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21/09/12
International Migration Outlook 2012
International Migration Outlook 2012
Summary in Italian
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10.1787/migr_outlook-2012-en
Prospettive sulle migrazioni internazionali 2012
Sintesi in italiano
Il rallentamento nella migrazione verso i Paesi OCSE, causato dalla crisi economica globale, sembra volgere al termine. Nel 2010, la migrazione verso i suddetti Paesi è diminuita per il terzo anno consecutivo, ma nel 2011 ha segnato una nuova ripresa nella maggior parte di essi. La migrazione dei lavoratori temporanei ha continuato a diminuire, seppure più lentamente, mentre il numero di persone che entrano nell’area OCSE per motivi di studio ha proseguito a crescere.
Alla luce di una ripresa ancora in stato embrionale e di un'opinione pubblica sensibile alle problematiche migratorie in un contesto di persistente ed elevata disoccupazione, molti governi hanno introdotto politiche maggiormente restrittive in materia di migrazione. I giovani migranti senza lavoro rappresentano altresì una particolare fonte di preoccupazione che necessita di un’azione di intervento mirata da parte dei governi.
Negli anni a venire, l’invecchiamento della popolazione nell’area OCSE avrà probabilmente un effetto significativo sulle tendenze migratorie, ma produrrà forse risvolti inattesi.
Nel contempo, non è chiaro per quanto tempo ancora la migrazione ad elevato tasso di specializzazione proveniente dall’Asia continuerà ad aumentare, giacché la domanda di manodopera altamente qualificata è in ascesa nelle economie in rapida crescita della regione.
La presente edizione di
Prospettive sulle Migrazioni Internazionali
osserva le tendenze e le politiche migratorie, nonché gli andamenti dell’occupazione tra i migranti. Alcuni capitoli speciali si soffermano sul modo in cui i mutamenti nel conseguimento scolastico e occupazionali incidono sulla migrazione e sul ruolo in evoluzione dell’Asia nell’ambito della migrazione internazionale.
Flussi migratori verso l’area OCSE
Nel complesso, i flussi migratori permanenti in entrata verso i 23 Paesi OCSE, più la Federazione Russa, hanno registrato un declino nel 2010, per il terzo anno consecutivo, tuttavia, la flessione è risultata nel complesso modesta (-3% rispetto al 2009) e il numero di migranti – oltre 4,1 milioni – ha sfiorato un picco maggiore rispetto a ogni periodo precedente al 2005 per il quale sono disponibili statistiche omogenee. I dati preliminari mostrano che in gran parte dei Paesi europei membri dell’OCSE, ad eccezione dell'Italia, oltreché in Australia e Nuova Zelanda, l’immigrazione ha iniziato a segnare nuovamente un aumento nel 2011 e il Canada ha registrato un declino significativo, a seguito delle cifre record del 2010.
I dati empirici concernenti l’aumento dell’emigrazione dall'Europa meridionale e dall’Irlanda sono ancora scarsi
All’interno dell’area OCSE, il 2011 è stato caratterizzato da un peggioramento delle condizioni economiche in alcuni Paesi dell'eurozona, in particolare Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna, che ha generato speculazioni su di un aumento nell'emigrazione. I riscontri disponibili ad oggi indicano che l’emigrazione da questi Paesi è in effetti aumentata, ma solo in misura modesta. I flussi migratori in uscita dei cittadini dei suddetti Paesi sono stati piuttosto esigui, ad eccezione dell'Irlanda, dove le barriere linguistiche all'emigrazione possono rappresentare un problema minore.
La libera circolazione e la migrazione per motivi di lavoro sono in calo…
Nel 2010, la migrazione dovuta alla libera circolazione, in forte flessione dal 2007, ha rappresentato il 20% di tutti i flussi migratori permanenti. A causa del calo nella domanda da parte dei datori di lavoro, la migrazione di manodopera è altresì andata diminuendo e ha rappresentato solo il 21% del totale. Nel complesso, la migrazione a scopo di ricongiungimento familiare è stata la principale categoria di ingresso nel 2010, con un 36% dei flussi (percentuale che sale al 45% se si contano le famiglie che accompagnano i lavoratori). La migrazione per ragioni umanitarie ha rappresentato solo il 6% dei flussi nella UE e il 13% negli Stati Uniti.
.. ma la migrazione dei lavoratori temporanei rimane significativa
La migrazione dei lavoratori temporanei tende a reagire con rapidità e decisione ai mutamenti nelle condizioni economiche: di fatto, essa ha registrato una brusca flessione nel 2008 e nel 2009, ma si è osservato solo un modesto calo, pari al 4%, nel 2010. La portata dei flussi di migrazione dei lavoratori temporanei si attesta ora a circa 1,9 milioni di individui, un dato significativamente maggiore rispetto agli 1,4 milioni stimati per la migrazione permanente per motivi di impiego.
Il numero degli studenti internazionali continua a crescere …
In contrasto alla migrazione dei lavoratori permanenti e temporanei, il numero degli studenti internazionali ha continuato a crescere nel 2009, aumentando del 6% per raggiungere i 2,6 milioni nei Paesi OCSE e nella Federazione Russa. L’Australia ha sostituito la Francia quale terza destinazione principale dopo Stati Uniti e Regno Unito. Gli studenti internazionali rappresentano in media oltre il 6% di tutti gli studenti nei Paesi OCSE e da Cina e India insieme partono un totale pari al 25% di studenti, che costituiscono un’importante fonte di futura migrazione di lavoratori.
… mentre i dati sui richiedenti asilo rimangono stabili
Nel 2010, gli arrivi di persone che chiedono asilo nei Paesi OCSE si attestavano ad un livello leggermente inferiore rispetto al 2009 e molto al di sotto degli elevati numeri osservati al volgere del nuovo millennio. La crisi economica non ha pertanto portato ad aumenti importanti nelle richieste di asilo. La Francia è rimasta il Paese che ha accolto il maggior numero di richiedenti asilo nel 2010, seguita da Stati Uniti e Germania. Il principale Paese di provenienza nel 2010 è stato la Serbia, seguita da Afghanistan e Cina. Nel 2011, questa tendenza è stata ribaltata da un aumento di oltre il 20% nelle domande di asilo, principalmente a seguito della “Primavera Araba” e delle crescenti richieste provenienti dall’Afghanistan.
La Cina rappresenta quasi il 10% dei flussi migratori
Nel 2010, la Cina è stata ancora una volta il principale Paese di origine dei flussi migratori verso l’OCSE, essendo cittadino cinese quasi un migrante su dieci, seguita da India, Polonia e Romania – ciascuno con una quota pari al 5% del totale.
I migranti sono i soggetti maggiormente colpiti dalla perdita dei posti di lavoro a causa della crisi
La recessione economica ha colpito duramente e quasi immediatamente gli immigrati nella maggior parte dei Paesi OCSE. I riscontri empirici indicano che, nel complesso, l'impatto della crisi economica sulla disoccupazione è risultato più pronunciato per i migranti che per gli individui nati in loco. In generale, nell'area OCSE, il tasso di disoccupazione tra gli individui nati all'estero è aumentato di quattro punti percentuali tra il 2008 e il 2011, rispetto ai 2,5 punti per le persone del posto. Ancor più preoccupante è l’aumento nella disoccupazione di lungo periodo tra gli immigrati. Nella maggior parte dei Paesi, i migranti raggiungono una quota compresa tra il 14 e il 30% della percentuale di aumento nella disoccupazione totale di lungo periodo, un dato che, in gran parte dei casi, si attesta molto al di sopra della loro presenza nel totale degli occupati.
La crisi ha colpito diversi gruppi di migranti sotto diversi aspetti: in gran parte dei Paesi, le donne immigrate hanno subito minori ripercussioni rispetto agli uomini nati all’estero; in numerosi Paesi, un numero crescente di donne immigrate ha iniziato a lavorare per compensare le perdite di reddito sofferte dagli uomini immigrati. In termini di livelli di specializzazione, i lavoratori nati all’estero poco qualificati sono stati maggiormente colpiti rispetto a quelli in possesso di qualifiche medie e alte, un fatto non solo legato alle differenze nella distribuzione dell’occupazione per settore, ma anche al tipo di lavori svolti (spesso temporanei) e al minore grado di anzianità, che implica minori costi di licenziamento per i datori di lavoro.
I giovani immigrati sono particolarmente vulnerabili...
L’aumento, tra il 2008 e il 2011, nella percentuale di giovani che non studiano, non lavorano né seguono corsi di formazione (not in education, employment or training – NEET)- un indicatore della “disoccupazione” tra i giovani- è stato particolarmente marcato tra i migranti, un aspetto particolarmente evidente in Grecia, Irlanda, Italia, Spagna e Svezia. Nella maggioranza dei Paesi, l’incidenza di occupazione temporanea è inoltre aumentata in misura maggiore per i lavoratori giovani nati all’estero che per le rispettive controparti nate in loco o gli adulti nati all’estero (in età compresa tra 25 e 54 anni). Similmente, in alcuni Paesi, la percentuale di occupati a tempo parziale sul totale dell’occupazione è aumentata maggiormente per i giovani immigrati che per i giovani del posto.
… e necessitano di interventi di risposta adeguati e immediati
Sia durante la crisi che durante la ripresa, l’adozione di misure d'intervento specifiche per aiutare i giovani a trovare e mantenere un posto di lavoro è ancora più importante per i nati all’estero con scarse qualifiche, che sono vittime di una combinazione di svantaggi (livelli di qualifica bassi, scarsa padronanza della lingua, accesso limitato alle reti), che sono maggiormente esposti al rischio di disoccupazione futura e che risentiranno con maggior probabilità di una riduzione del reddito totale durante la loro vita lavorativa (il cosiddetto effetto "cicatrice").
I governi rivedono le politiche in materia di migrazione...
Nel biennio 2010-2011, si è osservato in numerosi Paesi un passaggio a politiche in materia di immigrazione maggiormente restrittive, in risposta alle mutate condizioni economiche e alla crescente sensibilità del pubblico sulle problematiche migratorie. I nuovi governi hanno inasprito i controlli sulle procedure di immigrazione e ristretto le possibilità di immigrazione di lungo periodo per i migranti con scarse prospettive di impiego. Più in generale, molti governi hanno rivisto le rispettive liste sulle figure professionali richieste e sui programmi di lavoro temporanei e sottoposto i datori di lavoro a maggiori controlli. I sistemi a punti per l’ammissione sono diventati maggiormente modulati sulla domanda e i canali dettati dall’offerta più restrittivi.
… incluse le politiche di integrazione
L’integrazione continua a rappresentare una priorità fondamentale per le politiche dei Paesi OCSE in tema di immigrazione. I Paesi hanno adottato un’ampia gamma di iniziative legate all’integrazione, che spaziano dalla realizzazione di strategie nazionali di ampio respiro al perfezionamento e alla messa a punto dei piani di azione e dei programmi di integrazione esistenti. Il centro dell’attenzione oscilla altresì tra gli immigrati già inseriti e i nuovi arrivati. Una tendenza comune tra queste misure di intervento è quella di assegnare priorità all’integrazione nel mercato del lavoro e di rafforzare gli aspetti formativi dell’integrazione, ivi incluso l’insegnamento della lingua.
L’impatto dell’invecchiamento demografico sulla migrazione
L’invecchiamento demografico e il ruolo che la migrazione ricopre nel fare fronte a questa sfida non si riducono semplicemente alla questione del numero di nuovi lavoratori in grado di sostituire quelli che vanno in pensione. Se si esamina il contributo della migrazione alle trasformazioni all’interno della forza lavoro, anziché i mutamenti nella popolazione in età lavorativa, in termini di livelli di istruzione e occupazione, risulta chiaro che il mercato del lavoro evidenzia un’evoluzione troppo rapida perché i soli squilibri demografici costituiscano un indicatore affidabile delle future esigenze occupazionali.
Il conseguimento scolastico dei nuovi ingressi nella forza lavoro è risultato molto più alto rispetto a quello dei lavoratori che sono andati in pensione nel periodo compreso tra il 2000 e il 2010. I nuovi immigrati hanno mostrato livelli di istruzione compresi tra quelli dei nuovi ingressi nella forza lavoro e quelli dei lavoratori in via di pensionamento, con una percentuale di lavoratori in possesso di un grado di istruzione più elevato tra i nuovi immigrati che tra i soggetti prossimi alla quiescenza. Nella maggior parte dei Paesi, i nuovi ingressi ricoprono, tuttavia, un ruolo maggiormente significativo nel mantenimento della dimensione della forza lavoro piuttosto che nell’innalzamento delle qualifiche.
Ci si interroga altresì su quali saranno i tipi di occupazione disponibili in futuro e sulle qualifiche che saranno necessarie rispetto ai lavori e alle competenze del passato. Nel corso del decennio, i nuovi immigrati hanno rappresentato il 15% degli ingressi nelle occupazioni in forte crescita in Europa e il 22% negli Stati Uniti e ricoprono, pertanto, un ruolo significativo nelle sezioni più dinamiche dell’economia, anche in condizioni in cui gran parte della migrazione non è stata dettata dalla domanda, ma un numero più elevato di immigrati è entrato ad occupare le posizioni caratterizzate da un più forte declino: 28% in Europa e 24% negli Stati Uniti. In alcuni Paesi, il dato è significativamente più elevato per i lavori meno qualificati, con il rischio di produrre una segmentazione del mercato del lavoro.
La crescente importanza della migrazione dall’Asia verso l'area OCSE...
A metà degli anni 2000, i migranti provenienti dall’Asia rappresentavano il 17% di tutti i migranti in età superiore a 15 anni nei Paesi OCSE e il 30% dei flussi migratori in entrata nel 2010 sono venuti dalla regione. Dall’Asia, in particolare da Cina e India, ha inoltre origine una considerevole percentuale di migrazione qualificata verso i Paesi OCSE: nel breve periodo, è probabile che il continente in questione continuerà a rappresentare un’area chiave nella fornitura di manodopera altamente qualificata; nel più lungo periodo, tuttavia, di pari passo allo sviluppo del continente asiatico, i lavoratori qualificati aumenteranno di numero, ma verranno altresì favorite le condizioni per farli rimanere sul territorio e per attrarre tale tipologia di forza lavoro da altre parti del mondo.
… e le sfide future per i sistemi di migrazione dei lavoratori nel continente asiatico
In Asia, la gestione della migrazione dei soggetti con minori qualifiche è difficile per l'elevata eccedenza di manodopera e le scarse opportunità che spesso portano a frequenti episodi di corruzione nell'ambito del reclutamento pubblico del personale e crescenti costi di migrazione per gli individui con minori livelli di istruzione, nonché ad aspettative elevate riguardo la percentuale di reddito prodotto all'estero. Alcuni programmi come il Programma di Permessi di Lavoro della Corea (Employment Permit Scheme -EPS) hanno avuto un esito positivo nell'affrontare tali sfide. Al contempo, i Paesi di origine guardano alle Filippine come a un modello di integrazione della manodopera in eccedenza nel mercato globale del lavoro in settori diversi, verso destinazioni diverse e con diversi livelli di qualifiche, tutelandone allo stesso tempo i diritti. In considerazione del fatto che la domanda di migranti con qualifiche basse rimane esigua nei Paesi di destinazione che fanno parte del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gulf Co-operation Council -GCC) e dell'OCSE, nonché all'interno della stessa Asia, la possibilità di un'espansione significativa dell'offerta di questo tipo di migrazione rimarrà circoscritta.
In futuro, i Paesi asiatici dovranno affrontare altresì alcune sfide, tra cui gestire la migrazione per motivi familiari e di matrimonio, ma anche mettere a punto strategie di integrazione maggiormente onnicomprensive, allorchè l'insediamento, o quantomeno la più lunga permanenza, per i migranti con qualifiche sia elevate che basse diventeranno più frequenti.
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