Vita da «clandestina» tra ospedali e ambulatori
Viaggio in Italia di una donna africana malata Un caso esemplare La vicenda di Aisha è considerata un caso esemplare, dal quale trarre linee guida per una più efficace medicina delle migrazioni
Quell' ambulatorio per immigrati, Aisha (nome e luogo sono inventati, ma la storia è vera) non l' ha mai visto prima. Arriva nella sala d' attesa e si guarda intorno smarrita. Di prassi, dovrebbe prendere il suo numerino di carta e attendere l' infermiera addetta all' accoglienza. Ma è molto diversa da tutti gli altri pazienti. I suoi occhi si muovono inquieti e pieni di paura. Esce dalla sala e ci rientra, in continuazione. Le sue labbra sussurrano parole impercettibili. Ha dentro qualcosa di molto importante da dire, è evidente, ma si trattiene. L' infermiera le si avvicina e comincia a parlarle. Cerca di spiegare che ha bisogno di una serie di dati, per compilare la scheda personale. Aisha la guarda e non capisce. Ma i pazienti sono tanti e bisogna fare in fretta, perciò l' infermiera si rivolge al medico. Non che vada meglio. Bisogna chiamare il mediatore culturale che purtroppo, però, non parla la lingua di Aisha. D' altronde in Italia vivono stranieri che provengono da circa 200 Paesi e si esprimono in altrettante lingue e dialetti. Allora, facendo uno strappo alla privacy, si cerca in sala d' aspetto qualcuno che la possa comprendere. Solo a quel punto Aisha tira fuori dalle tasche dei fogli stropicciati e un po' sporchi: un permesso di soggiorno, un codice Stp (straniero temporaneamente presente), la carta d' identità, e poi un referto di un pronto soccorso di una settimana prima. Le lettere un po' sbiadite danno un nome alla sua malattia: «Bronchite acuta con lombalgia. Terapia con antibiotico e riposo di 7 giorni. Ecografia addome. Visita ortopedica. Controlli periodici». Peccato che lei non abbia fatto nulla di quanto richiesto. Non sapeva leggere quelle parole importanti per la sua salute. Ha messo le carte in tasca ed è andata via. Il medico dell' ambulatorio per immigrati la visita e decide per il ricovero in ospedale. Aisha lo rifiuta. Con gli immigrati capita spesso. Fa capire a gesti e a parole che non può fermarsi. Ha bisogno di lavorare. Forse ha anche paura di essere denunciata dai medici, anche se l' obbligo è stato revocato, e lei ha i documenti in regola. Dopo tre quarti d' ora di colloquio e di mediazione, con l' intervento anche di un altro dottore, la donna accetta di farsi ricoverare. E riesce anche a raccontare la sua storia, drammatica. Aisha era partita qualche mese prima dal suo paese natale, in Africa, per raggiungere il marito emigrato in Europa, da clandestino come lei. Non sa dove sia di preciso. Dice solo: «Al Nord». Non è sola, Aisha. Sul barcone che la traghetta verso le coste Italiane assieme a tanti altri connazionali, lei porta il suo bambino. Il piccolo non ce la fa a sopportare il viaggio massacrante. Muore e viene buttato in mare. Una tragedia nella tragedia. Lei si ammala e, una volta sbarcata in Sicilia, finisce in ospedale. La diagnosi parla di malattia polmonare severa con notevole immunodepressione. Nel nuovo letto d' ospedale qui al Nord, adesso, Aisha non vuole prendere le medicine, nè fare gli esami del sangue, nè mangiare il cibo italiano, e piange sempre. Il suo campanello suona in continuazione e crea non poche difficoltà. Da musulmana osservante, prega cinque volte al giorno e in qualche modo ostacola il lavoro. A un certo punto abbandona persino l' ospedale, all' insaputa di medici e infermieri. Non va molto lontano, però. Dopo tre giorni ritorna, ma è in coma. I medici riescono a salvarla. La curano e Aisha si riprende sotto tutti i punti di vista e così viene dimessa. Dovrà però andare negli ambulatori indicati per proseguire la terapia e i controlli. In realtà, lei si immerge di nuovo nella clandestinità e svanisce nel nulla. Qualche giorno dopo, da un' altra città del Nord arriva una telefonata all' ambulatorio degli immigrati: «Avremmo una paziente ricoverata qui da noi. Voi la conoscete, si chiama Aisha. È un caso un po' complicato: non vuole prendere i farmaci e ci crea qualche problema. Possiamo trasferirvela subito?». Stessi sintomi, per Aisha. E la «giostra» della sanità riparte. Bruttomesso Gianluca
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