Dall’organismo quattro raccomandazioni ai Paesi ricchi: lavorare per le pari opportunità, favorire l’integrazione, promuovere l’immigrazione per lavoro per contrastare quella irregolare e procedure semplificate per le “naturalizzazioni”.
Fonte: immigrazioneoggi.it
È il 2011 l’anno in cui l’immigrazione riprenderà a crescere all’interno dei Paesi Ocse dopo il rallentamento seguito alla crisi economica.
L’indicazione è contenuta nel rapporto
2011 International Migration Outlook, uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico presentato ieri a Bruxelles.
Il documento, oltre a presentare una serie di dati che mettono in relazione i trend economici globali con i flussi migratori, chiede ai governi di adottare quattro raccomandazioni per “gestire” i flussi.
In primo luogo, va spiegato al pubblico che gran parte dei migranti è ben integrata nell’economia e nella società. Sostenere il contrario limita la possibilità per i migranti e per i loro figli di godere di pari opportunità. Al secondo posto c’è l’ampliamento della cooperazione tra l’Ocse e i Paesi d’origine e di quella tra i governi e i datori di lavoro. Questa mossa renderebbe più facile l’assunzione di immigrati regolari, ridurrebbe il flusso di immigrazione illegale e aumenterebbe le opportunità economiche nei Paesi in via di sviluppo. La terza raccomandazione dell’Ocse riguarda gli sforzi a favore dell’integrazione, che va considerata come un investimento a lungo termine e non come un costo a breve. Quarto e ultimo punto è dare a tutti una chance. La naturalizzazione dovrebbe essere facilitata per garantire parità di diritti per tutti.
Complessivamente, spiega il documento, l’immigrazione internazionale nei paesi Ocse è calata del 7 per cento nel 2009 rispetto al 2008, con un flusso che dopo dieci anni di crescita ininterrotta è sceso dai 4,5 milioni di unità del 2008 ai 4,3 dell’anno successivo. Causa principale del calo nel numero di immigrati è la minore domanda di prestazioni di lavoro dovuta alla crisi globale. Gli effetti più marcati, secondo lo studio dell’Ocse, si avvertono nei Paesi asiatici e in cinque Paesi europei: Italia, Svizzera, Irlanda, Repubblica Ceca e Spagna. Nettamente in calo anche il flusso migratorio intereuropeo, sceso del 22 per cento nel 2009. Questi dati, che dovrebbero essere confermati anche per quanto riguarda il 2010 e il 2011, non devono comunque far pensare a un trend generale: “L’offerta di lavoro per gli immigrati crescerà di nuovo”, ha assicurato il segretario generale dell’Ocse Angel Gurría, che ha presentato lo studio a Bruxelles assieme ai commissari europei agli Affari sociali e agli Interni Laszlo Andor e Cecilia Malmström. “La globalizzazione e l’invecchiamento delle popolazioni rendono certa questa previsione. I governi però devono sviluppare maggiormente canali legali per accogliere gli immigrati nel mercato del lavoro e incoraggiare un utilizzo migliore delle loro specializzazioni”.
Il declino del flusso migratorio – spiega l’Ocse – è principalmente dovuto al calo delle opportunità d’impiego, con i giovani immigrati come principali vittime della crisi. I settori più colpiti, invece, sono stati le costruzioni, i servizi finanziari e la distribuzione. Al contrario, è cresciuta l’occupazione nei campi dell’istruzione, della salute e dei servizi domestici. Il minore tasso di occupazione maschile – osserva lo studio – è stato parzialmente compensato da un incremento della presenza di donne immigrate nel mercato del lavoro. Un altro dato significativo è l’alto numero di immigrati che si fanno imprenditori. Secondo il rapporto, gli stranieri avviano una nuova attività più frequentemente dei nativi e spesso impiegano un gran numero di persone. Di conseguenza, secondo l’Ocse, i governi devono eliminare ogni ostacolo specifico alla nascita di imprese da parte degli immigrati per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro.
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