31/07/08

stato di emergenza


Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni
«l'estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per il persistente ed eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari, al fine di potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno»

Il patetico muro di lampedusa
Gad Lerner - La Repubblica
Il governo italiano risponde da par suo al cittadino del mondo Barack Obama, simbolo meticcio della contemporaneità. "Dobbiamo abbattere tutti i muri che ancora dividono i popoli e le razze, i ricchi dai poveri", invocava giovedì da Berlino il candidato presidente. E noi? L'indomani facciamo finta di edificare il patetico muro di Lampedusa.Naturalmente è una bugia che il territorio nazionale sia minacciato da un'invasione di "clandestini" tale da richiedere la proclamazione dello stato d'emergenza. Al contrario, una vera emergenza scatterebbe nella malaugurata ipotesi che i lavoratori immigrati privi di permesso di soggiorno abbandonassero le nostre aziende e le nostre famiglie. Ma per il ministro Maroni lo scandalo e la riprovazione internazionale sono boccate d'ossigeno, perseguite cinicamente, come già i commissari etnici, il censimento dei nomadi e la sottolineatura esibita delle impronte digitali obbligatorie per i minori rom.
Di fronte ai funzionari del Viminale e ai prefetti impensieriti da tale crescendo di deroghe alla normale amministrazione dell'ordine pubblico, pare che Maroni si giustifichi sottovoce: lasciate che io lanci i miei proclami urticanti e prometta ai sindaci squattrinati la stella di sceriffo; ci aiuterà quando dovremo far digerire agli enti locali l'inevitabile perpetuazione dei campi nomadi e dei ricoveri provvisori. Logica vorrebbe che il governo della destra autoritaria, come antidoto ai flussi incontrollati, faciliti nuove procedure d'immigrazione regolare. Ma non è questo che vuole. Gli stranieri continueranno ad arrivare con visti turistici per essere assunti in nero. Resteranno estenuanti le pratiche di rinnovo del permesso di soggiorno, e nel frattempo anche i regolari che perdono il posto verranno lasciati precipitare nel gorgo dell'illegalità. Perché nel paese dell'economia sommersa il sopruso e l'ingiustizia convengono a molti.
Chi ha vinto le elezioni imponendo la percezione di una società preda della criminalità straniera, chi alimenta la leggenda degli immigrati furbi, titolari di privilegi a scapito della popolazione locale, ora accoglie come un complimento perfino l'accusa di disumanità. Ne misura gli effetti benefici sui sondaggi d'opinione.Il senso comune reazionario viene infatti coltivato a uno scopo preciso: programmare una guerra tra poveri qualora il calo dei redditi acuisca gravemente il disagio sociale. Seminare oggi il falso allarme per "il persistente ed eccezionale afflusso di extracomunitari"; annunciare il potenziamento delle "attività di contrasto", non rappresenta una deriva fascista ma qualcosa di più subdolo e insidioso: la codificazione della disuguaglianza anche in materia di diritti fondamentali dell'uomo, fra cittadini e non cittadini, fra appartenenti al popolo ed estranei necessari al popolo purchè rassegnati alla condizione di paria. Questa teorizzata disparità di trattamento è alla base delle antimoderne campagne contro la costruzione di moschee a Milano e Genova, città in cui vivono decine di migliaia di musulmani. Ma l'intimidazione degli stranieri irregolari -necessari e quindi tollerati purchè ridotti a paria- già ne condiziona la vita, all'insegna della paura: varie associazioni di medici denunciano un calo drastico dell'utenza di immigrati bisognosi di cura nelle strutture sanitarie. Vogliamo considerarlo un risparmio, o una vergogna?La destra italiana fu rigenerata quindici anni fa dall'inventore della tv commerciale facendo leva sulla figura universale, moderna, tendenzialmente cosmopolita, del consumatore di prodotti. Oggi, al contrario, la stessa destra propugna una visione etnica dell'italianità. E aspira a dominare il tempo delle vacche magre rifornendosi del combustibile particolarista: quasi un nuovo colonialismo applicato al mercato domestico.Nel resto d'Europa destra e sinistra si dividono sull'applicazione di norme rigorose che governino il flusso migratorio, sempre finalizzate all'integrazione e alla cittadinanza. Ultima venuta, l'Italia viceversa s'inebria di retorica del "territorio" da purificare con la macumba di un'immensa ronda provvidenziale. Come se per bucare il video dei talk show i politici di entrambi gli schieramenti fossero chiamati solo a gareggiare su chi sia il più bravo a espellere il maggior numero dei famigerati "clandestini". Eppure non è lontano il tempo in cui le nuove generazioni degli immigrati parteciperanno alla contesa pubblica, chissà, forse esprimendo i loro Obama multicolore. Speriamo solo di non arrivarci per via di una guerra tra poveri, nel segno dell'odio separatista.

15/07/08

Unione per il mediterraneo


L'Unione per il Mediterraneo (in francese Union pour la Méditerranée, in arabo الاتحاد من أجل المتوسط) è un organismo internazionale ispirato al modello dell'Unione Europea, che intende avvicinare i rapporti fra le nazioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, pur non costituendone una prerogativa.
È stata presentata a Parigi il 13 luglio 2008 dal presidente Nicolas Sarkozy, in carica anche come Presidente del Consiglio Europeo. L'Unione è una conseguenza naturale del Processo di Barcellona, che dal 1995 ha intenzione di avvicinare l'Unione Europea alle nazioni mediorientali e africane.

Riprendendo gli scopi istitutitivi del processo di Barcellona, l'obiettivo dichiarato è la promozione della cooperazione tra le due sponde del mare interno; le sue priorità sarebbero la risoluzione delle problematiche relative all'immigrazione dai paesi meridionali verso quelli settentrionali, la lotta al terrorismo, il conflitto israelo-palestinese, la tutela del patrimonio ecologico mediterraneo. In particolare è stata data priorità a sei iniziative concrete: il disinquinamento del Mediterraneo, la costruzione di autostrade marittime e terrestri per migliorare le fluidità del commercio fra le due sponde, il rafforzamento della protezione civile, la creazione di un piano solare comune, lo sviluppo di un'università euromediterranea (già inaugurata a Portoroz, in Slovenia), e un'iniziativa di sostegno alle piccole e medie imprese.

Alcuni analisti hanno interpretato il progetto come un tentativo di risolvere la questione dell'adesione della Turchia all'Unione Europea, molto osteggiata dal presidente francese; lo stesso presidente ha però tranquillizzato il governo turco definendo i due progetti differenti e complementari.

La presidenza è affidata ai primi ministri di due nazioni membre. Per i primi due anni è stata garantita alle nazioni meridionali la possibilità di elezione di un presidente; l'opzione cessa nel 2010, in maniera non rinnovabile.

La bandiera dell'Unione è costituida da due strisce orizzontali: quella superiore è di colore bianco, simbolo del cielo, mentre quella inferiore di colore blu rappresenta il mare.

07/07/08

fortresseurope




L'eccellente blog di Gabriele del Grande. http://fortresseurope.blogspot.com/
Rassegna stampa ventennale delle morti alle frontiere europee.
Materiali aggiornati, scomodi, preziosissimi.
In foto la mappa navigabile, per paese e centro di detenzione. Di seguito l'indice delle sezioni:

immigrazione a roma III


3 post per tracciare un quadro contemporaneo dell'immigrazione a Roma.
I numeri:
- sono oltre 400.000 gli immigrati nell'area di Roma, più della metà donne, più della metù europei
- rappresentano più del 10% del totale degli occupati
- ed oltre il 6 % del totale degli studenti
- oggi all'Esquilino scoperti 12 cinesi che lavorano in condizioni schiavili e sequestrati 68.000 prodotti cinesi contraffatti
- 800 ambulanti, anche molesti, occupano le vie del centro storico.

Sicuramente ci sono problemi da risolvere.
Probabilmente si notano -e infastidiscono- di più gli ambulanti per strada, che le badanti nelle case.
Verosimilmente fa più rumore un albero che cade...

articoli da Messagero del 5 luglio 08:


Cinesi schiavizzati a Roma, sequestrati sei laboratori clandestini: 12 persone fermate
ROMA (5 luglio) - Lavoravano anche 17 ore al giorno chiusi in scantinati con piccole finestre, senza aria né luce, con accanto i figli piccolissimi, costretti a sopportare condizioni disumane. Per questo la polizia municipale di Roma ha sequestrato questa mattina sei laboratori cinesi di sartoria. Dodici persone sono state fermate, mentre i titolari delle attività sono stati denunciati anche per sfruttamento di manodopera clandestina.
I "lavoratori-schiavi" erano una sessantina, donne e uomini cinesi tra i 24 e i 30 anni, provenienti dalla Regione dello Zhejiang. Sono stati trovati dai vigili a lavorare con i figli di 2 e 3 anni accanto, dentro 16 scantinati nei quartieri periferici della Borghesiana, Finocchio, Torre Angela e Colle Prenestino. In tutto gli agenti dell'VIII Gruppo della polizia municipale della capitale hanno controllato 16 laboratori: i sigilli sono scattati per sei. I dipendenti venivano fatti lavorare nei seminterrati dalle 9 del mattino fino alle due-tre di notte, per 4-500 euro al mese. Nelle sartorie quintali di stoffe sui pavimenti, che impedivano l'uscita in caso di incendio. Ed era molto probabilmente proprio negli scantinati che i lavoratori vivevano con la propria famiglia; sono state infatti trovate brande, resti di cibo e oggetti per l'igiene intima.


Sequestrati 68mila prodotti cinesi contraffati nel quartiere Esquilino

ROMA (5 luglio) - Oltre 68 mila prodotti contraffatti provenienti dalla Cina sequestrati e due cittadini cinesi denunciati. È il bilancio dell'operazione di lotta alla contraffazione condotta dal Comando provinciale della guardia di Finanza di Roma nel quartiere Esquilino.
La merce era stata nascosta in un deposito nella periferia della capitale: da qui si fornivano gli extracomunitari, che la rivendevano lungo le via della capitale e in un negozio nel quartiere Esquilino, al cui interno è stato scoperto un vero e in proprio campionario del falso. Sequestrate migliaia di collane, bracciali e orecchini che riportavano i marchi delle griffe più in voga.
L'operazione ha preso il via dopo numerosi fermi di cittadini extracomunitari irregolari e dediti alla vendita di prodotti contraffatti: seguendone gli spostamenti i baschi verdi hanno scoperto i depositi della merce. Le fiamme gialle sono da tempo impegnate non solo nel contrasto della vendita lungo le strade della capitale, ma soprattutto nell'attività di intelligence e investigazione per la ricostruzione della filiera del falso (opifici di produzione, magazzini di deposito), nonché nell'individuazione dei patrimoni accumulati dalle organizzazioni criminali frutto delle attività illecite.



L'assedio di 800 ambulanti

Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, piazza Navona, i Fori Imperiali, via della Conciliazione, Castel Sant'Angelo: l'esercito dei venditori abusivi che giorno e sera assedia in pianta stabile il centro storico della Capitale conta almeno ottocento unità, pronte a spartirsi ogni singolo metro quadrato di strade e marciapiedi. A dividersi clienti, turisti, merci e chincaglierie da vendere: dalle borse falso-griffate ai portafogli in pelle; dalle collanine agli occhiali da sole; dalle rose agli ombrellini parasole. Poi ci sono quelli delle periferie: altre centinaia che occupano i marciapiedi di via Appia, via Tiburtina e via Tuscolana, che mandano su tutte le furie i negozianti regolari che pagano le tasse per l'occupazione del suolo pubblico e l'esposizione dell'insegna e che vorrebbero i marciapiedi liberi per fare passeggiare i loro clienti.
Non c'è quartiere o rione che sia risparmiato. Non hanno paura di nulla, i sequestri di merce sono già messi nel conto, anche se la linea dura del Comune è già in rodaggio con blitz preventivi del nucleo speciale dei vigili che fermano i venditori appena scendono da bus e metro, incursioni delle fiamme gialle nei magazzini di merce "taroccata" alle porte di Roma e il prossimo varo dell'ordinanza anti-borsoni che vieta l'ingresso in centro storico delle maxi borse con cui i venditori si portano dietro la mercanzia.
Neanche la monumentale via Sacra è immune dall'assedio: gli irregolari sono tornati anche lì. E ieri, si vendeva di tutto. Eccola la fotografia della Città Eterna stretta nella morsa degli ambulanti abusivi che negli anni, col permessivismo di ieri, si sono impossessati di vicoli, strade, piazze e marciapiedi. Metro dopo metro, adocchiando di volta in volta le posizioni più appetibili, fino a sfidare apertamente con la loro presenza lo sguardo, troppo spesso rassegnato, di vigili e forze dell'ordine.
Agli asiatici la vendita di braccialetti, orecchini, collanine, argento indiano, fermacapelli e occhiali da sole; ai nordafricani il commercio di pelletteria e oggetti in legno. Fino a l'altra sera, quando a Fontana di Trevi è scoppiata la maxirissa, la suddivisione sembrava funzionare. Poi i bengalesi hanno cominciato a inserirsi nella vendita delle borse, a occupare i posti lasciati dagli africani che nella Capitale arrivano in massa soprattutto nei mesi più turistici, e la scintilla è esplosa.
Una volta c'erano i marocchini, poi rimpiazzati dai senegalesi, arrivati soprattutto alla metà degli anni '90. Roma città aperta fino a oggi ha accolto tutti. E ora si dividono la piazza con cingalesi e bengalesi. Asiatici e africani, indifferentemente, li trovi mattina o pomeriggio che fanno la "spesa" nei negozi dei cinesi e nei bazar e magazzini di merci thailandesi e indiane attorno a piazza Vittorio, il suk di Roma. Riempiono i loro borsoni, i grandi sacchi di plastica che si porteranno dietro fin nei luoghi scelti per fare la giornata, forse per gli ultimi giorni in vista del varo dell'ordinanza anti-borsoni che vieta l'ingresso delle maxi-buste in centro. Salgono sui tram, caricano i portabagagli di vecchie auto, raccontano: «Un giorno possiamo guadagnare qualche spicciolo, altri arrivare a trenta, quaranta euro. In media racimoliamo un migliaio di euro al mese - aggiungono - a cui vanno tolti circa 300 euro, perché calcoliamo un paio di sequestri di merce al mese. C'è l'affitto da pagare: un 150 euro a testa, qualche spesa per campare e tutto il resto va alle famiglie rimaste a casa». Ad avere un colloquio con l'amministrazione comunale ci aveva provato anche l'associazione dei lavoratori senegalesi a Roma. Le trattative col Campidoglio risalgono al '97. «Undici anni in cui ci erano stati promessi aiuti, sostegni, interventi - afferma Kede Kekh, il presidente - Molti dei venditori senegalesi hanno un regolare permesso di soggiorno ma non riescono a trovare lavoro. Avevamo chiesto aiuto per formare delle cooperative di immigrati che potessero lavorare con il Comune, ma per noi non c'è stato posto». Anche l'idea di un mercato multietnico è rimasta al palo. Kede ha inviato una lettera al sindaco Alemanno, un appello, sostiene «per affrontare con onestà e sincerità il problema in un tavolo comune».

05/07/08

immigrazione a roma I


Osservatorio Romano sulle Migrazioni - IV Rapporto
13 marzo 2008

All'inizio del 2007 risultano circa 500mila i cittadini stranieri soggiornanti nella Regione Lazio, dei quali 430mila nella Provincia di Roma: due terzi nella Capitale ed il resto nei rimanenti Comuni.
Quella romana si conferma la Provincia che ospita il maggior numero di immigrati: rispetto all'anno precedente c'è stato un aumento del 21,6%, dovuto per quattro quinti a nuovi ingressi per lavoro dall'estero (in forza del decreto annuale flussi del 2006, che ha in realtà regolarizzato immigrati già presenti), per il 9% a ricongiungimenti familiari e per il 7% a bambini nati in Italia.
Confrontando il dato delle presenze stimate dalla Caritas con quello dei residenti, che sono 278mila, questi ultimi risultano inferiori di un terzo. Un divario – spiegano i ricercatori dell'Osservatorio – attribuibile ai tempi di perfezionamento delle pratiche di iscrizione anagrafica e alle difficoltà per i soggiornanti di trovare alloggi con regolare contratto.
Gli immigrati che vivono nell'area romana sono soprattutto donne (54.3% del totale), mentre i minori sono un quinto del totale (19,4%). Il 51,3% è originario di paesi europei, il 22,7% del continente asiatico, il 13% dell'America e il 12,8% dell'Africa: un insediamento, quindi, in prevalenza euro‐asiatico. Prevale l'area dell'Europa centro‐orientale (36,7%), seguita dai paesi dell'Unione Europea (14,2%) e dall'Asia orientale
(13,4%). Tra le 181 nazionalità presenti spiccano per numero i romeni (22,3% del totale), i filippini (9,1%) e i polacchi (6%).
Il 58% ha un permesso per motivi di lavoro, il 24,2% per ricongiungimento familiare, il 12,3% per motivi religiosi ed il 3% per motivi di studio.
I figli degli immigrati iscritti nelle scuole della Provincia sono 39.758 e incidono sul totale degli alunni per il 6,7%, un punto percentuale in più che in Italia (5,6%). Rispetto all'inserimento scolastico registrato in media
in Italia, nella Provincia di Roma è più consistente la quota degli iscritti alle scuole superiori, nelle quali si registra una più alta presenza di alunne e un più frequente accesso ai licei rispetto agli istituti tecnici e professionali. La Capitale convoglia il 65,1% degli alunni di origine immigrata dell'intera Provincia, con 25.868 iscritti.
Gli immigrati sono protagonisti anche nell'economia della Capitale: 165mila lavoratori nati all'estero risultano inseriti come lavoratori dipendenti con un'incidenza di uno straniero ogni dieci occupati. Una tendenza che, secondo i dati Inail, nel corso del 2006 si è mostrata in aumento: il 24% dei nuovi assunti dell'ultimo anno risulta nato all'estero. Anche se i settori prevalenti continuano ad essere l'assistenza alle famiglie, diversi servizi nel settore alberghi e ristoranti e in altri comparti e l'edilizia, aumentano – nonostante la complessa procedure del riconoscimento delle qualifiche ‐ anche gli impieghi maggiormente qualificati (basti pensare alle numerose infermiere immigrate nella Capitale) oltre che in quello di quello delle libere professioni.
Nell'imprenditoria, poi (dati di Unioncamere, controllati dalla Cna sulla base della cittadinanza), si registra un particolare dinamismo e al 30 giugno 2007 sono risultati iscritti alla Camera di Commercio di Roma 12.739 titolari di impresa e 4.384 soci con un inserimento più elevato rispetto alla media italiana, molto accentuato nel commercio (circa la metà del totale), nell'edilizia (24,6%) e nelle pulizie (8,4%).

immigrazione a roma II

ROMA, 2 luglio 2008 - Istruiti ma pagati poco, meno di mille euro al mese, un decimo è proprietario di casa e paga un mutuo, la maggior parte vive in affitto o è ospite, il 15% vive presso il datore di lavoro.

E' la fotografia degli immigrati che vivono nella capitale che emerge da un'indagine della Caritas di Roma condotta su un campione di oltre 900 immigrati regolari di 69 nazionalità. L'indagine sugli "immigrati romani" disegna un quadro fatto di persone istruite, laboriose, poco inclini al consumo, non ricche ma autosufficienti, aperte alla solidarietà e sempre più attaccate all'Italia.

La metà ha ottenuto il permesso di soggiorno solo dopo un provvedimento di regolarizzazione. Spesso lavorano presso le famiglie ma anche in altri settori, dall'edilizia al turismo. Le mansioni umili sono piu' ricorrenti ma aumentano anche gli inserimenti qualificati, come operai specializzati, impiegati, imprenditori, medici, interpreti.

Dall'indagine risulta che quasi tutti possiedono un telefonino, il televisore (70%) e il computer (40%). L'automobile e' risultato il secondo bene piu' desiderato dopo la casa.

La sintesi al link:
www.stranieriinitalia.it/news/sintesi2lug2008.pdf

04/07/08

borgate.it


favelas, bidonvilles, slums..istruttivi i viaggi nella Lixeira di Luanda e a Niteroi.
Ma è stato ancora più istruttivo scoprire che le borgate romane anni '60 non avevano niente di diverso.
i contesti, la cornice, col tempo, cambiano. le persone sono ovunque le stesse.
da allora raccolgo materiale, da pasolini a don sardelli, da de mauro, a ferrarotti, a don isidoro del lungo.


Al sito dell'Unione borgate, molto materiale d'archivio ed una serie di audiovisivi: http://www.borgate.it/audiovisivi/


  • l'immigrazione a Roma nel secondo dopoguerra

  • la nascita dell'Unione Borgate

  • gli abitanti delle borgate

  • il termine "borgata"

  • le borgate ieri e oggi

01/07/08

prendere le impronte ai bambini.di corleone.


provocatorio, lucido articolo di F.Merlo (repubblica 27 giu), sulla proposta del Ministro degli Interni, ben altra minaccia all'unità nazionale.

Le impronte dei bimbi rom e il silenzio della Chiesa

A Maroni vorremmo suggerire di prendere le impronte delle mani (e dei piedi) ai neonati cinesi di Milano, che sono già, notoriamente, tutti ladri di identità. Inoltre, per coerenza, potrebbe impartire l' ordine di misurare la lunghezza degli arti ai bimbi di Corleone che crescono (si fa per dire) con il 'criminal profiling' di Totò u curtu. Ed è inutile spiegare a un pietoso uomo d' ingegno come il nostro ministro degli Interni che i minori dell' agro nocerino sarnese e della piana del Sele andrebbero - per proteggerli, badate bene! - sottratti alla patria potestà e affidati alla Dia o, in subordine, allo scrittore Roberto Saviano. E contro il bullismo nelle scuole cosa ci sarebbe di meglio che prendere le impronte, al momento dell' iscrizione, anche ai genitori che sono sempre un po' complici?
Ecco, preferiamo mostrarvi il lato grottesco di questa proposta perché sappiamo bene che Roberto Maroni, credendo di essere astuto, lavora per provocare i nostri buoni sentimenti, e dunque non vogliamo cadere nella sua rozza trappola e farci rubare i pensieri. Insomma a noi viene facile assimilare il bambino ai deboli, agli sfruttati, a tutte le altre vittime dell' umanità adulta. Ma contro l' indignazione i leghisti sono bene attrezzati. Dunque rispondono rinfacciandoci la paura della gente, agitano il valore della sicurezza, e ci eccitano perché vorrebbero che in risposta al loro razzismo scomposto noi santificassimo i rom, negassimo qualsiasi rapporto tra campi nomadi e criminalità, tra immigrazione e delitti. E invece non è in difesa dell' accattonaggio, né per esaltare la presunta bellezza esotica e imprendibile della zingara Esmeralda che protegge il povero gobbo di Notre Dame, non è insomma in nome della retorica rovesciata dei miserabili che noi diciamo a Maroni che prendere le impronte digitali a bimbi rom è un segno di inciviltà razzista, che neppure ci sorprende perché non è il primo, non è l' ultimo e purtroppo non sarà neppure il peggiore.
Il punto è che, insieme con l' ossessione di Berlusconi per la Giustizia, in questo governo c' è anche l' ossessione leghista per la sicurezza. Ma una cosa è il problema e un' altra cosa l' ossessione. Ebbene, incapace di risolvere il problema che lo ossessiona, Maroni vorrebbe che, per reazione, noi negassimo il problema. Invece noi gli ricordiamo che già il suo predecessore, il mite Giuliano Amato aveva segnalato che in tutte le comunità criminali sta crescendo, anche in Italia, l' uso orribile dei bambini. Ci sono, per esempio, le baby gang. E il libro Gomorra racconta di ragazzini utilizzati nelle vendette trasversali. E in Calabria sono in aumento gli omicidi compiuti da killer ragazzini pagati solo poche centinaia di euro. Ma che facciamo, ministro Maroni, schediamo tutti i bimbi calabresi?
Ecco perché non merita i nostri buoni sentimenti, il ministro Maroni. Perché non è vero che in Italia c' è un dibattito tra rigoristi cazzuti (loro) e lassisti rammolliti (noi). Maroni non c' entra nulla con il dibattito europeo, difficile e importante, tra il rigore e l' accoglienza. Nei Paesi più civili d' Europa la sicurezza, la serietà e la responsabilità non sono valori di destra. I socialisti francesi e spagnoli, i socialdemocratici tedeschi, i laburisti inglesi e, aggiungiamo, anche i sindaci italiani di centrosinistra hanno maneggiato con durezza l' argomento dell' immigrazione irregolare e della criminalità. Ma senza sparate comiziali, senza colpi di teatro razzisti, senza i paradossi, gli ossimori e le miserie culturali dei leghisti che - come dimenticarlo? - sono quelli che chiamavano gli immigrati di colore bingo bongo, che parlavano di musi di porco e teste scornificate, che invitavano la Marina "a sparare sulle carrette dei clandestini", e denunziavano l' Europa "in mano ai massoni, agli ebrei, ai musulmani e alle mafie degli immigrati". Perché dunque dovremmo stupirci che, arrivati al governo, vogliano prendere le impronte ai bambini rom? Da anni, ad ogni elezione nelle valli padane, i leghisti affiggono manifesti "giù le mani dai nostri bambini" appropriandosi appunto del vecchio pregiudizio razzista sul misterioso popolo dei ladri di neonati, agitando la leggenda della corte dei miracoli.
Si sa che in tutta l' Europa centrale, che registrava il tasso più alto di popolazione zingaresca, per ben tre secoli decreti e leggi furono emanati per "liberare" i bambini degli zingari dai loro genitori naturali, sino alla soluzione finale nazista e dunque all' internamento di adulti e pargoli. Ne furono sterminati più di cinquecentomila. Ebbene, oggi nel rilancio dell' antico pregiudizio con in più la certezza che i bambini rom non siano bambini ma complici, solo criminali in miniatura e dunque più pericolosi e più sfuggenti, c' è la vecchia idea che tutti i bambini del mondo sono allevati per ereditare «la scienza» di papà. E dunque: la criminalità è un destino che il bambino rom ritrova in fondo a se stesso come una roccia.
E va bene che il bambin Gesù non era rom, ma la chiesa che in Italia fonda la sua forza molto più sull' immagine dolce del bambinello che su quella del crocifisso, potrebbe almeno dire che i bambini non si toccano. La Chiesa sì che può (deve) permettersi i buoni sentimenti. Non era Gesù che voleva che lasciassero i bambini venire a lui? La Chiesa, che punisce e scomunica in materia di sesso e di scienza, perché tollera e accetta le volgarità dei leghisti contro i marginali e contro la gente da marciapiedi, contro i disperati dei semafori e dei campi, contro i loro bambini? La Chiesa, che è l' ecclesia dei naufraghi, dei diseredati e dei dannati della Terra, perché non interviene? Forse perché i bimbi rom non fanno beneficenza come il terribile boss della Magliana Renato De Pedis che - lo ha raccontato mercoledì Filippo Ceccarelli - è stato sepolto nel più esclusivo cimitero del Vaticano, "sarcofago di marmo bianco, iscrizioni in oro e zaffiro, l' ovale della foto" e "un attestato di grande benefattore dei poveri..., che ha dato molti contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana". I bambini rom, non avendo avuto la fortuna di essere educati da quel sant' uomo di De Pedis, sono rimasti ladruncoli e tutti infedeli, mentre Maroni, come De Pedis, si dichiara fervente cattolico.
Quando Berlusconi nominò Maroni all' Interno pensammo subito che aveva affidato l' Ordine al Disordine. Il ministero dell' Interno serve a controllare, appunto dall' interno, la tenuta unitaria del Paese contro tutte le cellule disgregative, tanto sociali (delinquenti) quanto politiche (eversori). Ebbene, si sa che la Lega secessionista è una subcultura politica che da più di venti anni attenta, per come può, all' unità del Paese e alla sua legge. Berlusconi, che pensa di essersi liberato del lavoro più sporco affidandolo al suo ministro-mastino, ha in realtà ceduto il controllo dell' eversione all' eversore da controllare. E Maroni, che nella Lega è il più pericoloso perché forse è il meno brutto e il meno ridicolo (ha fatto pure le scuole), sta usando gli aspetti più odiosi del ministero dello Interno - carcere, manette, impronte digitali - per sollevare nuvole di propaganda, per creare effetti placebo alla paura e alle emergenze sociali, in modo da guadagnare ancor più consenso all' eversione.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/06/27/031le.html

portad'europa


inaugurato monumento alla memoria dei morti nella traversata del mediterraneo.
almeno 10.000 in 10 anni secondo http://fortresseurope.blogspot.com/
una tomba d'acqua.
Il primo scoglio che avvistano dai barconi è l'ultimo promontorio dell'isola, una punta di roccia che nasconde un grande bunker della seconda guerra. L'Italia finisce qui, dopo c'è solo il mare. Su questa sporgenza che guarda a sud hanno "piantato" qualcosa per ricordarli per sempre, uno per uno. Neri e bianchi, islamici e cattolici, vecchi e bambini. Tutti i morti delle traversate del Mediterraneo. E' una porta puntata verso l'Africa. La contrada si chiama Cavallo Bianco, è attraversata da un sentiero polveroso che sale dal vecchio porto, scavalca una collina e si getta nel mare turchese. In bilico fra sassi e arbusti ecco la porta di Lampedusa, un monumento alla memoria dei migranti. E' alta quasi cinque metri e larga tre, disegnata e decorata da Mimmo Paladino, costruita con una speciale ceramica refrattaria in un laboratorio di Faenza e poi assemblata a Paduli. E' partita su un camion il 21 giugno, caricata su un traghetto a Porto Empedocle, ieri l'altro è arrivata a Cavallo Bianco e sarà ufficialmente scoperta dopodomani, sabato 28 giugno. Al tramonto. Quando calerà il sole, una processione partirà dalle vie del paese per arrampicarsi sul promontorio e sfilerà in onore dei morti del mare. Così Lampedusa ha deciso di celebrare tutti quelli che non sono mai riusciti a sbarcare su queste coste, annegati a qualche miglia da Malta o a qualche miglia da Tripoli.
Sono quasi tremila le vittime negli ultimi vent'anni ripescate fra le onde del Canale di Sicilia, secondo i numeri dell'Osservatorio Fortress Europe. E altri cinquemila i dispersi. L'ultima strage neanche tre settimane fa, il 7 di giugno. In centoquaranta non ce l'hanno fatta. Tutti partiti con un peschereccio fradicio da Al Zuwarah, al confine fra la Tunisia e la Libia. La porta di Lampedusa è orientata in quella direzione, dove c'è il villaggio di Al Zuwarah.
"Siamo venuti qui la prima volta con la bussola in mano", racconta Gian Marco Elia, fotografo che insieme a Arnoldo Mosca Mondadori e l'associazione
Amani - un'organizzazione non governativa a favore delle popolazioni africane - ha voluto "fare qualcosa" per ricordare i popoli del mare. Il progetto è nato dopo la scoperta del grande naufragio fantasma di Porto Palo, quello del Natale 1996. "Ci siamo accorti che in Sicilia non c'era nemmeno una lapide... così abbiamo pensato a Lampedusa", dice ancora il fotografo. Per Arnoldo Mosca Mondadori non ci sono stati dubbi sul luogo: "E' una cosa che andava fatta a Lampedusa... sono stati gli spiriti dei migranti a volerla". La porta è un dono dal maestro Mimmo Paladino, una società turistica palermitana ha contribuito con 35 mila euro alle spese, il consiglio comunale dell'isola ha votato all'unanimità per portare quel simbolo sulla punta di Cavallo Bianco. Per una volta nessuna incertezza, tutti d'accordo. Il più deciso è stato il sindaco Bernardino De Rubeis: "Noi lampedusani abbiamo sempre cercato di fare la nostra parte e continueremo così, è impossibile vivere in questa isola e dimenticare cosa accade da una parte del mondo che è così vicina alla nostra". Arrivano ogni giorno. A centinaia. Ogni estate di più. Ogni anno ventimila. Gli abitanti di Lampedusa sono 6270 compresi i 480 del piccolo comune di Linosa. E quasi millecinquecento sono i clandestini rinchiusi in un recinto in mezzo alle campagne dell'isola.
Il sindaco sarà alla testa alla processione di sabato. Con lui Lucio Dalla, Luca Carboni, Claudio Baglioni, Arnaldo Pomodoro, il sassofonista Sandro Cerino, l'imam di Agrigento, il cappellano del carcere minorile di Milano don Gino Rigoldi. Tutti con le loro torce a vento tra le mani, una fiaccolata che illuminerà il cielo di Lampedusa. Sull'isola è attesa una troupe di Al Jazeera che "immortalerà" il momento. La porta è rivestita da una ceramica, cotta a mille gradi, che assorbe luce e riflette luce. Di notte, anche quella della luna. Sarà come un faro per la gente in mezzo al mare. La sua anima è in ferro zincato. L'idea di un'opera che diventa monumento non è mai piaciuta a Mimmo Paladino. Però lui dice: "L'artista non dovrebbe celebrare ma raccontare. Ho provato a spiegare qualcosa che avesse a che fare con un esodo forzato, qualcosa di comprensibile a tutti i popoli". E aggiunge: "Per questo ho voluto la porta il più lontano possibile dal centro abitato e il più vicino possibile all'acqua e quindi all'Africa".