20/11/11

Tito Boeri: immigrati utili, ecco le mie proposte
I NUOVI ITALIANI  di Corrado Giustiniani









Nel libro "Le riforme a costo zero" l'economista lancia l'idea di permessi pluriennali per i talenti, concorsi pubblici aperti agli stranieri, il pagamento di una cauzione e contributi più pesanti per chi vuole lavorare in Italia.

Gli immigrati possono dare una forte spinta alla crescita della nostra economia. Ne è assolutamente convinto Tito Boeri, professore di economia all'Università Bocconi e animatore dal 2002 del sito www.lavoce.info, laboratorio di proposte e di dibattito economico ad altissimo livello. In un libro appena uscito, Le riforme a costo zero, scritto assieme all'economista torinese Pietro Garibaldi, (Chiarelettere Editore, pagg.160, 13 euro). Boeri dedica proprio all'immigrazione la prima di dieci proposte per tornare a crescere, raccomandate a dirigenti e classe politica in un momento in cui la leva della spesa pubblica ci è preclusa.

Si tratta, in estrema sintesi, da un lato di attirare talenti attraverso permessi di soggiorno pluriennali per studenti universitari e di dottorato, riconoscendo titoli di studio e professionali acquisiti all'estero, e dall'altro, per chi viene da noi direttamente per cercare lavoro, di imporre il pagamento di una cauzione all'ingresso, assieme alle impronte digitali. Una proposta simile venne già lanciata in passato da questo blog.

A giudizio di Boeri, gli immigrati possono elevare il capitale umano di cui disponiamo per tre ragioni. Primo: hanno un soddisfacente livello di istruzione. In particolare fra quelli che hanno istruzione terziaria il tasso di emigrazione è cinque volte superiore rispetto a chi ha solo una licenza media inferiore. Possono dunque trasferirci capitale umano, aumentare ad esempio il numero di medici e ingegneri, senza che ne sopportiamo i costi della formazione.

Secondo: fanno lavori che noi non vogliamo fare più, liberando risorse degli italiani in altri settori. Si pensi ad esempio a quanto le colf aiutano, e sempre più aiuteranno, le donne italiane ad elevare i loro bassissimi tassi di partecipazione al lavoro, sgravandole dalla cura della casa. E lo stesso dicasi per gli anziani, che saranno sempre di più. Negli Usa in dieci anni nel settore domestico si sono creati 10 milioni di posti di lavoro, rispetto ai 5 creati nel comparto impiegatizio e operaio. Terzo: hanno una maggiore propensione degli italiani alla mobilità, a spostarsi per cercare un posto, fattore che aumenta la produttività media del lavoro ed è una spinta alla crescita del paese che li accoglie.

Ciò detto, la nostra politica dell'immigrazione va totalmente ripensata. Indifferenziata, non fa nulla per attirare cervelli, ed è sempre e comunque sterilmente repressiva. I più discriminati sono gli immigrati con livelli di istruzione più elevati che, secondo uno studio della Fondazione Rodolfo De Benedetti, guadagnano circa il 30 per cento in meno degli italiani. Facciamo di tutto per farli andare via.

Paradossale il caso delle migliaia di studenti che sono venuti a fare in Italia un dottorato di ricerca, magari dopo aver ottenuto una borsa di studio del nostro paese. Li trattiamo come i clandestini di Lampedusa. Il loro  permesso di soggiorno è di un anno soltanto, debbono continuamente rinnovarlo,nell'inferno della burocrazia. E, quando sono qui, non possono spostarsi in altri paesi Schengen per approfondire le loro ricerche, andare a seminari e conferenze. Né verifichiamo se hanno superato un numero minimo di esami annuali.

Proposta di Boeri: “Chi emigra per ragioni di studio e vuole iscriversi a un corso di laurea e a un dottorato dovrebbe poter godere di un permesso di soggiorno-studio valido per tutta la durata del corso. Occorrerebbe anche garantire a chi ha completato il corso un periodo di tempo sufficiente per cercare lavoro. Oggi non si va al di là di un anno dalla durata del corso di studi”. Troppo poco. Altre misure da attuare: rimuovere l'impossibilità di accedere ai concorsi pubblici, chiaramente discriminatoria, e dare slancio al riconoscimento dei titoli conseguiti all'estero. Mentre un po' per tutti la durata dei permessi dovrebbe essere più lunga (oggi è al massimo di due anni). In alcuni casi di particolare merito scolastico, bisognerebbe arrivare a concedere la cittadinanza italiana.

Quanto poi all'immigrazione generale, è “impensabile” che gli stranieri vengano reclutati direttamente nel paese d'origine, come prevede la Bossi Fini. Ci vuole un incontro diretto, sul posto: “La fiducia non si trasmette via Internet” osserva Boeri, che però non apprezza nemmeno l'istituto dello sponsor, lanciato dalla legge del centro-sinistra Turco-Napolitano. “Non è in generale possibile chiamare e sponsorizzare gli immigrati quando ancora non sono arrivati qui da noi”. Non basta un curriculum vitae. Ci sono siti, come monster.com, che ne raccolgono milioni, ma poi chi assume vuole vedere l'interessato e parlargli.

Gli immigrati da reclutare debbono essere già fra noi. Ma non come overstayers. Debbono essere qui in piena regola. Chi fa domanda dovrà depositare, assieme a impronte digitali e copia del passaporto, una congrua somma di denaro all'atto del suo ingresso del paese, che verrà restituita solo nel caso in cui l'immigrato ritorni al suo paese d'origine. In questo modo, fra l'altro, l'immigrato eviterebbe di versare i soldi alla criminalità organizzata, per poter venire. Boeri chiama questi “programmi di immigrazione temporanea” (Sergio Briguglio invece aveva usato l'espressione “permesso per ricerca di lavoro”). La cauzione potrà trasformarsi in un montante della sua pensione, nel caso resti a lungo a lavorare in Italia.

Per questi lavoratori bisognerà versare (loro stessi e i loro datori di lavoro) contributi a quanto è dato di capire più pesanti, perché commisurati al rischio di rimanere disoccupati, due-tre volte maggiore fra gli immigrati che fra i lavoratori italiani. In cambio, anche loro dovrebbero poter accedere ai sussidi di disoccupazione. La differenza di costo dei contributi sarebbe un modo per ridurre le fonti di avversione che molti cittadini provano nei confronti degli immigrati.

Quanto alla lotta alla clandestinità, secondo Boeri la si conduce, molto più efficacemente, non con controlli e pattugliamenti alle frontiere, ma con puntuali ispezioni sul posto di lavoro. L'immigrato entra una volta, ma va a lavorare tutti i giorni. Potenziare al massimo l'attività ispettiva su norme di sicurezza, pagamento di contributi, minimi salariali, servirebbe oltretutto a debellare la piaga del lavoro nero.

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