La nota del Governo sul rilevante "Trattato di amicizia e cooperazione Italia - Libia". (Il testo completo non è disponibile).
Di seguito approfondimenti vari sui preoccupanti scenari che è dato prevedere.
www.governo.it/Presidente/AttivitaInternazionale/dettaglio.asp?d=40143&pg=1%2C2015%2C2023&pg_c=1
www.governo.it/Presidente/AttivitaInternazionale/dettaglio.asp?d=40143&pg=1%2C2015%2C2023&pg_c=1
caro Gino, cari tutti,
ricambio il tuo articolo che centra effetivamente molte questioni, con qualche altro approfondimento sulla questione dei campi di detenzione in Libia e del grave tema della esternalizzazione delle frontiere esterne. per chi fosse interessato.
ricambio il tuo articolo che centra effetivamente molte questioni, con qualche altro approfondimento sulla questione dei campi di detenzione in Libia e del grave tema della esternalizzazione delle frontiere esterne. per chi fosse interessato.
Fortress Europe
Mappa dei centri di detenzione per migranti in Libia: http://fortresseurope.blogspot.com/
Rapporto monografico sulla Libia 2007 http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/download-libya-2007-report.html
Mappa dei centri di detenzione per migranti in Libia: http://fortresseurope.blogspot.com/
Rapporto monografico sulla Libia 2007 http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/download-libya-2007-report.html
Cespi
Position paper sui rapp. Italia-Libia: www.cespi.it/PDF/Pastore-Tripoli%2018-6-08_.pdf
www.roma-intercultura.it/links7-04/PASTORE%20SAGGIO.doc
Position paper sui rapp. Italia-Libia: www.cespi.it/PDF/Pastore-Tripoli%2018-6-08_.pdf
www.roma-intercultura.it/links7-04/PASTORE%20SAGGIO.doc
Da Gino:
In rete ho trovato qualche nota biografica del giornalista che ha scritto ieri su Avvenire un commento sul patto Berlusconi-Gheddafi.
"Andrea Gavazza. Giornalista. Si occupa di politica interna e internazionale, collaborando a varie testate. Studioso di filosofia della mente e neuroscienze, ne scrive come divulgatore".
Di solito non leggo l'Avvenire ma cercavo un punto di vista "umano" e attento ai diritti degli immigrati più che agli accordi "economico-petroliferi".
Aiutatemi voi a capire se l'ho trovato, io mi sento un po' smarrito!!!
In rete ho trovato qualche nota biografica del giornalista che ha scritto ieri su Avvenire un commento sul patto Berlusconi-Gheddafi.
"Andrea Gavazza. Giornalista. Si occupa di politica interna e internazionale, collaborando a varie testate. Studioso di filosofia della mente e neuroscienze, ne scrive come divulgatore".
Di solito non leggo l'Avvenire ma cercavo un punto di vista "umano" e attento ai diritti degli immigrati più che agli accordi "economico-petroliferi".
Aiutatemi voi a capire se l'ho trovato, io mi sento un po' smarrito!!!
MIGRANTI E DIRITTI - PASSO SIGNIFICATIVO ORA SI VIGILI SULL'APPLICAZIONE
Sarebbe un errore sottovalutare il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato ieri da Italia e Libia. L'accordo è rilevante per l'entità economica, la valenza politica, il profilo 'ideale', le conseguenze e i rischi sul fronte dei flussi migratori africani. Roma si impegna a versare 5 miliardi di dollari nei prossimi due decenni sotto forma di investimenti nel Paese: i 250 milioni l'anno serviranno a costruire un'autostrada costiera e alloggi civili, a finanziare borse di studio e pensioni d'invalidità per i mutilati dalle mine sepolte dal nostro esercito nel periodo coloniale.
L'intesa intende infatti «riconoscere i danni inflitti alla Libia», come ha sottolineato il premier Berlusconi, durante l'occupazione che si protrasse dal 1911 (guerra giolittiana contro la Turchia) al 1943 (quando fummo sconfitti dagli inglesi). Si tratta di un'ammissione di responsabilità, accompagnata da esplicite scuse, moralmente rilevante al di là delle dispute storiografiche sull'entità dei crimini commessi (alcuni accertati) durante la colonizzazione e dei dibattiti sulla responsabilità che i Paesi mantengono per gli atti di regimi passati.
Vi sono, ovviamente, anche ragioni pragmatiche che hanno spinto il nostro governo a chiudere «40 anni di malintesi» con il regime del colonnello Gheddafi. Il contenzioso ha avuto tappe dolorose, come l'espulsione di oltre 20mila connazionali da Tripoli e l'esproprio dei loro beni (caso non toccato dall'intesa, con le conseguenti, vibrate proteste degli interessati). Oggi il tema caldo è quello dell'immigrazione verso le nostre coste di migliaia di persone, vittime in gran parte di una tratta senza scrupoli sulla quale si è sempre sospettato, con qualche fondamento, lo stesso Gheddafi stringesse o allentasse la morsa per convincere le nostre autorità a chiudere il contenzioso. Le ultime tragedie nel canale di Sicilia, con decine e decine di annegati, non possono che far salutare positivamente l'avvio del già concordato pattugliamento congiunto delle rotte interessate, per scoraggiare le partenze e, si auspica, evitare altri naufragi senza soccorsi. «Combatteremo insieme contro i mercanti di schiavi», ha detto Silvio Berlusconi. E c'è da credere che, incassato il successo diplomatico e ottenuto il risarcimento, il governo libico si impegnerà nel contrasto degli scafisti criminali. Ciò che desta interrogativi sono le modalità con cui il giro di vite verrà compiuto. Il flusso di coloro che cercano fortuna in Europa è ampio e destinato a crescere. Dall'Africa subsahariana giungono sulle coste meridionali del Mediterraneo e di lì tentano l'avventurosa traversata. Se non potranno salpare, quale sarà il loro destino in Libia? Saranno espulsi o rimpatriati in modi rispettosi dei minimi standard umanitari? E alle frontiere sud come verranno bloccati o respinti? Non vorremmo che le vittime del mare si trasformassero, nel silenzio e lontano da ogni sguardo, in vittime del deserto.
Basterebbe, forse, che osservatori italiani avessero accesso a tutte le zone critiche, in attesa che il nuovo corso dissuada gli emigranti e, inevitabilmente, li porti a cercare nuove vie. Sempre che la piccola economia che s'è creata nei luoghi di transito non si trasformi in un altro ostacolo al rigore dei controlli e degli sbarramenti. Anche per questo la pratica degli accordi bilaterali dovrebbe essere estesa dalla Ue a tutti gli Stati rivieraschi, con un aumento della cooperazione allo sviluppo, per dare corpo a una politica davvero solidale ed efficace che cerchi di governare il fenomeno degli spostamenti di massa dovuti alla povertà.
Va infine ricordato che la stabilizzazione, si spera definitiva, dei rapporti tra Roma e Tripoli dovrebbe aprire le porte alle nostre imprese e darci accesso sicuro alle riserve energetiche di cui è ricco il sottosuolo di quello che improvvidamente venne definito «uno scatolone di sabbia». Un elemento geopolitico da considerare nel contesto di un raffreddamento dei rapporti con la Russia, primo fornitore di gas e petrolio della Ue. Resta solo discutibile la concessione simbolica di siglare l'intesa nell'anniversario del golpe militare che 39 anni fa portò al potere un Gheddafi per decenni sponsor del terrorismo e ancor oggi non certo campione di democrazia interna.
Sarebbe un errore sottovalutare il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato ieri da Italia e Libia. L'accordo è rilevante per l'entità economica, la valenza politica, il profilo 'ideale', le conseguenze e i rischi sul fronte dei flussi migratori africani. Roma si impegna a versare 5 miliardi di dollari nei prossimi due decenni sotto forma di investimenti nel Paese: i 250 milioni l'anno serviranno a costruire un'autostrada costiera e alloggi civili, a finanziare borse di studio e pensioni d'invalidità per i mutilati dalle mine sepolte dal nostro esercito nel periodo coloniale.
L'intesa intende infatti «riconoscere i danni inflitti alla Libia», come ha sottolineato il premier Berlusconi, durante l'occupazione che si protrasse dal 1911 (guerra giolittiana contro la Turchia) al 1943 (quando fummo sconfitti dagli inglesi). Si tratta di un'ammissione di responsabilità, accompagnata da esplicite scuse, moralmente rilevante al di là delle dispute storiografiche sull'entità dei crimini commessi (alcuni accertati) durante la colonizzazione e dei dibattiti sulla responsabilità che i Paesi mantengono per gli atti di regimi passati.
Vi sono, ovviamente, anche ragioni pragmatiche che hanno spinto il nostro governo a chiudere «40 anni di malintesi» con il regime del colonnello Gheddafi. Il contenzioso ha avuto tappe dolorose, come l'espulsione di oltre 20mila connazionali da Tripoli e l'esproprio dei loro beni (caso non toccato dall'intesa, con le conseguenti, vibrate proteste degli interessati). Oggi il tema caldo è quello dell'immigrazione verso le nostre coste di migliaia di persone, vittime in gran parte di una tratta senza scrupoli sulla quale si è sempre sospettato, con qualche fondamento, lo stesso Gheddafi stringesse o allentasse la morsa per convincere le nostre autorità a chiudere il contenzioso. Le ultime tragedie nel canale di Sicilia, con decine e decine di annegati, non possono che far salutare positivamente l'avvio del già concordato pattugliamento congiunto delle rotte interessate, per scoraggiare le partenze e, si auspica, evitare altri naufragi senza soccorsi. «Combatteremo insieme contro i mercanti di schiavi», ha detto Silvio Berlusconi. E c'è da credere che, incassato il successo diplomatico e ottenuto il risarcimento, il governo libico si impegnerà nel contrasto degli scafisti criminali. Ciò che desta interrogativi sono le modalità con cui il giro di vite verrà compiuto. Il flusso di coloro che cercano fortuna in Europa è ampio e destinato a crescere. Dall'Africa subsahariana giungono sulle coste meridionali del Mediterraneo e di lì tentano l'avventurosa traversata. Se non potranno salpare, quale sarà il loro destino in Libia? Saranno espulsi o rimpatriati in modi rispettosi dei minimi standard umanitari? E alle frontiere sud come verranno bloccati o respinti? Non vorremmo che le vittime del mare si trasformassero, nel silenzio e lontano da ogni sguardo, in vittime del deserto.
Basterebbe, forse, che osservatori italiani avessero accesso a tutte le zone critiche, in attesa che il nuovo corso dissuada gli emigranti e, inevitabilmente, li porti a cercare nuove vie. Sempre che la piccola economia che s'è creata nei luoghi di transito non si trasformi in un altro ostacolo al rigore dei controlli e degli sbarramenti. Anche per questo la pratica degli accordi bilaterali dovrebbe essere estesa dalla Ue a tutti gli Stati rivieraschi, con un aumento della cooperazione allo sviluppo, per dare corpo a una politica davvero solidale ed efficace che cerchi di governare il fenomeno degli spostamenti di massa dovuti alla povertà.
Va infine ricordato che la stabilizzazione, si spera definitiva, dei rapporti tra Roma e Tripoli dovrebbe aprire le porte alle nostre imprese e darci accesso sicuro alle riserve energetiche di cui è ricco il sottosuolo di quello che improvvidamente venne definito «uno scatolone di sabbia». Un elemento geopolitico da considerare nel contesto di un raffreddamento dei rapporti con la Russia, primo fornitore di gas e petrolio della Ue. Resta solo discutibile la concessione simbolica di siglare l'intesa nell'anniversario del golpe militare che 39 anni fa portò al potere un Gheddafi per decenni sponsor del terrorismo e ancor oggi non certo campione di democrazia interna.
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