In spiaggia cimiteri a cielo aperto
di Francesca Spinola
Fonte: l'Espresso
Centinaia di cadaveri. Donne e uomini che hanno cercato di scappare ma sono morti in mare. E le onde li hanno riportati a riva. Nel caos del Paese nordafricano, adesso l'orrore è sotto gli occhi di tutti
(21 febbraio 2011) Con l'assalto di massa a Lampedusa il Mar Mediterraneo è tornato a inghiottire corpi. I più fortunati, circa 4 mila in 4 giorni, ce l'hanno fatta. Altri hanno seguito lo stesso destino di quelle migliaia di uomini e donne che nel corso degli anni, tentando di conquistare via mare l'Europa, sono annegati. Gli ultimi sono morti lo scorso 12 febbraio, quando un barcone carico di migranti è affondato nelle acque antistanti Girgis, in Tunisia, dove un giovane è annegato e uno è disperso e il 13 febbraio quando, dopo uno speronamento di una motovedetta tunisina, un barcone è affondato facendo 29 morti. Sono anche loro "vittime della frontiera" e si aggiungono a quelle che negli anni hanno trasformato il Mediterraneo in un grande cimitero a cielo aperto.
I naufragi peggiori si sono registrati nel Canale di Sicilia, in particolare nelle acque territoriali libiche. Si pensava che fosse il mare a custodire la maggior parte dei cadaveri. E invece, grazie al contributo di numerosi testimoni, emerge un'altra verità che il governo del colonnello Muhammar Gheddafi ha cercato di occultare. A causa del flusso delle correnti, molti corpi vengono rigettati sulle spiagge libiche: negli ultimi dieci anni ne sono stati recuperati circa 1.500 di cui almeno 500 seppelliti in un cimitero non islamico di Tripoli conosciuto con il nome storico di "Hammangi" e circa 800 sono ancora in attesa di riconoscimento negli obitori della città.
Una vicenda tenuta segreta da un regime che si rifiuta di riconoscere la presenza di rifugiati nel Paese e sostiene che esistono solo immigrati clandestini, dunque irregolari. È appena stata varata una legge per punire il traffico di migranti ma che non fornisce loro nessuna protezione.
Ad Hammangi, fra l'area italiana e quella anglosassone, in una striscia di terra di nessuno gestita dalla "shabia" (la circoscrizione), il governo libico, porta alcuni degli africani che ritrova morti nel deserto ("In totale circa 1.500 l'anno", dicono dall'Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni) e i corpi dei clandestini africani rigettati dai flutti sulle spiagge.
Si tratta per lo più di cadaveri ritrovati nell'area di Tripoli, nelle zone di Janzur, Gargaresch, Suk Juma, Abuslim, Taruna, a giudicare da quanto si legge sulle piccole lapidi sopra alle tombe in cemento. "Quando vengono a seppellirli, c'è sempre un funzionario della Procura che con carte alla mano, certificato di morte e di sepoltura, presenzia alla cerimonia", spiega un impiegato della circoscrizione. "Tutto è registrato, il luogo e la data del ritrovamento, il motivo presunto della morte, il tempo trascorso in obitorio e infine la data dell'interramento", conferma Bruno Dalmasso, italiano da sempre in Libia, che si è occupato della riqualificazione della sezione italiana di Hammangi.
Anche un giovane poliziotto dell'Ufficio relazioni esterne che preferisce l'anonimato conferma la procedura e sottolinea che "tutto avviene a spese del governo libico. I corpi sono seppelliti ad Hammangi perché si presume che queste persone siano di altre religioni: la cattolica, l'ortodossa, l'anglicana. I non islamici non possono essere seppelliti con i musulmani, così a volte per capire l'appartenenza religiosa si guarda alla circoncisione".
"Sono tutti senza documenti", spiega sbrigativo un altro funzionario governativo che nel passato era distaccato alla sicurezza dell'obitorio del Tripoli Medical Center. "Portano con sé solo qualche foto tessera nel caso trovino come regolarizzarsi. L'Obitorio è così pieno di cadaveri che non c'è posto per i nostri morti. Per legge li dobbiamo tenere circa tre anni in frigo così da rendere possibili eventuali riconoscimenti". Lo spettacolo che descrive è raccapricciante: "I corpi rigettati dal mare sono mangiati dai pesci. Ne ho visti alcuni senza piedi, altri senza faccia, uno aveva metà del corpo, un altro gli arti inferiori ripuliti dalla carne".
Nel 2007, suor Sheryl, una religiosa della Chiesa di San Francesco a Dahara, entrò nell'Obitorio del Tripoli Medical Center per accompagnare una clandestina in cerca del marito. Ricorda adesso: "Non sono riuscita a dormire per una settimana. I corpi erano ovunque e il mare li aveva gonfiati e trasfigurati. Erano lì da almeno due anni".
aggiornamento manuale e quadro della normativa
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Cari amici,
alla pagina
http://briguglio.asgi.it/immigrazione-e-asilo/2016/settembre/sinottico-normativa-52.html troverete
un quadro aggiornato della norma...
8 anni fa
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