01/07/04

immigrati? questione di carte

Immigrati? questione di carte

Quanti sono oggi gli stranieri in Italia? Quali nazionalità sono più rappresentate? Quali regole deve seguire uno straniero che voglia entrare in Italia? Guardando alla grande regolarizzazione svoltasi nel corso del 2003, che ha riguardato oltre 700.000 cittadini extracomunitari, disponiamo oggi di uno strumento estremamente utile per avere un quadro più definito del fenomeno migratorio nel nostro paese. È bene notare peraltro, che ciò non riguarda soltanto il dato statistico: in realtà si è trattato di un intervento che evidenzia necessità ordinarie, legate all’impianto della politica migratoria in Italia.

All’inizio del 2003 i soggiornanti registrati erano 1.512.324; aggiungendo i beneficiari della regolarizzazione ed i minori stranieri (che sono iscritti nel permesso di soggiorno dei genitori) si arriva all’inizio del 2004 ad una stima di 2,5 milioni di cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia. In tal modo la percentuale di cittadini extracomunitari presenti in Italia (4,3% della popolazione) si allinea a quella dei grandi paesi europei (meno della Germania, con l’8,9% e della Francia, con il 5,6%, ed uguale alla Gran Bretagna).

La regolarizzazione ha modificato anche la consistenza delle diverse nazionalità rappresentate. La comunità più numerosa è attualmente quella dei Rumeni, che superano Marocchini e Albanesi. I paesi dell’est Europa hanno inciso per ben il 60% sulle domande di regolarizzazione: hanno quasi raddoppiato la loro consistenza e sono ormai più di un terzo della popolazione immigrata. Alle soglie dell’allargamento ad est dell’Unione si è realizzato un’importante trasferimento e si può prevedere una continuità dei flussi anche nel futuro.
I flussi di lavoratori e lavoratrici connessi con la regolarizzazione consentono di evidenziare il protagonismo differenziato delle aree continentali.
In particolare, i paesi dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo, che già godono della libera circolazione, non rafforzano la loro consistenza per effetto della regolarizzazione. Così avviene anche per gli altri paesi a sviluppo avanzato, i cui cittadini non trovano difficoltà per ottenere i permessi di soggiorno.
L’incidenza più rilevante spetta all’Est Europeo che quasi raddoppia il numero delle presenze a seguito della regolarizzazione con 414.000 domande presentate. Si tratta dell’aumento più vistoso non solo in termini numerici, ma anche percentuali (89,4%).
Dopo l’Est Europa seguono l’Asia Centro Meridionale e Orientale che, insieme, giungono a 93.688 istanze di regolarizzazione, l’Africa del Nord (86.351 domande), l’America Latina (72.457 domande) e quindi l’Africa Occidentale (31.140 domande), mentre gli altri paesi dell’Africa subsahariana, presi nel loro insieme, non arrivano a 4.000 domande.
Per percentuale di aumento, seppure lontane dal valore dell’Est Europa, si segnala l’America Latina con il 56,5% mentre le altre aree hanno una media di circa il 33% e l’Asia Centro Meridionale si colloca di poco al di sopra (39,2%).
Per spiegare questo andamento occorre considerare diversi fattori, che si compongono in maniera differenziata tra di loro: l’effetto di richiamo dei gruppi già precedentemente insediati in Italia (fattore di base per tutte le aree); la facilità di ingresso nel nostro paese grazie al regime dei visti (Est Europa); il particolare apprezzamento dei lavoratori di determinate aree per lo svolgimento di mansioni nel settore della collaborazione domestica (Est Europa e America Latina) o nel settore industriale (Est Europa) o i quello agricolo (India); la vicinanza (Nord Africa, Balcani, Est Europa) o, viceversa, la lontananza geografica (America Latina, Africa Subsahariana, Asia Centro Meridionale e Orientale); la maggiore pressione migratoria ricollegabile a un alto tasso demografico (non riscontrabile nei Balcani e nell’Est Europa) e al deficit di sviluppo (diffuso, seppure in diversa misura, in tutte le aree a forte pressione migratoria.

Si è trattato verosimilmente della sanatoria di maggiore portata della storia d’Europa, con la ricezione di 704.000 domande per regolarizzare la posizione lavorativa di cittadini stranieri occupati irregolarmente, e nonostante alcune ombre, va riconosciuto come sia stata condotta positivamente rispetto al passato. Tuttavia chi preferisce parlare di sanatoria piuttosto che di regolarizzazione sa che in molti casi i rapporti di lavoro non erano affatto pregressi, come prescritto, ma si venivano a costituire solo da quel momento in poi (a volte effettivamente per motivi professionali, altre per atti di solidarietà, altre ancora nascondendo un mercato di finte assunzioni).



Chi sono gli irregolari che hanno beneficiato del provvedimento? Con buona pace degli allarmisti, coloro che entrano clandestinamente in Italia rappresentano una minoranza dei cittadini stranieri oggi presenti: in realtà nella maggior parte dei casi (l’80%) uno straniero fa ingresso in Italia per vie regolari (con un visto turistico o altri permessi di soggiorno che non consentono di trattenersi per lavorare) salvo poi trattenersi al di là termine concesso e quindi diventando un “irregolare” solo da quel momento. È questa la vicenda comune della grande maggioranza degli stranieri in Italia: essere entrati in Italia alla ricerca di un posto di lavoro, averlo trovato (data un’ampia disponibilità nei settori che non risultano appetibili per gli italiani), avere iniziato a lavorare in nero ed infine aver beneficiato di una sanatoria che prenda atto del loro inserimento nel mercato del lavoro. Quella del 2003 è stata la 5° regolarizzazione in nemmeno 20 anni: complessivamente sono stati interessati poco meno di un 1.500.000 di lavoratori stranieri (oltre 80.000 l’anno) mentre le quote fissate dal Governo per gli ingressi regolari ammontavano a circa 20.000 unità e non potevano coprire il fabbisogno di nuovi lavoratori. Se poi rileviamo solo i dati più recenti, l’ultima regolarizzazione, che ha recuperato buona parte dell’immigrazione sommersa costituitasi a partire dal 1998, ha fatto emergere per ogni anno oltre 176.000 posizioni lavorative irregolari, richieste dal mercato del lavoro ma che non trovavano adeguato spazio nelle quote prefissate (inferiori alle 30.000 unità).
Per un cittadino extracomunitario non esiste il diritto di libera circolazione attraverso le frontiere. Se esistono restrizioni per l’ingresso, ancora più circoscritta è la possibilità di entrare a lavorare in Italia: è vincolata a limiti numerici, a distinzioni sulla provenienza, a scadenze ed oneri a carico dei datori di lavoro. Domanda e offerta di lavoro quindi non possono incontrarsi liberamente quando si tratta di cittadini extracomunitari residenti all’estero. Tuttavia poiché la domanda di lavoratori resta strutturalmente insoddisfatta (il fabbisogno ammonta a 200.000 lavoratori extracomunitari l’anno, secondo le stime Exclesior-UnionCamere) gli ingressi e le assunzioni nascono nell’area dell’irregolarità. Così, indipendentemente dal colore politico del Governo, si fa necessaria periodicamente una sanatoria a sistemare la situazione. Le strade da percorrere sarebbero altre: ripristinare l’ingresso in Italia “per ricerca di lavoro”, abolito dalla L.Bossi Fini (nonostante sia caldeggiato dal Parlamento europeo); abolire il sistema delle quote come proposto anche in seno all’attuale maggioranza; non ostinarsi ancora con la consueta regola del legislatore italiano secondo cui si può e si deve assumere uno straniero prima che metta piede in Italia (in pratica assumendo una persona che non si è mai vista o messa alla prova).
Roma, luglio 2004
L’articolo è stato pubblicato sulla base delle ricerche del “Dossier Statistico Immigrazione” Caritas/Migrantes. (Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno-D.G. Immigrazione)