24/07/10

i più colpiti dalla crisi

Sono gli immigrati i più colpiti dalla crisi. Presentato il rapporto della Commissione di indagine sull’esclusione sociale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
A Napoli si registra uno “spostamento sommerso” di immigrati che perdendo lavoro nelle regioni del nord diventano irregolari.


La crisi economica ha avuto, negli ultimi due anni, un carattere “selettivo”, ossia ha colpito “quelli che erano già i poveri, i giovani e gli immigrati”, soprattutto nel Meridione: è quanto emerge, in sintesi, dalle 200 pagine del Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale presentato ieri a Roma dalla Commissione di indagine sull’esclusione sociale (Cies).

Il Rapporto, che aggrega dati da diverse fonti ufficiali aggiornati ai primi mesi del 2010, dimostra che nel 2009 il Pil italiano è diminuito del 5% e che nel biennio 2008-2010 sono stati persi 600.000 posti di lavoro (420.000 nel solo 2009, considerato “l’anno nero della crisi”). È calato anche il numero delle ore lavorate (-5%) ed aumentato il ricorso alla cassa integrazione (il 12% delle ore lavorate). Il tasso di occupazione generale, al 57,5% è ulteriormente calato dell’1,2% confermandosi come “il peggiore in Europa”. Il maggior calo occupazionale si è registrato nel Meridione, e i più colpiti sono stati i giovani (-6,3% di occupati), soprattutto i “figli” che vivono a casa con i genitori e gli stranieri (-2,5%).


In particolare, da un approfondimento su tre aree urbane – Roma, Napoli e Torino – emerge come la situazione degli stranieri sia stata la più difficile.
Nella Capitale la Commissione parla di un progressivo incremento degli immigrati sul totale dei senza lavoro: si va infatti dal 9,3% del 2007 al 13,5% del 2008 fino al 16,6% del 2009, con una forte prevalenza per la componente maschile (+85,9%), composta in maggioranza da lavoratori che hanno perso la precedente occupazione.
A Napoli – dove la popolazione straniera è più che raddoppiata nell’ultimo decennio e risulta molto alta la presenza irregolare – ai tradizionali flussi migratori si è aggiunto recentemente il flusso di migranti provenienti da altre regioni italiane (prevalentemente del Nord) costretti dalla crisi delle aree originarie di destinazione (e dunque dal fallimento del proprio “progetto migratorio”) a ripiegare verso il Sud, dove il minor costo di beni primari, dell’abitazione e degli affitti, unito a una maggiore “informalità” delle relazioni sociali e a un minore controllo del territorio, sembrano offrire condizioni di esistenza comunque difficilmente accettabili ma quantomeno possibili. Si tratta – secondo il Rapporto – di un “sommerso spostamento” dai territori con tessuto sociale più forte, ma anche più “costoso”, ad aree territoriali economicamente e socialmente più fragili, ma caratterizzate da costi e da livelli di controllo più limitati.
Una situazione confermata dai dati provenienti da Torino ove si registra una diminuzione del 20% nell’ultimo anno di assunzioni di lavoratori stranieri.
La flessione della domanda di lavoro straniera è rilevabile con più forza laddove, come nella provincia di Torino, le attività industriali assumono maggiore rilevanza. In particolare, sono i bacini della cintura torinese a maggiore vocazione industriale quelli in cui la popolazione immigrata sperimenta le maggiori difficoltà. Il fenomeno è particolarmente evidente anche nel settore dell’edilizia, dove circa la metà dei lavoratori sono stranieri.

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