Castelvolturno - Il rapporto dell’OIM
Rosarno è solo la punta dell’iceberg
“Non limitarsi a identificare le situazioni d’irregolarità, ma tutelare anche i migranti più vulnerabili”
Lo sfruttamento lavorativo di manodopera immigrata riguarda indistintamente migranti in posizione regolare e irregolare.
E’ quanto emerge da un rapporto sulle condizioni in cui vivono e lavorano i migranti nell’area di Castel Volturno realizzato dall’OIM Organizzazione Internazionale per le Migrazioni nell’ambito di Praesidium, progetto finanziato dal Ministero dell’Interno.
“Nonostante il fatto che la zona di Castel Volturno sia nota per la diffusione del lavoro irregolare sia nel settore dell’agricoltura sia in quello dell’edilizia”, afferma Simona Moscarelli, esperto legale dell’OIM, “è da sottolineare come i controlli da parte delle istituzioni locali sulle condizioni lavorative dei migranti debbano essere necessariamente potenziati”.
“E’ fondamentale che durante tali controlli”, spiega la Moscarelli “le forze dell’ordine operanti non si limitino alla mera verifica della situazione di irregolarità dei migranti ma approfondiscano le situazioni di grave sfruttamento lavorativo degli stessi, assicurando una forma di protezione ai casi più vulnerabili o a coloro che sono disponibili a collaborare e denunciare gli sfruttatori alle autorità, ad esempio tramite il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sociale”
Il rapporto dell’OIM spiega che i migranti che lavorano in situazione irregolare a Castel Volturno possono essere suddivisi in 3 gruppi, la maggior parte dei quali costretta a lavorare in situazioni degradanti e insicure:
i cittadini sub-sahariani impiegati nel settore agricolo ed edilizio,
i cittadini maghrebini ed egiziani che lavorano per lo più nella raccolta delle fragole nell’agricoltura,
i cittadini indiani e pakistani, i più invisibili, che vengono impiegati nelle aziende bufaline in virtù della particolare attenzione e dedizione che prestano, per motivi religiosi, alla cura del bestiame.
“Nell’area di Castel Volturno e zone limitrofe”, dichiara Flavio Di Giacomo, Responsabile della Comunicazione dell’OIM, “ci sono anche circa 500 donne nigeriane vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. La maggior parte di loro è arrivata nel 2008 sbarcando a Lampedusa. Diversa è la situazione delle cittadine straniere nigeriane arrivate nel 2009. Sembra infatti che, chiusa la rotta di Lampedusa, i trafficanti si siano già riorganizzati e che la maggioranza delle donne arrivi ora in aereo, con visto di ingresso regolare anche se spesso con un passaporto di un’altra persona.”.
Nella zona inoltre sono tantissimi i migranti che sono stati truffati da italiani senza scrupoli durante la regolarizzazione di settembre 2009.
“In alcuni casi, dopo aver corrisposto a datori di lavoro italiani somme che variano dai 500 ai 4.500 euro per accedere al procedimento di regolarizzazione”, racconta Di Giacomo, “i migranti sono stati abbandonati senza che nessuno presentasse alcuna domanda di emersione.”
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