29/10/10

Quanto vale un burundese? - L'espresso


Alessandro Capriccioli
Attorno agli ottomila euro, circa un decimo rispetto alla vita di un italiano. Proprio così: la sentenza che ha ridotto il risarcimento ai familiari di un lavoratore morto «perché era albanese» si basa su una tabella ufficiale del ministero. Che ha effetti agghiaccianti

(26 ottobre 2010)


La notizia è di ieri: un giudice del tribunale di Torino ha deciso
che per stabilire l'ammontare del risarcimento danni da
corrispondere ai familiari di un morto sul lavoro occorre fare
riferimento al reale valore del denaro nell'economia del paese ove
costoro risiedono.

Nel caso di specie, poiché si trattava di un lavoratore albanese,
il giudice ha ritenuto di utilizzare come parametro legale il
coefficiente di conversione della parità di potere d'acquisto tra
Italia e Albania contenuto nella tabella di cui al Decreto del
Ministero del Lavoro del 12 maggio 2003, pari a 0,3983: posto pari
a 72.300 euro il risarcimento che spetterebbe a ciascun genitore
italiano di una persona morta sul lavoro, e tenuto conto che nella
circostanza il giudice ha attribuito al lavoratore deceduto un
concorso di colpa del 20%, il risarcimento dovuto ad ognuno dei
suoi genitori è venuto fuori dal semplice calcolo che segue:

72.300 X 80% X 0,3983 = 23.038

oltre, naturalmente, agli interessi legali sull'importo dovuto,
che hanno portato il risarcimento definitivo a circa 32.000 euro.

Bene, sono andato a ripescarmi la tabella a cui ha fatto
riferimento il giudice nella sentenza, e ho provato a calcolare
quanto sarebbe dovuto, utilizzando lo stesso criterio ed
ipotizzando per comodità un concorso di colpa del danneggiato
analogo a quello in esame, a ciascun genitore di un morto sul
lavoro proveniente da altri paesi, per i quali il coefficiente di
conversione è ancora più basso di quello relativo all'Albania.

Supponiamo, ad esempio, che si trattasse di un lavoratore dello
Sri Lanka, paese per il quale il coefficiente di conversione è
pari a 0,2501: in tal caso la somma dovuta a ciascuno dei suoi
genitori, fatti salvi gli interessi legali, sarebbe stata pari a:

72.300 X 80% X 0,2501 = 14.466

Un po' pochino rispetto a un lavoratore italiano, vero? Ma c'è di
peggio. Se il lavoratore fosse stato dell'Uganda il coefficiente di
conversione da utilizzare sarebbe stato pari a 0,1834, e quindi
ancora più basso rispetto a quello del suo collega cingalese, con
la conseguenza che se l'incidente mortale sul lavoro fosse capitato
a lui a ciascuno dei suoi genitori sarebbe andata la somma
di:

72.300 X 80% X 0,1834 = 10.608

Siamo, ne converrete, su un livello molto basso: eppure ci sono
casi ancora peggiori. Se si fosse trattato di un lavoratore
proveniente dal Burundi il tasso di conversione sarebbe stato
appena 0,1342, con la conseguenza che il risarcimento dovuto a
ciascuno dei suoi genitori in caso di morte sul lavoro sarebbe
stato pari a:

72.300 X 80% X 0,1342 = 7.762
Capito? Secondo il criterio utilizzato a Torino la vita di un
essere umano, per il solo fatto che costui proviene da un paese
sfigato, può valere meno di ottomila euro, ammesso e non concesso
-circostanza non scontata, visti i livelli della mortalità dei
paesi in via di sviluppo- che gli sia rimasto almeno un genitore
vivo.

Ditemi la verità: non provate anche voi un brivido gelido di
terrore?

Nessun commento:

Posta un commento