02/02/12

città senza dimora



Città senza dimora . 
L’indagine di Medici per i Diritti Umani (MEDU) sugli homeless. Sempre di più i rifugiati costretti a vivere sulla strada. 
Arriva in libreria Città senza dimora (vedi video di presentazione con la musica dell’Orchestra di Piazza Vittorio egalleria fotografica),  indagine sulle strade dell’esclusione prodotta dalle città italiane.
Un viaggio per cercare di conoscere e comprendere le storie, e ciò che sta dietro i percorsi di vita, delle migliaia di persone che a Roma e Firenze – le due città oggetto di questo studio -  vivono senza dimora, nella consapevolezza che il grado di equità e il progresso civile di una società si misurano soprattutto dalla capacità di proteggere e integrare le persone più vulnerabili. Ottomila persone a Roma, mille a Firenze secondo le stime di MEDU. Un fenomeno drammatico che, nel nostro Paese, ha assunto negli anni dimensioni sempre maggiori. Tra di essi sempre più giovani, migranti e rifugiati. Ma che cosa si intende con la nozione incerta di “senza dimora” ? Chi sono, soprattutto, le persone che MEDU ha cercato di raggiungere con questa indagine ? Tra di esse non vi sono solo coloro che, privi di qualsiasi sistemazione, vivono in strada, ma anche quelle persone accolte, con soluzioni provvisorie, in strutture di accoglienza pubbliche e private, o che si trovano in sistemazioni abitative marginali e inadeguate, fortemente al di sotto degli standard minimi. L’indagine è stata condotta nell’arco di sei mesi nei luoghi e negli insediamenti più significativi delle due città, a cui poi sono stati dedicati capitoli specifici del libro. A Roma gli operatori di MEDU  hanno visitato dodici aree tra cui le stazioni più importanti (Ostiense, Termini, Tiburtina, Tuscolana), la baraccopoli di Ponte Mammolo, l’occupazione dell’ex ambasciata somala. A Firenze sono state nove le zone raggiunte, tra cui le occupazioni dell’ex sanatorio Luzzi, dell’ex ospedale Meyer, e l’insediamento rom spontaneo di Via del Ponte di Quaracchi. Ma Città senza dimora (Infinito Edizioni) , oltre a essere un’indagine in forma di saggio sulle condizioni socio-sanitarie delle persone senza dimora, è anche una testimonianza diretta su chi nella strada cerca di sopravvivere. Testimonianza della parola - attraverso sei “racconti di strada” scritti dagli operatori e dai volontari di MEDU ed ispirati a storie reali particolarmente emblematiche - e  testimonianza delle immagini grazie agli scatti dei fotografi volontari che hanno accompagnato gli operatori di MEDU lungo tutti i percorsi dell’esclusione. Nel complesso, i volontari di MEDU – medici, infermieri, operatori di strada, mediatori – hanno effettuato 103 uscite e assistito 513 pazienti, effettuato oltre 600 visite mediche, fornito informazione ed orientamento ad oltre mille persone (vedi sintesi dei dati su Roma e Firenze). Tra di essi sempre più numerosi sono i rifugiati costretti a vivere in strada a causa delle gravi insufficienze dei servizi di accoglienza e di integrazione del nostro Paese, che, di fatto, creano nuovi homeless. A Roma oltre il 40% dei pazienti visitati da MEDU era costituito da richiedenti asilo, rifugiati o comunque profughi che transitano in Italia per fare richiesta d’asilo in qualche paese dell’Europa del Nord. Una caratteristica che accomuna tutti i rifugiati senza dimora è la giovane età. L’83 per cento dei migranti forzati assistiti da MEDU aveva  infatti meno di trent’anni, un’età media sensibilmente più bassa rispetto a quella della popolazione totale che vive sulla strada. Ma le conclusioni di questa indagine trovano un’efficace sintesi nelle parole di Esmeralda, senza dimora a Roma, che fanno giustizia di tante enunciazioni teoriche sull’universalità dei diritti che spetterebbero ad ogni persona: “La salute non è uguale per tutti”. Ed in effetti  le testimonianze di vita dei racconti e i risultati oggettivi del monitoraggio indicano con chiarezza la profonda distanza esistente oggi in Italia  tra il diritto alla salute, garantito sulla carta a tutte le persone, e la quotidiana negazione dei diritti fondamentali di chi vive senza dimora, italiano (i pazienti italiani assistiti sono stati il 10%) o straniero. Diritto alla salute negato ai giovani rifugiati che si trovano a vivere per le strade di Roma in condizioni igienico-sanitarie disastrose, diritto alla salute negato alla comunità rom di Ponte di Quaracchi a Firenze dove intere famiglie hanno vissuto per mesi  a contatto con l’amianto nel disinteresse generale da parte delle istituzioni, diritto alla salute negato per gli italiani con malattie psichiatriche che vivono senza dimora ed abbandonati a se stessi. Ecco allora che l’homelessness, la condizione del senza dimora, diviene una sorta di contenitore della  “cattiva coscienza” di una collettività e del suo sistema sociale e la strada il luogo fisico e figurato del disagio e del malessere della società e quindi il luogo più evidente, per chi lo voglia vedere, della negazione dei diritti fondamentali. Nella parte saggistica di Città senza dimora, ma anche in quella più propriamente narrativa, vengono presentati dati, formulate domande ed avanzate proposte in modo da fornire al lettore spunti di riflessione su una realtà multiproblematica di cui si vuole evidenziare la complessità e in cui le soluzioni a volte appaiono evidenti e spesso  sono tutte da trovare. 

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