29/03/12

L’immigrazione non comunitaria in Italia

Should I Stay or should I go? 
L’immigrazione non comunitaria in Italia
Cinzia Conti* & Salvatore Strozza**
Fonte: neodemos.it


Allargamento dell’Unione europea e libera circolazione dei suoi cittadini sono due eventi che nel 2007 hanno contribuito in modo significativo a rafforzare la distinzione tra migrazioni interne all’area comunitaria e migrazioni provenienti dai cosiddetti Paesi Terzi, cioè da Stati esterni all’Unione. Per l’Italia l’esempio maggiormente esplicativo è quello della Romania, principale Paese di provenienza degli immigrati, che aderisce all’Ue dall’inizio del 2007: dopo alcune settimane, i suoi cittadini beneficiano della libera circolazione non avendo più bisogno del permesso per vivere nel Belpaese.

Nonostante queste novità degli ultimi anni, l’immigrazione di cittadini non comunitari continua a essere di grande rilievo, specie in alcune realtà italiane. Al 1° gennaio 2011 i cittadini non comunitari erano più di 3 milioni e mezzo (ISTAT), poco meno dei tre quarti del totale degli stranieri registrati in Italia. Si tratta di una presenza composita per caratteristiche e progetti migratori. “Should I stay or should I go?” recitava una vecchia canzone degli anni Ottanta. Così l’immigrazione da Paesi non comunitari sembra sospesa tra una componente ormai stabile sul territorio e un’altra, invece, ancora instabile e, in alcuni casi, stagionale. Questo tipo di situazione appare destinato a essere rafforzato dall’attuale indirizzo politico seguito sulle migrazioni di cittadini non comunitari. È stato difatti annunciato che non ci sarà un decreto flussi per  il 2012 e che gli unici ingressi preventivati saranno quelli di lavoratori stagionali.
Chi resta: sempre meno presenze a termine?
ingrandisci contistrozzamarzo.jpgL’immigrazione non comunitaria non deve essere considerata più instabile di quella comunitaria. L’Istat ha diffuso per la prima volta il dato sui soggiornanti di lungo periodo. Ormai quasi la metà dei cittadini non comunitari regolarmente presenti in Italia (oltre 1 milione e 600 mila, il 46% del totale della popolazione non comunitaria regolarmente soggiornante) ha un permesso a tempo indeterminato (Prospetto 1). Appare questo un indubbio segnale della stabilizzazione della presenza sul territorio, e forse è anche una indicazione da non trascurare del livello della qualità di vita raggiunto da molte delle persone immigrate. La normativa vigente prevede, infatti, che lo straniero per richiedere un permesso di soggiorno di lungo periodo, oltre ad essere in Italia da almeno cinque anni, abbia un reddito e un alloggio considerati adeguati per vivere nel nostro Paese. Deve inoltre superare un test di conoscenza della lingua italiana o comunque attestarne la padronanza.
Per quanto riguarda la graduatoria delle collettività che usufruiscono maggiormente di questa particolare tipologia di soggiorno non ci sono differenze significative da quella relativa al totale dei soggiornanti. I Marocchini precedono gli Albanesi a cui seguono nell’ordine Cinesi, Ucraini e Tunisini. Solo questi ultimi guadagnano tre posizioni in graduatoria e arrivano a superare anche i Moldavi, che rappresentano la collettività di più recente insediamento con un incremento relativo importante negli ultimi anni.
Tra i soggiornanti di lungo periodo, come nelle attese, il rapporto tra i sessi risulta, per tutte le nazionalità, più equilibrato rispetto a quanto riscontrato tra i titolari di un permesso “a termine”, unica eccezione è quella degli Ucraini che proprio tra i lungo soggiornanti fanno registrare una prevalenza femminile ancora più ampia di quella già notevole osservata tra gli altri connazionali. Anche la quota di minori è di 10 punti percentuali più elevata rispetto a quella rilevata tra i possessori di un permesso a termine. L’importanza dei minorenni è particolarmente ampia tra gli Egiziani (36,7%), i Tunisini (35,6%) e i Marocchini (33,4%), gruppi nazionali con una più lunga storia migratoria verso l’Italia e con una fecondità più elevata rispetto a quella osservata per molte altre comunità immigrate. Tra i lungo soggiornanti appare maggiore anche la proporzione di coniugati (48,7% contro 40%), divario ancora più ampio tra i maggiorenni e ulteriore segnale di come tale collettivo assuma sempre più i caratteri di una popolazione stanziale.
La percentuale di soggiornanti di lungo periodo sul totale dei soggiornanti va dal 31,6% delle Isole al 51,3% del Nord-est . Nel Nord-ovest si attesta intorno al 48%, arriva quasi al 43% al Centro e sfiora il 38% al Sud. Anche se in generale si registra un’incidenza generalmente più elevata nelle aree del Centro-Nord, la distribuzione territoriale dei soggiornanti di lungo periodo non coincide completamente con quella dei soggiornanti con permesso con scadenza. Le regioni che registrano le incidenze più elevate di lungo soggiornanti sono nell’ordine: Trentino-Alto Adige, Veneto e Marche che si collocano tutte oltre il 50%. Non sono le grandi province a registrare le quote più elevate. Al contrario in alcune province relativamente piccole come Bolzano, Biella, Pistoia, Sondrio e Gorizia la quota di soggiornanti di lungo periodo supera il 60%. Invece, per le province di Roma, Napoli e Firenze tale incidenza risulta molto al di sotto della media nazionale. Anche Milano con il 43,4% si colloca sotto la proporzione media. Si può ipotizzare che la vivace dinamica migratoria che interessa i grandi centri, dimostrata dalla centralità delle province di Roma, Napoli e Milano per i nuovi flussi (sia in termini assoluti, sia in termini relativi), con continui ricambi di popolazione, comporti una minore rilevanza relativa della componente stabile della presenza non comunitaria. Si tratta di ulteriori indizi a favore dell’ipotesi secondo la quale in molti casi i grandi centri urbani fungano principalmente da poli di richiamo e di primo insediamento, anche per la presenza di più fitte reti formali e informali di sostegno e accoglimento, ma che spesso il radicamento sul territorio passi attraverso lo spostamento in realtà demografiche di minori dimensioni in cui costi più contenuti dell’abitazione e dei servizi possano assicurare migliori condizioni di vita e maggiori possibilità di integrazione.
Non mancano i nuovi arrivi
ingrandisci contistrozzamarzo2.jpgA questa presenza ormai stabile sul territorio continuano ad affiancarsi nuovi arrivati. In Italia durante il 2010 sono stati rilasciati quasi 600 mila nuovi permessi di soggiorno (Prospetto 2), di cui circa 22 mila per lavoro stagionale.
Le prime cinque collettività per numero di ingressi sono le stesse che hanno il primato per numero di presenze, tuttavia le due graduatorie non coincidono perfettamente poiché tra i nuovi ingressi guadagnano terreno i Cinesi e gli Ucraini rispetto agli Albanesi che figurano solo al quarto posto. Sono le collettività tra il quinto e il settimo posto a far registrare la dinamica più accentuata: per Moldova, India e Pakistan si registra il valore più elevato del rapporto tra il numero di nuovi ingressi e quello del totale dei soggiornanti (rispettivamente 29,8, 26,7 e 23,0%), evidenziando una dinamica che trova conferma anche nelle variazioni registrate dallo stock di popolazione.
I Pakistani, che sono al settimo posto per nuovi arrivi, si piazzano solo al tredicesimo nella graduatoria per numero di soggiornanti. Si tratta di una collettività che, negli ultimi anni, ha visto crescere notevolmente la sua presenza in Italia passando da quasi 52 mila ad oltre 90 mila soggiornanti nell’ultimo triennio (tra inizio 2008 e 2011). Situazione opposta è quella dei Filippini che figurano tra i primi dieci gruppi nazionali per presenze regolari, ma sono molto più indietro in graduatoria per numero di nuovi ingressi. La crescita dei Filippini è stata difatti più contenuta nell’ultimo periodo, sia in termini assoluti sia in termini relativi, passando da quasi 106 mila presenze ad inizio 2008 a poco meno di 137 mila tre anni dopo.
A livello territoriale il Mezzogiorno continua ad essere principalmente terra di passaggio per i migranti che arrivano anche nelle regioni del Sud, ma si stabilizzano poi, come visto in precedenza, soprattutto nelle aree del Centro-Nord, in particolare nelle province del Nord-Est.
Il futuro: più domande che risposte
Il futuro dell’immigrazione in Italia di cittadini non comunitari è ovviamente difficile da prevedere, come quello di qualsiasi forma di migrazione così dipendente da una molteplicità di fattori di spinta e di attrazione. Non solo per questa ragione sembra opportuno spostare l’attenzione dai flussi migratori alle popolazioni immigrate. In questo modo è possibile mettere in luce alcuni dei nodi cruciali sui quali si giocherà la partita dell’integrazione degli immigrati e dei loro discendenti che vivono in Italia. Un dato di partenza su cui riflettere è il numero di minori non comunitari nati in Italia: sono circa 420 mila, due terzi del totale dei minorenni non comunitari. Ammesso che non ci siano mutamenti nella normativa sulle acquisizioni di cittadinanza, cosa faranno questi ragazzi al compimento del 18° anno di età? Decideranno di diventare italiani? E cosa farà il milione e mezzo di cittadini (numero destinato a crescere) ormai presenti a tempo indeterminato nel nostro Paese? Resteranno davvero per sempre in Italia? Il permesso di soggiorno di lungo periodo rappresenterà un primo passo verso l’acquisizione delle cittadinanza o, invece, sarà una via alternativa di presenza stabile nel Paese? In altri termini, citizen or denizen? La risposta a questi quesiti dipenderà dall’idea, ancora non ben delineata, di quale debba essere l’Italia del futuro.
Questi dati sugli stranieri non comunitari mostrano, una volta di più, come l’immigrazione non sia un fenomeno transitorio e, gioco forza, la società italiana dovrà tenerne conto. Accanto a questo tipo di scenario andrà però considerato anche quello più mobile e dinamico di presenze stagionali, favorite, in qualche modo, dalla crisi in atto e inventivate dalle politiche.

Per saperne di più
I cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti - ISTAT.IT
Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori ma non coinvolgono le istituzioni di appartenenza

* Istat - Direzione centrale delle statistiche socio-demografiche e ambientali- Servizio Dinamica Sociale
** Dipartimento di Teorie e Metodi delle Scienze Umane e Sociali (TEOMESUS) Università di Napoli Federico II

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