Chi e’ in pericolo di vita va soccorso e chi è sopravvissuto va tutelato, non indagato
A
pochi giorni dalla strage di Lampedusa, mentre e’ in corso il recupero
delle salme, ancora in fondo al mare e con negli occhi le immagini di
decine delle bare allineate delle vittime, l’ASGI esprime grandissime
perplessità di fronte al comportamento della procura di Agrigento che ha
iscritto nel registro degli indagati tutti i sopravvissuti per il reato
di ingresso irregolare di cui all’art. 10 bis del Testo Unico
Immigrazione.
Si tratta di un atto dovuto, sostiene la Procura, sino a che il reato non verrà eliminato dal nostro ordinamento.
Davvero sfugge il senso di attivarsi con tale celerità per criminalizzare soggetti che hanno vissuto una così immane tragedia,
quando già appare evidente che gli eventuali procedimenti che si
dovessero aprire nei confronti dei rifugiati sono destinati a
concludersi con una sentenza di non luogo a procedere, visto che essi
hanno diritto a forme di protezione internazionale. Si
evidenzia inoltre come non può affatto essere considerato irregolare
l’ingresso di coloro che sopravvivono ad un naufragio, sprovvisti dei
requisiti formali per l’ingresso se presentano tempestivamente domanda
di asilo alle autorità perché in tali ipotesi la condotta appare lecita fin dall’inizio.
Ad ogni modo anche l’evidente assurdità di detta situazione mette in luce ancora una volta come sia
inderogabile l’eliminazione dal nostro ordinamento del reato di
immigrazione irregolare, norma del tutto insensata e di dubbia
conformità con il diritto dell’Unione, che ha inutilmente moltiplicato processi inutili e colpito proprio i soggetti più deboli e bisognosi di aiuto.
Alla luce delle dichiarazioni riportate
dalla stampa da parte di alcuni rappresentanti politici, sebbene non vi
siano al momento in cui scriviamo indagini per favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina verso coloro che hanno preso parte alle
operazioni di soccorso, ci sembra importante ricordare che, se venissero
avviate, ciò costituirebbe un vero e proprio assurdo giuridico:
si indagherebbero infatti soggetti che hanno operato per indiscutibili
finalità di soccorso, e che dunque possono senza alcun dubbio invocare
la scriminante dello stato di necessità, dimenticando che, a norma
dell’art. 12, co. 2, T.U. Immigrazione non costituiscono reato le
attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei
confronti degli stranieri in condizione di bisogno comunque presenti nel
territorio. Le disposizioni, pure pessime, della legge Bossi-Fini qui
non c’entrano quindi nulla: non vi è infatti alcuna disposizione della
legge che imponga di indagare i soccorritori; al contrario i principi
generali del diritto penale indicano chiaramente la liceità (se non la
doverosità) di ogni azione di soccorso di soggetti in pericolo di
vita.Quanto meno discutibile risulta invece che non venga aperta alcuna
indagine per valutare se vi siano state o meno omissioni o gravi ritardi
nei soccorsi, che si configurerebbero invece quali gravissimi reati
qualora risultassero accertate (dall’omissione di soccorso, all’omicidio
mediante omissione).
L’ASGI auspica che la Procura di
Agrigento non contribuisca a trasmettere il messaggio, disumano, oltre
che giuridicamente errato, che l’ordinamento tutela chi non interviene a
salvare persone a rischio di morte, e punisce chi fa il proprio dovere,
sul piano etico e giuridico; ciò avrebbe possibili gravissime
conseguenze sulle modalità di comportamento di chi, in futuro, si
troverà a dover scegliere se intervenire o meno in situazioni analoghe.
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