25/05/09

immigrazione economica in Italia


Lezioni all'Università di Macerata

Disciplina dell'immigrazione economica in Italia, applicazione, rilievi critici


(...con molta sintesi, in 6 ore)




1. Il sistema degli ingressi in Italia per motivi di lavoro
 2. Programmazione delle quote e procedure: analisi ed elementi di criticità

3. Disciplina sull'immigrazione economica nei principali paesi europei

4.Lo status del lavoratore migrante: tutela internazionale e normativa italiana

5. Case study: Progetto nazionale "Fabbisogno di lavoratori extracomunitari" - azioni di promozione occupazionale degli stranieri" (attività nella Pr. di Macerata)

18/05/09

cosmopoli


mi è sempre piaciuta la fantascienza: confortante e avvincente, perchè descrive scenari futuri, confermandoti sensazioni attuali


Benvenuti nelle città globali
Benjiamin Barber

Dalla prima età della democrazia, fondata sulle comunità e i villaggi, alle "cosmopoli" di oggi, dove la cultura della convivenza impone una nuova architettura civica.

Le Nazioni Unite sono un' assemblea composta dagli stati nazionali. Quando i governi prendono in considerazione la governance globale sostengono che loro ne saranno i mattoni costitutivi e che il governo internazionale sarà costruito a partire dal congresso delle nazioni, quando in realtà quello che l' interdipendenza rende obsoleto è proprio il concetto di Stato.
Come fa la democrazia a sopravvivere? Ha un futuro se la forma dello stato diventa superata? Un autista di taxi a Londra recentemente mi ha raccontato di aver lavorato a New York, a Nuova Delhi e a Londra e che stava pensando di raggiungere un parente che faceva lo stesso mestiere a Città del Messico. Gli ho chiesto quale paese gli fosse piaciuto di più, ma il tassista sembrava non capire la domanda: aveva vissuto in un mondo fatto di metropoli diverse tra di loro, ma con una familiarità urbana più significativa, per lui, delle differenze nazionali dei singoli paesi a cui queste città appartenevano.
Considerato che la componente della popolazione mondiale che si riversa tra cittadine e centri urbani, tra cui le metropoli (le «megalopoli») che contano dai dieci ai venticinque milioni di abitanti, sta diventando sempre più rilevante, l' esperienza di quel tassista è destinata a diventare sempre più comune. Dopotutto, perché gli abitanti multiculturali e migranti di queste città non dovrebbero sentire un legame più forte con la rete di metropoli in cui vivono e lavorano piuttosto che con i paesi a cui teoricamente appartengono e in base ai quali viene definita la loro cittadinanza?

17/05/09

invasione? facciamo i conti sull'asilo

Statistiche e grafici aggiornati sui richiedenti asilo: il numero sale, è vero.
addirittura(!) 30.000 richiedenti nel 2008. un'invasione.
andrebbe ricordato tuttavia che il governo ha autorizzato nello stesso anno 230.000 ingressi di lavoratori stranieri.









www.cir-onlus.org/Statisticheitalia.htm

Giovane, africano, in fuga da guerre o persecuzioni, arrivato in Italia via mare.

Eccolo l' identikit del richiedente asilo: 31.097 domande di protezione internazionale solo nel 2008. È il boom dei rifugiati: 122% in più dell' anno precedente. Italia, terra di record: nel 2008 ha registrato il più alto incremento di richieste tra tutte le nazioni industrializzate.
E così il nostro Paese si colloca oggi al quarto posto tra le mete prescelte dai rifugiati (dopo Stati Uniti, Canada e Francia).

«È vero che questo numero rappresenta più del doppio rispetto alle richieste d' asilo del 2007 (14mila) e più del triplo rispetto a quelle del 2006 (10mila). Ed è anche vero che è il numero più elevato mai registrato in Italia - spiega il direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, Christopher Hein - tuttavia si tratta sostanzialmente di un allineamento con gli altri Stati europei paragonabili». Insomma siamo arrivati tardi, ma ci siamo rifatti velocemente. Fino a qualche anno fa, infatti, rispetto ai 17.093.361 di rifugiati nel mondo (fonte Unhcr, 2003), di cui 5.368.405 in Europa, l' Italia ospitava 12.440 rifugiati.


Chi sono i richiedenti asilo? Il maggior numero di domande arriva da nigeriani (5.333 nel 2008), somali (4.473), eritrei (2.739) e afgani (2.005).
Per far fronte a questi numeri, la rete Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) nel 2008 ha incrementato la sua capienza del 72,6%: ai 2.541 posti finanziati in via ordinaria dal Fondo nazionale per i servizi d' asilo, nell' estate 2008 si sono aggiunti 1.847 posti, grazie a risorse straordinarie del ministero dell' Interno. A questa rete va poi aggiunta l' ospitalità offerta dai centri governativi, per un totale di 9mila posti. Cresce anche il numero delle sistemazioni informali, spesso precarie. «Il fatto è che in Italia - prosegue Hein - siamo stati abituati a un volume assai modesto di richieste in confronto ad altri Paesi, anche ben più piccoli, come Olanda, Svezia e Svizzera. Non parlerei perciò di "emergenza rifugiati". La vera emergenza deriva dall' insufficiente capienza delle strutture di accoglienza e più ancora dalla mancanza di progetti per favorire l' integrazione».
Laura Boldrini, portavoce in Italia dell' Unhcr, va oltre: «Nel 2008, oltre il 70% degli immigrati giunti via mare ha presentato domanda d' asilo e il 50% di loro ha ottenuto una qualche forma di protezione. L' Italia non è più vista come un Paese di transito, per raggiungere il Nord Europa. La provenienza dei rifugiati cambia in base alle diverse condizioni geopolitiche dei Paesi più vicini all' Italia - prosegue - negli anni ' 90 infatti provenivano per lo più dall' ex Jugoslavia, col record dei 33mila richiedenti asilo del ' 99: quasi tutti in fuga dal Kosovo». Come arrivano in Italia? «Per lo più via mare, attraverso il canale di Sicilia, gli africani; l' Adriatico, gli iracheni e afgani». Secondo la Boldrini «mancano fondi per far sì che i rifugiati camminino da soli».
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/05/13/trentamila-in-fuga-da-guerra-violenza.html

società multietnica: rispedire al mittente

articolo di Repubblica sugli incentivi pagati dagli Stati per rimandare a casa gli immigrati disoccupati.
Accademicametne si chiama mobilità circolare.

Empiricamente per gli immigrati c'è spazio se e solo se c'è lavoro.
Moralmente e politicamente la cosa si farebbe ancora più complicata.
cmq il premier non ha dubbi:
Berlusconi: «La nostra idea dell'Italia non è multietnica»

E con la crisi vengono allontanati anche gli immigrati regolari


In tutto il mondo i governi incentivano l'uscita di lavoratori regolari
L'obiettivo è evitare di ingrossare le fila dei disoccupati nazionali


Da Praga a Madrid, da Londra a Tokio, la crisi economica sta portando diversi governi ad allontanare i lavoratori migranti che potrebbero ingrossare le fila dei disoccupati nazionali. Tra incentivi, progetti di rimpatri volontari e riduzione dei flussi, si ripetono e si moltiplicano le storie degli immigrati spinti a tornare a casa, o comunque a lasciare il paese, dopo anni di lavoro e di vita nei paesi più ricchi.

Vietnamiti nella Repubblica Ceca. L'ultimo governo europeo che ha deciso di adottare questa politica è quello ceco, stanziando circa quattro milioni di euro per favorire il rientro dei migranti, ovviamente con l'impegno a non tornare indietro. Ogni immigrato regolare può chiedere 500 euro insieme al rimborso del biglietto aereo e a 250 euro se ha un figlio con meno di 15 anni. Da febbraio sono partite circa 1500 persone. Si tratta per lo più di asiatici che si erano trasferiti nel pieno del boom edilizio e industriale, tanto da far raddoppiare negli ultimi cinque anni la quota di immigrati regolarmente occupati nella Repubblica Ceca. "Prenderò questi soldi anche se non basteranno certo a ripagare il debito di 11mila dollari che ho dovuto fare per venire in Europa", dice Trin Van Pham, metalmeccanico vietnamita alla Skoda, prossimo al licenziamento.

Romeni in Spagna. Anche il governo Zapatero nei mesi scorsi ha lanciato un programma per favorire i rientri. Chi si allontana dalla Spagna per almeno tre anni riceve sussidi di disoccupazione fino a sei mesi e finora hanno già aderito in quattromila. La misura riguarda soprattutto i 70 mila disoccupati romeni, per i quali, tuttavia, è stato raggiunto un accordo bilaterale con Bucarest. Secondo il ministro del lavoro romeno Marian Sarbu, "non ci sarà un rientro in massa, ma nel paese manca ancora manodopera e il governo è pronto a organizzare corsi di formazione per ricollocare circa 100 mila lavoratori".

Londra, incentivi agli inglesi. L'impatto della crisi sul lavoro migrante si fa sentire anche in Gran Bretagna, dove quest'anno saranno ridotti da 800 mila a 530 mila gli ingressi dei non comunitari, anche se specializzati. I tagli riguarderanno l'edilizia, circa 100 mila, e in larga parte il sociale, come l'assistenza ad anziani. Il governo sta investendo nella formazione di giovani britannici e sta offrendo incentivi affinché non vadano in pensione badanti e infermieri nazionali.


Brasiliani in Giappone. Dall'altra parte del mondo, in Giappone, fa discutere la storia dei cosiddetti nikkei-brasilians. Sono i figli e i nipoti dei giapponesi che nel secolo scorso emigrarono nelle piantagioni di caffè in America Latina, in particolare in Brasile e in Peru. Negli anni '90, il boom industriale ha spinto il governo a richiamare i figli di quegli emigranti, facilitandoli nel ritorno. Oggi sono circa 366 mila i nipponici-brasiliani e peruviani che vivono in Giappone e rappresentano la maggiore comunità di operai stranieri nel paese. Il calo della produzione ha portato alla chiusura di molte fabbriche, anche nella zona centrale di Hamamatsu, dove si concentra la gran parte dei nikkei-brasilians. Pertanto, anche in questo caso, i primi a essere allontanati sono loro, perché non nazionali, non del tutto. L'incentivo è di tremila dollari, con l'obbligo di non tornare e senza alcun termine. "C'è una reazione emotiva di fronte alla crisi e i politici assecondano le paure della gente", commenta Taro Kono, deputato liberaldemocratico. I progressisti insistono affinché si trovino altre soluzioni, visto che il Giappone vive le stesse dinamiche demografiche della società europea, cioè la bassa natalità e il continuo invecchiamento della popolazione.

La portata globale della crisi attuale, insieme all'intensificarsi della mobilità del lavoro negli ultimi anni, preoccupa le organizzazioni che difendono i diritti umani. "I migranti, soprattutto le donne e gli irregolari, sono i più vulnerabili, i più esposti ad abusi e discriminazioni durante la recessione economica", ha detto Juan Somavia, direttore dell'Organizzazione internazionale del lavoro, Ilo, ricordando che oggi sono circa 200 milioni i lavoratori in movimento, da un continente all'altro.
Secondo gli esperti di immigrazione non si può risolvere il problema in modo unilaterale, senza regole né accordi che regolino i flussi in ingresso, in uscita e di ritorno. Non si possono solo chiudere le frontiere nazionali e rispedire gli immigrati nei paesi più poveri, ai quali, tra l'altro, si stanno tagliando i fondi per lo sviluppo. In continenti come quello africano, ad esempio, la povertà crescente, insieme alla crisi alimentare e sanitaria sta già inasprendo i conflitti sociali con la conseguente repressione dei regimi autoritari. Il risultato è che sempre più giovani saranno costretti a scappare e a cercare non più solamente il lavoro, ma anche protezione.
www.repubblica.it/2009/05/sezioni/cronaca/immigrati-7/crisi-esplusioni/crisi-esplusioni.html


11/05/09

cronache libiche


con buona pace di Ray Bradbury, questi sono racconti allucinanti.

Reportage: cronache libiche

La nave della Ma­rina Militare italiana entra nel porto di Tripoli poco prima delle 10 e viene fatta ancorare in un'area riservata. A bordo ha il suo carico di persone re­cuperate in mezzo al mare nel­la notte e respinte per ordine del governo di Roma. Sono ghanesi, bengalesi, tunisini, marocchini, ma la maggior parte è nigeriana. Ci sono 40 donne, due sono incinte, oltre a due bambini piccolissimi. Hanno tutti sfidato la sorte e sono stati beffati.
Quando scendono dalla sca­letta appaiono smarriti, qual­cuno si sente male. Molti sono disidratati, sfiniti dalle ore tra­scorse in balia delle onde in at­tesa che fossero effettuati i tra­sbordi per riportarli indietro. Insieme ai poliziotti locali ci sono gli ufficiali di collega­mento italiani. Le autorità libi­che hanno consentito anche al rappresentante dell'Iom, l'Or­ganizzazione internazionale per i migranti, di assistere allo sbarco e di verificare le loro condizioni. I pullmini aspetta­no di trasferirli a Twescha e ne­gli altri centri di accoglienza dove sono già stati portati i 227 stranieri recuperati la not­te di mercoledì. Il viaggio è fi­nito, infranta è la speranza di raggiungere l'Europa. Li bloc­cano nelle acque internaziona­li, ma pure nel deserto. Da quando è scattato l'accordo con l'Italia, le squadre di agen­ti e dei servizi segreti effettua­no pattugliamenti nella zona di Bengasi e sulla strada che da Sirte porta verso la costa per fermare chi entra illegal­mente nel Paese. Raccontano di averne presi almeno 2.000 in tre settimane. Spiegano che anche gli scafisti adesso si stanno riorganizzando.
Il generale Hammad Issa è il capo delle unità investigative della polizia libica. Sul tavolo del suo ufficio ha impilato gli ultimi rapporti che raccontano le operazioni di rastrellamento per individuare i trafficanti e le loro «basi». Ha evidenziato le informazioni che possono aiutare a prevenire le loro pros­sime mosse. Ed è lui a traccia­re «la rotta alternativa» che le organizzazioni criminali stan­no tentando di aprire per aggi­rare i controlli. Partenza da Al Zwara o dalle altre località più a ridosso dell'Egitto, con desti­nazione Creta. Se questo accor­do per i pattugliamenti con­giunti continuerà a essere at­tuato, «i criminali dovranno puntare verso Est, potrebbero arrivare fino in Turchia».
Ci sono migliaia di stranieri che sono stati ammassati ad Al Zwara e nelle altre spiagge vici­ne, in attesa di partire. Hanno attraversato il deserto quando la temperatura non era ancora alta e adesso che si superano i 30 gradi, aspettano il proprio turno. Gli scafisti cercano di ca­ricarne il più possibile sui bar­coni, ma moltissimi sono stati ingannati. Chi paga per salpare e raggiungere l'Europa sa che il patto lo obbliga a percorrere a nuoto l'ultimo tratto di mare. Ed è questo che consente l'in­ganno: c'è chi viene scaricato dopo aver percorso appena cento miglia, in prossimità del­la piattaforma dell'Eni che in mare libico estrae il petrolio e dalla quale partono spesso i ri­morchiatori per dare soccorso alle barche in difficoltà. Quan­do le luci sono appena visibili chi è al timone grida «Italia, ar­rivati » e ordina di tuffarsi. Ne muoiono moltissimi, travolti dalle onde, stremati dalla fati­ca. Tanti altri affondano insie­me ai mezzi di fortuna dove i trafficanti li hanno stipati. Ieri mattina al porto di Tripoli il rappresentante dell'Iom ha os­servato quelle decine di perso­ne mentre, con lo sguardo per­so, tentavano di capire quale fosse la loro sorte. «Nessuno ha chiesto asilo — puntualizza Lawrence Hart, che dell'Iom è il responsabile per la Libia — ma noi entreremo nei centri per verificare che i nuclei fami­liari non siano stati divisi e per assicurarci che vengano tratta­ti bene». Non è a lui che si de­ve rivolgere chi vuole avviare la pratica per chiedere protezio­ne «ma noi abbiamo l'impe­gno di coordinare la parte uma­nitaria », chiarisce per scaccia­re il sospetto che la sua orga­nizzazione — che qui oltre al­l'Ue rappresenta Italia, Gran Bretagna e Usa — possa copri­re eventuali violazioni dei dirit­ti umani. Dopo l'arrivo il suo delegato ha potuto scambiare qualche parola con gli stranie­ri. «La maggior parte ha rac­contato di essere partita da Al Zwara — dice Hurt — altri non hanno voluto rivelare nul­la. Sono spaventati, c'è chi pen­sa già di riprovarci». In serata arriva la segnalazione che in acque internazionali c'è un al­tro mezzo. Forse è una barca, più probabilmente un gommo­ne. A bordo ci sarebbero una quarantina di stranieri. Mi­granti senza ormai speranza di approdare nella terra promes­sa, l'Italia.

10/05/09

rimpatri e carceri libiche


Il Governo Italiano definisce come storica l'operazione con cui la Guardia Costiera ha respinto in Libia due barconi, con 227 migranti (donne e bambini compresi), senza prestare loro primo soccorso, e senza accettare le domande di protezione internazionale (asilo politico o protez. sussidiaria) che molti di loro avrebbero presentato (qualcuno forse abusando dell'istituto, se proveniente da paesi non insicuri ma solo "poveri"... ma questa è un'altra storia).

Effettivamente è un'azione che non ha precedenti, fortemente censurata dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifuguati.

Dal 15 maggio entrerà pienamente in vigore l'accordo di cooperazione Italia Libia per il contrasto all'immigrazione clandestina: esternalizzazione delle frontiere e controlli più duri (in pratica: il gioco sporco si faccia altrove..)

Vi invito, allora, a vedere il video "Come un uomo sulla terra": un documentario girato da un rifugiato politico etiope che testimonia gli abusi della polizia libica, cui il Governo Italiano ha dato pieno mandato.

Polizia e carcerieri che arrestano i migranti, abusano di loro, li rivendono a trafficanti e schiavisti una due tre volte, perpetuando per anni meccanismi infernali e ottenendo guadagni indegni .

Un documento molto prezioso, pluripremiato e che gli autori si offrono di mostrare in tutta Italia: Vi invito a diffonderlo. Per gli interessati alla versione integrale, contattate gli autori.
"Dal 2003 Italia ed Europa chiedono alla Libia di fermare i migranti africani. Ma cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia di uomini e donne africane? E perchè tutti fingono di non saperlo?
Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa".