E' stato raggiunto l' "accordo di liberazione e residenza in cambio di lavoro" per i circa 250 rifugiati eritrei rinchiusi nel carcere libico di Brak nei pressi di Seba, nel sud della Libia. Lo ha dichiarato il ministro della Pubblica Sicurezza libico, Younis Al Obeidi. Tale accordo, firmato con il ministero del Lavoro libico, consentirà agli eritrei rinchiusi a Brak, di uscire in cambio di "lavoro socialmente utile in diverse shabie (comuni) della Libia". Per il ministro dell'Interno Roberto Maroni non è dimostrato che alcuni degli eritrei siano stati respinti dall'Italia verso Libia.
"Se si chiede all'Italia di svolgere una missione umanitaria in Libia per questi eritrei - ha osservato Maroni - il ministro degli Esteri Frattini valuterà, ma noto che da parte dell'Europa e delle Nazioni Unite non ci sia stato alcun interessamento e questo è singolare ed incredibile: penso che le istituzioni europee debbano interessarsi e non solo chiedere a noi di farlo". Il ministro rifiuta poi l'argomento che l'Italia debba trattare con la Libia perché ha un accordo bilaterale con Tripoli. "Noi - ha ricordato - abbiamo accordi bilaterali con 30 paesi nel mondo e non è che se firmiamo un accordo dobbiamo intervenire noi nel caso succeda qualcosa in uno di questi paesi".
Ma l'Italia sarebbe comunque pronta ad accogliere alcuni dei 250 cittadini eritrei attualmente in Libia a determinate condizioni. Lo ha detto il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi parlando con i cronisti a margine della sua audizione presso la commissione Esteri del Senato. "Già nel 2009 abbiamo accettato una procedura di resettlement per 67 cittadini eritrei e se anche in questo caso si ripresentassero le medesime condizioni, il governo italiano farà la sua parte", ha assicurato la Craxi. "Ci aspettiamo che lo stesso facciano anche altri stati dell'Ue", ha aggiunto.
aggiornamento manuale e quadro della normativa
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8 anni fa
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