L’immigrazione come fattore di promozione del “made in Italy”.
Studio Confindustria-Prometeia: gli immigrati aiutano a esportare i prodotti del “bello e ben fatto”.
Fonte: immigrazioneoggi.it
L’immigrazione tra i fattori di sviluppo del made in Italy. È quanto emerge da uno studio Confindustria-Prometeia che pone l’internazionalizzazione dovuta ai migranti alla stessa stregua di iniziative promozionali come fiere, grande distribuzione oppure come fattori culturali quali il cinema.
Secondo la ricerca, dal titolo “Esportare la dolce vita”, la quota di mercato italiana sull’import di beni BBF (fascia medio-alta ad esclusione del lusso) nei mercati ad alto sviluppo nei 30 principali mercati emergenti era nel 2010 del 7,9%. Se questa quota restasse inalterata, nel 2017 le importazioni in quei Paesi aumenterebbero di 3,2 miliardi di euro, arrivando a 10,3 miliardi.
Le vendite italiane all’estero sono state di 51 miliardi di euro nel 2011, il 14% del totale delle esportazioni manifatturiere italiane. Il 36% viene dall’alimentare, il 32% dall’abbigliamento e tessile casa, il 14% dalle calzature e il 18% dai beni d’arredo. Nel 2017, si legge nel rapporto, ci saranno 192 milioni di nuovi ricchi in più rispetto al 2011, cioè persone con un reddito annuo superiore a 30mila dollari (a prezzi 2005 e a parità di potere d’acquisto), in grado di comprare beni belli e ben fatti. La metà dei nuovi ricchi risiederà nei principali centri urbani di Cina, India e Brasile ma la classe benestante si sta ampliando anche in Paesi più vicini all’Italia, dove la nostra quota di mercato nelle vendite di beni BBF è maggiore, come Russia, Turchia e Polonia.
Per aiutare le imprese italiane nel percorso di internazionalizzazione sono stati individuati sei principali veicoli di promozione: fiere e grande distribuzione, turismo e immigrazione, cinema e istruzione. Sono questi i motori per far conoscere “il bello e ben fatto”.
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