Rosarno: le Forze dell’Ordine sgominano la rete dello sfruttamento alla base dei disordini dello scorso gennaio. In manette 31 tra “caporali” e imprenditori.
Per le indagini anche la collaborazione di 9 immigrati “vittime” che hanno ricevuto il permesso di protezione sociale con l’assistenza dell’Oim.
31 ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Procura della Repubblica di Palmi sono la prima vera risposta, a distanza di cinque mesi, alla rivolta degli immigrati a Rosarno, nel Reggino.
Nove cittadini extracomunitari sono finiti in carcere, ventuno italiani agli arresti domiciliari, una persona viene ricercata. Nell’ambito dell’operazione, inoltre, sono stati sequestrati terreni ed aziende agricole per un valore di oltre 10 milioni di euro. Secondo quanto affermano le Forze di Polizia, i nove extracomunitari arrestati svolgevano il ruolo di “caporali”. Reclutavano ed avviavano al lavoro connazionali, costretti a lavorare nei campi anche fino a 14 o 15 ore al giorno, per una paga al massimo di 25 euro dei quali 3 venivano trattenuti dagli stessi “caporali”.
Gli investigatori hanno accertato che alla base delle proteste e degli episodi di violenza dello scorso dicembre vi erano proprio le condizioni di assoluta subordinazione in cui versavano gli immigrati finiti nelle mani di persone che li costringevano a lavorare in stato di semischiavitù. Gli immigrati, inoltre, avrebbero subito anche ripetute minacce.
In merito alle indagini, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) informa anche che la rete criminale è stata smascherata anche grazie alla collaborazione di 9 gli immigrati vittime degli scontri che, grazie alla loro denuncia, hanno ora ricevuto un permesso di soggiorno per protezione sociale.
“Gli immigrati, dietro un compenso irrisorio, lavoravano a Rosarno in condizioni di semischiavitù”, afferma Simona Moscarelli, esperta legale dell’OIM. Secondo la rappresentante legale, “c’era una vera e propria graduatoria dei lavori forzati: in tale contesto i sub-sahariani erano adibiti alle mansioni più faticose per via della loro struttura fisica”.
L’OIM ha rintracciato i braccianti nel Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Bari dove erano stati “i migranti che hanno fornito alle autorità elementi utili all’identificazione degli sfruttatori”, spiega Moscarelli, “sono stati collocati in strutture protette della rete anti-tratta e nazionale”.
aggiornamento manuale e quadro della normativa
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8 anni fa
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