10/08/10

Ari-zona chiusa

L’Arizona e la legge sull’immigrazione

di Matteo Pretelli
Un tema esplosivo quello dell'immigrazione in America. Un grave peso lasciato da Bush ad Obama. L'indifferenza del Congresso e la spinta dell'Arizona.
Dopo l’aspro dibattito che ha portato alla discussa legge di riforma della sanità, l’altro tema che sta imperversando negli Stati Uniti – e che condizionerà le prossime elezioni di mid-term di novembre – è quello della lotta all’immigrazione clandestina (circa 11 milioni, metà dei quali messicani, gli stranieri che risiedono illegalmente negli Stati Uniti).

Durante il secondo mandato del presidente Bush i timori per la presenza nel paese di illegal aliens non hanno portato alla firma di alcuna legge di riforma dell’immigrazione a causa delle divisioni fra democratici e repubblicani. I primi sono in buona parte propensi a far emergere gli immigrati dalla clandestinità e favorire la loro acquisizione della cittadinanza americana, mentre i repubblicani bollano l’idea come una “sanatoria”. L’unico accordo ha portato il 26 ottobre 2006 all’approvazione del Border Secure Fence Act, che ha autorizzato la costruzione di un “muro” lungo 700 delle 2.000 miglia che dividono gli Stati Uniti dal Messico. Obiettivo è combattere il continuo flusso di droga e clandestini che dal paese centro-americano giunge negli Stati Uniti. Sebbene la legge non abbia trovato consensi unanimi, ha avuto il beneplacito della maggioranza dei democratici, compreso l’attuale presidente Barack Obama (allora senatore dell’Illlinois). Questo non ha, però, risparmiato la dura opposizione di parte dell’opinione pubblica, con contestazioni di attivisti per la difesa dei diritti civili, ambientalisti e comunità dislocate lungo il confine.

Obama ha ereditato da Bush la spinosa questione migratoria, che ha raggiunto toni di esasperazione a causa dell’inazione del governo federale. Grazie al Programma 287(g) che autorizza le autorità locali a collaborare con quelle federali nella lotta alla clandestinità, molti stati si sono arrogati il diritto di legiferare in materia di immigrazione creando disagio a Washington. La più discussa di queste leggi è stata la SB1070 dell’Arizona, stato crocevia per i passaggi nel paese di clandestini provenienti dal Messico. Entrata in vigore il 28 luglio, la norma è nata per iniziativa dei repubblicani ed autorizza la polizia locale a fermare persone (e verificarne lo status) che all’apparenza si ritenga possano essere nel paese clandestinamente. Inoltre, la legge colpisce con una sanzione pecuniaria (fino all’arresto) quei residenti stranieri che sono fermati senza documenti attestanti il proprio stato immigratorio, mentre legittima cause di cittadini americani nei confronti delle autorità locali qualora si ritenga che queste non abbiano applicato leggi statali o federali in materia immigratoria. Infine, la norma punisce chi trasporta clandestini conoscendone la condizione e chi offre loro lavoro.

La SB1070 nasce in uno stato da tempo gravato da tensioni per una situazione lungo il confine con il Messico che appare a molti fuori controllo. In un paese in cui non si è soliti portare appresso documenti identificativi e la polizia è tenuta a fermare solo chi abbia commesso un reato il provvedimento dell’Arizona suona a molti come una violazione dei diritti costituzionali. Molte associazioni per la tutela dei diritti civili sostengono che queste disposizioni promuovano il racial profiling, ovvero una discriminazione su base etnica, visto che chiunque abbia tratti somatici ispanici è soggetto a un possibile fermo di polizia.

Il movimento conservatore sembra compattamente dalla parte dei legislatori, mentre più variegata è l’opposizione che accusa la legge di incostituzionalità per l’interferenza di uno stato in una materia di pertinenza del governo federale. Dure critiche sono giunte da ambienti progressisti del mondo scolastico, accademico, sportivo e artistico, così come dalla Chiesa cattolica, da amministrazioni pubbliche e dalle autorità messicane. In Arizona ha destato scalpore anche la HB2281, provvedimento che abolisce nelle scuole pubbliche quei corsi che promuoverebbero “risentimento di razza o classe” e favoriscano solidarietà etnica invece di trattare gli studenti come singoli individui. Per gli oppositori di fatto si bandiscono gli ethnic studies, pilastri della società multiculturale americana in quanto voce di minoranze in passato discriminate o sotto rappresentate.

I “latini” hanno un ruolo fondamentale nella questione, visto che dal 2002 hanno ormai superato gli afro-americani come prima minoranza del paese, contando 32,8 milioni di persone (il 60% dei quali di origine messicana), 12% della popolazione nazionale. Nel 2008 Obama ha ottenuto il 68% dei loro consensi, sfruttando il calo dei repubblicani che alle presidenziali del 2004 avevano contato sul 44% delle loro preferenze.

È assai improbabile che la spinosa materia immigratoria venga affrontata in Congresso prima delle elezioni di novembre, visto che nessun repubblicano in Senato al momento sembra interessato a discuterne con la Casa Bianca. L’amministrazione Obama ha mostrato poco slancio nel risolvere la questione, mentre anche fra i democratici non c’è molta voglia di prenderla in considerazione, ipotizzando un accordo nel 2011 specialmente se dovesse calare il numero dei disoccupati e i latinos continuassero a crescere come gruppo lobbistico. Tuttavia, in luglio l’amministrazione Obama ha deciso di citare in giudizio l’Arizona, denunciando la sua interferenza nella giurisdizione federale in materia immigratoria.

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