auspica, evitare altri naufra­gi senza soccorsi. «Combatteremo insieme contro i mercanti di schiavi», ha detto Sil­vio Berlusconi. E c'è da credere che, incas­sato il successo diplomatico e ottenuto il ri­sarcimento, il governo libico si impegnerà nel contrasto degli scafisti criminali. Ciò che desta interrogativi sono le modalità con cui il giro di vite verrà compiuto. Il flusso di coloro che cercano fortuna in Europa è am­pio e destinato a crescere. Dall'Africa sub­sahariana giungono sulle coste meridio­nali del Mediterraneo e di lì tentano l'av­venturosa traversata. Se non potranno sal­pare, quale sarà il loro destino in Libia? Sa­ranno espulsi o rimpatriati in modi rispet­tosi dei minimi standard umanitari? E alle frontiere sud come verranno bloccati o re­spinti? Non vorremmo che le vittime del ma­re si trasformassero, nel silenzio e lontano da ogni sguardo, in vittime del deserto.
Basterebbe, forse, che osservatori italiani avessero accesso a tutte le zone critiche, in attesa che il nuovo corso dissuada gli emi­granti e, inevitabilmente, li porti a cercare nuove vie. Sempre che la piccola economia che s'è creata nei luoghi di transito non si trasformi in un altro ostacolo al rigore dei controlli e degli sbarramenti. Anche per questo la pratica degli accordi bilaterali do­vrebbe essere estesa dalla Ue a tutti gli Sta­ti rivieraschi, con un aumento della coo­perazione allo sviluppo, per dare corpo a u­na politica davvero solidale ed efficace che cerchi di governare il fenomeno degli spo­stamenti di massa dovuti alla povertà.
Va infine ricordato che la stabilizzazione, si spera definitiva, dei rapporti tra Roma e Tri­poli dovrebbe aprire le porte alle nostre im­prese e darci accesso sicuro alle riserve e­nergetiche di cui è ricco il sottosuolo di quello che improvvidamente venne defi­nito «uno scatolone di sabbia». Un ele­mento geopolitico da considerare nel con­testo di un raffreddamento dei rapporti con la Russia, primo fornitore di gas e petrolio della Ue. Resta solo discutibile la conces­sione simbolica di siglare l'intesa nell'an­niversario del golpe militare che 39 anni fa portò al potere un Gheddafi per decenni sponsor del terrorismo e ancor oggi non certo campione di democrazia interna.

Nessun commento:

Posta un commento