02/10/10

quei necessari nuovi italiani

di Giampiero Della Zuanna 
Le previsioni demografiche degli anni Ottanta indicavano come probabile un invecchiamento insostenibile e una rapida diminuzione della popolazione italiana, con conseguenti gravi problemi sociali ed economici. Non è accaduto, perché negli ultimi trent'anni sono entrati in Italia milioni di giovani cittadini stranieri. E tutto fa pensare che il meccanismo di rimpiazzo della popolazione continuerà. Perché neppure la crisi fermerà l'afflusso dei nuovi italiani.
Secondo le previsioni demografiche degli anni Ottanta, il crollo della fecondità e l’incremento della sopravvivenza adulta e anziana avrebbero potuto generare un invecchiamento insostenibile e una rapida diminuzione della popolazione italiana, con conseguenti gravi problemi sociali ed economici. Ciò non è accaduto, perché negli ultimi trent’anni sono entrati in Italia milioni di nuovi giovani cittadini stranieri.

GENITORI E FIGLI D’ITALIA
I 3 milioni e 800mila italiani che avevano 28-32 anni nel 1985 (per semplicità i “genitori”) hanno avuto “solo” 3 milioni di bambini. Tuttavia, nel 2015 vivranno in Italia almeno 3 milioni e 800 mila persone di 28-32 anni (per semplicità i “figli”), di cui almeno 800mila figli di genitori stranieri (figura 1). Gli immigrati stanno sopperendo alle mancate nascite dell’ultimo trentennio, garantendo dunque il rimpiazzo delle generazioni nate negli anni Cinquanta e Sessanta.
Fonte: Francesco Billari e Gianpiero Dalla Zuanna: Replica ai commenti sul libro “La rivoluzione nella culla”, Polis, XXIV, 1, 2010, pp. 143-148.
GIOVANI IN VENETO
Alcuni recenti dati dettagliati sull’occupazione giovanile illustrano bene questi meccanismi di replacement migration. (1)
Nel quinquennio 2004-08 gli occupati dipendenti esordienti con meno di 30 anni del settore privato del Veneto sono stati, in media, 65mila l’anno. È la quasi totalità della nuova occupazione giovanile generata dal sistema produttivo della Regione, perché difficilmente il primo lavoro proveniva dal sistema pubblico o era di tipo autonomo. Di questi 65mila nuovi posti di lavoro, 43mila sono stati occupati da giovani italiani e 22mila da giovani stranieri. Venticinque anni prima, negli anni 1979-83, nel Veneto sono nati ogni anno 43mila bambini, quasi tutti di nazionalità italiana, con una fecondità media di 1,41 figli per donna. Se nel 1979-83 i genitori veneti avessero avuto un numero di figli sufficiente per rimpiazzarli, ossia 2,10 figli per donna, nel Veneto sarebbero nati 64mila bambini l’anno: quelli sufficienti a coprire, venticinque anni dopo, il fabbisogno di lavoratori. Invece, queste 21mila “nascite mancate” sono state sostituite, venticinque anni dopo, dall’ingresso nel mercato del lavoro di altrettanti giovani stranieri.
Grazie alla replacement migration, il declino di popolazione ci è stato risparmiato. (2) Ma cosa accadrà in Italia nei prossimi decenni? Tutto fa pensare che il meccanismo di rimpiazzo della popolazione continuerà. Nei prossimi venti anni, i nuovi sessantenni italiani saranno 850mila l’anno: sono i figli del baby-boom, nati nel 1951-70. Nello stesso ventennio 2011-30, se non ci saranno immigrazioni, i nuovi ventenni saranno ogni anno 570mila. Ogni anno si ripeterà quanto è accaduto nell’ultimo decennio, ma con un “deficit” demografico ancora più accentuato: 280mila persone l’anno in meno nella fascia di età 20-59 anni. Nello stesso periodo, nei paesi in via di sviluppo – se non ci saranno emigrazioni – la popolazione in età 20-59 aumenterà di 60 milioni di persone ogni anno. Non dovrebbe essere difficile trovare, in questo immenso “esercito di riserva”, 300mila persone disposte a trasferirsi, ogni anno, nel bel paese là dove il sì sona, mantenendo gli stessi ritmi immigratori del primo decennio del Ventunesimo secolo.
La vera incognita è un’altra: l’Italia continuerà a creare lavoro? L’impatto occupazionale della crisi è stato durissimo, specialmente per i giovani. Lo stesso Rapporto 2010 di Veneto Lavoro ci dice che nel 2009 i giovani occupati esordienti nel Veneto sono stati appena 44mila, ossia 21mila in meno della media annua del quinquennio precedente. Di questi nuovi occupati, 26mila sono stati gli italiani (16mila in meno), 18mila gli stranieri (solo 5mila in meno). In questa fase della crisi, nel Veneto, e probabilmente in tutto il Centro-Nord Italia, è stato più facile trovare lavoro per un giovane straniero che per un giovane italiano. Si tratta di un caso, oppure gli imprenditori – nei momenti di difficoltà – preferiscono la manodopera straniera, più flessibile e meno costosa? Se questo è vero, neppure la crisi fermerà l’afflusso di questi nuovi italiani.
(1)Regione del Veneto. Rapporto 2010 di Veneto Lavoro, Franco Angeli, Milano, 2010, p. 51.
(2)Francesco Billari e Gianpiero Dalla Zuanna: La rivoluzione nella culla. Il declino che non c’è, Università Bocconi Editore, Milano, 2009.

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