Giovani, in Italia da circa due anni, pendolari, con un debito di decine di migliaia di euro: l’identikit delle vittime di tratta nigeriane in Italia secondo Isoke Aikpitanyi.
Fonte: immigrazioneoggi
Presentata ieri, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, una indagine sulla realtà sommersa delle nigeriane vittime della tratta in Italia.
Ieri in occasione della Giornata mondiale contro la violenza delle donne, Isoke Aikpitanyi, già autrice del libro Le ragazze di Benin City, edito nel 2007, ha presentato una indagine unica nel suo genere: tre nigeriane, ex vittime della tratta, hanno avvicinato oltre 1.000 nuove “vittime” per somministrare loro un questionario che potesse fare capire meglio la realtà sommersa della prostituzione nel nostro Paese.
Con il supporto del Dipartimento pari opportunità, di esperti e di tutte le ragazze dell’Associazione vittime ed ex vittime della tratta, sono stati raccolti 500 questionari interamente compilati, avvicinando più di mille ragazze in ogni regione d’Italia.
L’immagine che ne è risultata è piuttosto allarmante: le ragazze nigeriane costrette a prostituirsi nel nostro Paese sono giovani, in Italia da circa due anni, pendolari, con un debito di decine di migliaia di euro, spesso con alle spalle un aborto praticato “in casa”. Il campione contattato dall'autrice ha perlopiù tra i 18 e i 25 anni (79,8%), mentre il 16% è costituito da under18 e solo il 4,2% da over 25. Il 44% di loro è arrivato in Italia tra il 2008 e il 2009: più della metà ha affrontato un viaggio in nave e poco più della metà di loro (297 ragazze) quando ha accettato di partire non sapeva che avrebbe dovuto prostituirsi. Delle 500 ragazze, 347 hanno il permesso di soggiorno, in larga parte ottenuto tramite matrimonio.
Impressionante la cifra del debito con gli sfruttatori: il 75% deve pagare tra 60 mila e 50 mila euro. Quasi la totalità (397 ragazze) consegna la quota alla maman. Secondo la ricercatrice oggi ci sono in Italia da duemila a settemila maman ma “il numero però supera le 10 mila se si pensa che il problema non è di oggi soltanto. Attorno alla maman, poi, ci sono le collaboratrici”. È proprio a casa delle mamam che molte si prostituiscono – anche se la maggior parte continua a farlo in strada o a casa propria – ed è sempre lì che “oltre il 50% delle vittime ha abortito almeno una volta e molto spesso lo ha fatto in casa, con le terribili modalità imposte dalle maman (pastiglie velenose, pratiche fisiche...), scrive Isoke.
Molte ragazze conoscono i vari servizi antitratta ma non vi si sono mai rivolte. Cresce tuttavia la pratica spontanea del mutuo-aiuto: tra le ex vittime cresce la percezione di essere utili ad altre, soprattutto giovanissime, che non riescono a liberarsi.
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1 anno fa
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