12/06/12

Quando l'immigrato è una superstar

 

di Alex Bryson  , Giambattista Rossi  e Rob Simmons  12.06.2012
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1003092.html
 
I lavoratori immigrati sono pagati di più o di meno degli autoctoni che svolgono lo stesso lavoro o uno simile? Non è facile rispondere a questa domanda perché mancano dati specifici, che diano conto, per esempio, della produttività individuale. Un problema risolto in una recente ricerca con l'analisi della situazione dei calciatori stranieri presenti nelle squadre italiane nel periodo 2000-2008. Sono pagati decisamente meglio dei loro colleghi italiani. Ma sono comunque un buon affare per le società, in termini di tifosi allo stadio e di punti guadagnati.


Gli immigrati sono pagati di più o di meno degli autoctoni che svolgono lo stesso lavoro o uno simile? E se sono pagati in modo diverso, ciò è dovuto al loro essere immigrati oppure ad altre differenze tra lavoratori stranieri e autoctoni, per esempio i diversi livelli di produttività? Si tratta di una questione di cui nell'economia del lavoro si dibatte da molto tempo, ma che rimane sostanzialmente irrisolta per l'inadeguatezza dei dati.

UNA RISPOSTA DIFFICILE

La storia classica racconta di lavoratori immigrati pagati meno dei loro colleghi autoctoni, con un divario che però si riduce nel tempo grazie all'assimilazione nel paese ospite. Assimilazione che spesso implica l'apprendimento di abilità proprie del paese ospite, come le capacità linguistiche o il superamento di barriere per arrivare a praticare la professione per la quale gli immigrati hanno ricevuto una formazione nel loro paese di origine. (1) Tuttavia, di norma persiste una penalizzazione salariale ed è spesso attribuita a una discriminazione nel mercato del lavoro dovuta alle preferenze del datore di lavoro.
Ma la teoria economica non dice che necessariamente tutti gli immigrati debbano ricevere una paga più bassa rispetto agli autoctoni. Infatti, in un mercato globale caratterizzato da lavoro altamente qualificato, i datori di lavoro cercheranno di assumere i migliori talenti, indipendentemente dal fatto che siano immigrati o autoctoni. Possiamo aspettarci che i lavoratori di grande talento si trasferiscano solo se si presentano offerte molto vantaggiose, per le quali vale la pena lasciare il paese natale. Sembra dunque probabile che gli immigrati appartengano alla fascia più alta dello spettro delle abilità, e che per questo richiedano un premio rispetto agli autoctoni.
La maggior parte degli studi esistenti ha due grandi limiti, che rendono molto difficile capire se gli immigrati sperimentano una penalizzazione o un premio salariale.
Il primo è che mettono a confronto lavoratori con occupazioni diverse ed è perciò difficile stabilire se le differenze di salario riflettano lo status di immigrato o se invece siano dovute a differenze di occupazione o di capacità.
Il secondo limite è che gli studi tradizionali non indicano la produttività del lavoro a livello individuale, così non riescono a quantificare il contributo dato al divario salariale dai differenziali di produttività tra autoctoni e immigrati.
In un nostro lavoro, superiamo i problemi degli studi precedenti analizzando i differenziali salariali tra i calciatori professionisti in Italia. (2)
I calciatori immigrati e quelli autoctoni sono evidentemente sostituti gli uni degli altri e disponiamo di informazioni, a livello individuale, su quello che i giocatori fanno in ogni partita: possiamo dunque isolare gli effetti sui salari dello status di immigrato.

UN PREMIO SALARIALE PER GLI STRANIERI

Utilizzando i dati sui calciatori della Serie A e della Serie B italiane nel periodo 2000-2008, riscontriamo un sostanziale premio salariale per i calciatori stranieri rispetto ai loro colleghi autoctoni (italiani). Il divario grezzo – senza controllare per le differenze tra giocatori – è un enorme 62 per cento. Ma cala vistosamente quando si dà conto delle differenze per caratteristiche demografiche, posizione in campo e soprattutto produttività del lavoro sul campo, utilizzando venti misure, il più ricco insieme mai impiegato negli studi di performance dei calciatori. Un premio salariale tra un quarto e un terzo a favore del calciatore straniero è evidente perfino tra giocatori della stessa squadra ed è solo in parte spiegato dalla produttività individuale del lavoro.
Ne derivano due ovvie domande: primo, perché gli stranieri ricevono un premio? Secondo, le squadre italiane traggono vantaggi dal fatto di pagare uno stipendio più alto ai calciatori stranieri?
Ci sono due potenziali spiegazioni del premio salariale riservato ai giocatori stranieri. La prima è che i calciatori che migrano verso l'Italia sono “superstar”.
“Superstar” ha due significati specifici in economia. Sherwin Rosen definisce le superstar come lavoratori che sono più produttivi dei loro colleghi, mentre Michael Adler li definisce come i più popolari presso i consumatori, capaci dunque di attrarre un pubblico più ampio. (3) In entrambi i casi, le superstar tendono a manifestarsi in quei contesti dove la produttività o la popolarità di un individuo produce enormi guadagni per il datore di lavoro, come accade per gli sport o per gli eventi musicali trasmessi dalle televisioni, dove la produttività dell'individuo è moltiplicata esponenzialmente dal contesto tecnologico nel quale il lavoratore svolge la sua attività.
Il secondo potenziale motivo del premio salariale agli immigrati è che i lavoratori autoctoni accettano un taglio di stipendio per rimanere nel loro paese natale.
Il nostro studio mostra che il differenziale riflette in parte lo status di superstar dei lavoratori immigrati, ma riflette anche la preferenza dei lavoratori nazionali per un lavoro nella loro regione di origine. Tra gli italiani, quelli che giocano vicino al loro luogo di nascita soffrono di una penalità salariale particolarmente alta, e ciò fa pensare che rimanere “locali” sia un vantaggio per il quale quei calciatori sono disposti a sopportare un differenziale salariale compensativo. In alternativa, si potrebbe dire che questi giocatori sono costretti ad accettare un salario inferiore a causa del potere monopsonio del datore di lavoro, che invece non colpisce i lavoratori immigrati.
I club beneficiano dei talenti che migrano? La risposta è sì. Le nostre stime indicano che il contributo dei calciatori alle vittorie della squadra e alla presenza dei tifosi alle partite sono le determinanti fondamentali dei guadagni delle società. Possiamo arrivare a questo risultato guardando alle variazioni in termini di punti guadagnati e di numero di tifosi presenti agli incontri per ogni campionato rispetto al precedente per ciascuna squadra, mettendole poi a confronto con le variazioni nella quota di giocatori stranieri nella squadra. Il risultato è che un incremento dell’1 per cento nella deviazione standard della quota di stranieri comporta un aumento appena inferiore all’1 per cento del numero di tifosi presenti agli incontri. L’effetto sul numero di punti conquistati dalla squadra è di grandezza simile. Questi aumenti dei punti ottenuti e della presenza di tifosi in corrispondenza dell’incremento della percentuale di stranieri in squadra sono forti indicatori dello status di superstar degli stranieri.


(1) Dustmann, C. and F. Fabbri (2003), “Language proficiency and the labour market performance of immigrants in the UK”, Economic Journal 113, 324-F341.
(2)
Bryson, A., R. Simmons, and G. Rossi (2012), “Why Are Migrants Paid More?”, NIESR Discussion Paper No. 388 and CEP Discussion Paper No. 1134.
(3) Adler, M. (1985), “Stardom and talent”, American Economic Review 75, 208-212. Rosen, S. (1981), "The economics of superstars", American Economic Review 71, 845-858.

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