24/12/09

10 punti per una politica dell'immigrazione






Saggio di Massimo Livi Bacci, professore ordinario di demografia nell'Università di Firenze

Premessa
Con quasi quattro milioni e mezzo di stranieri regolari, e un numero imprecisato di irregolari, il paese è confuso. La crisi economica, il dibattito sulla sicurezza, le pulsioni xenofobe oscurano il quadro. Il PD è esitante tra la tentazione di non essere in "ritardo" sul tema della sicurezza e il richiamo della sua anima riformista e progressista. La destra procede con una politica contraddittoria, con gli assurdi irrigidimenti del "pacchetto sicurezza", temperati dalla scarsa volontà di applicarne le norme, e dalla recente sanatoria per colf e badanti.

Sintesi del saggio
       1) L'immigrazione – per motivi demografici, economici e sociali - è un fenomeno strutturale e, una volta usciti dalla crisi, ritornerà su alti livelli per qualche decennio;
       2) L'immigrazione deve essere legale; l'irregolarità può essere contrastata e compressa al minimo. L'attuale politica è una "fabbrica" di irregolarità, perché consente il fiorire dell'economia informale e sommersa che attrae lavoro nero; perché la normativa per l'accesso legale è rigida e impervia; perché i permessi sono troppo brevi, il loro rinnovo macchinoso e costoso. La destra securitaria alimenta, con la sua politica, l'irregolarità che dice di combattere.
     
3) L'irregolarità alimentata dagli sbarchi – che è minoritaria, perché la stragrande maggioranza degli irregolari arriva con normali visti eccedendo poi il limite massimo di permanenza consentita – è stata frenata dall'azione di Frontex e dall'accordo Italia-Libia, con intercettazioni in mare. Vi sono forti dubbi che "l'allontanamento" delle frontiere dalle coste verso il mare aperto determini una sostanziale violazione del diritto di asilo, impedendo di fatto la presentazione delle domande da parte di quella considerevole proporzione degli intercettati che ne hanno motivo e diritto. La politica deve farsi carico – anche mediante accordi internazionali – del rispetto sostanziale (oltre che formale) di questi diritti.
       4) Il numero degli irregolari (stimati in 700000 nel 2007) va contenuto, anche facilitandone l'emersione per canali alternativi (permessi per chi coopera nella lotta di contrasto allo sfruttamento; permessi per chi compie azioni di valore sociale e umanitario; permessi discrezionali per chi risulta bene integrato ecc), oltre ad incoraggiare i  rimpatri volontari (come da direttiva europea) che l'attuale normativa non consente.
       5) Un paese che esprime una domanda strutturale d'immigrazione non può pensare di soddisfare il fabbisogno con flussi di tipo temporaneo e "circolare", che presentano minori necessità d'integrazione data, appunto, la temporaneità dei soggiorni. Una buona parte dell'immigrazione è di lungo periodo o permanente e deve potere acquisire pieni diritti sociali, politici e, eventualmente, di cittadinanza. Le riforme devono riguardare lo snellimento delle procedure per ottenere la carta di soggiorno per "lungo residenti"; la concessione del voto amministrativo; l'accesso alla cittadinanza ai nati da residenti stranieri e ai minori cresciuti e formati in Italia; procedure più agevoli e meno discrezionali per l'acquisizione della cittadinanza.   
       6) L'attuale normativa sull'accesso legale al paese va riformata. Varie possono essere le proposte: l'ingresso con visto per ricerca di lavoro con sponsor istituzionale e certificato; l'ingresso con visto per ricerca di lavoro senza sponsor, ma con garanzia finanziaria, oppure, in alternativa, la trasformazione del permesso di soggiorno breve in permesso di soggiorno per lavoro (a determinate condizioni); agevolazioni per l'ingresso a investitori, risparmiatori, imprenditori; agevolazioni per persone con alti profili professionali.
       7) Va studiata e discussa una normativa sull'accesso legale profondamente diversa dall'attuale, il cui cardine è il mercato del lavoro. L'immigrato è – per prima cosa – una persona, che poi entra ed esce dal mercato del lavoro secondo inclinazioni, convenienze, meccanismi di mercato. All'immigrato va domandato "che persona sei" anziché "che lavoro sai fare"; egli deve essere ammesso in base al suo capitale umano, qualità, conoscenze, predisposizione e volontà di integrazione, relazioni familiari. Possono essere sperimentate "politiche a punti", per le quali il punteggio sia tarato sulla capacità di diventare una componente integrante – e positiva-  del paese.
       8 ) Una politica come quella delineata al punto precedente è apertamente selettiva, ma è trasparente e obbedisce a regole certe e condivise. Al contrario delle politiche correnti che sono  implicitamente selettive, con criteri arbitrari ed opachi. Essa va bilanciata con una maggiore ampiezza e generosità della politica dell'asilo e protezione umanitaria che – per definizione – non è mai selettiva.
       9) Questo promemoria non prende in considerazione, se non marginalmente, il tema delle politiche d'inclusione e integrazione degli immigrati, concentrandosi soprattutto sul tema dell'ammissione degli immigrati nel paese. Per quanto attiene al reperimento di risorse per l'integrazione, si propone l'istituzione di un Fondo per l'Integrazione, finanziato prevalentemente mediante una contribuzione da parte del datore di lavoro al momento della sottoscrizione di un contratto di lavoro o del suo rinnovo.
       10) Tra dieci anni, la popolazione straniera potrebbe raggiungere gli 8 milioni, una persona ogni 8. E' il fenomeno sociale più dinamico dell'inizio del millennio, che investe tutti i settori della società italiana. E' urgente che il PD elabori un convincente progetto politico per governarne la forza.

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